Fonte : http://www.unz.com/

Come Don Chisciotte

01/01/2017

 

La sorpresa di Natale

di Israel Shamir

traduzione di Bosque Primario

 

Vi avevo promesso che per Natale non vi sareste annoiati! Con una mossa a sorpresa , la prima in 40 anni, gli USA hanno votato, al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, contro i desideri ufficiali di Tel Aviv. Il miracolo per cui tanto avevano pregato gli amici della Palestina e  i progressisti di Israele – alla fine è successo. Questo è uno dei primi effetti benefici della vittoria di Donald Trump  – il lungo periodo di deferenza americana agli Ebrei è stato interrotto. Si, lo ha fatto l’amministrazione Obama  – ma non l’avrebbe fatto se il Presidente-eletto fosse stata la Clinton.

Per quarant’anni gli Stati Uniti hanno messo il veto su qualsiasi risoluzione del Consiglio di Sicurezza per limitare, potenzialmente, il diritto inalienabile di Israele di considerare i “goyim” nel modo in cui voleva, rubando – tra l’altro – la loro terra e insidiando gli ebrei nella proprietà rubata. ( Modo di pensare in linea con la tradizionale visione ebraica per cui i “gentili” non hanno nessun diritto, come il gatto che non ha diritto al suo gomitolo o il cavallo che non ha diritto a una stalla. A meno che quei diritti che siano concessi dall’uomo). Le comunità del mondo digrignavano i denti, l’allegria di Israele sconfinava nella gioia, ma gli Usa restavano fermi nella loro difesa di Israele.

Nel 2011 lo stesso presidente Obama fece mettere il veto su una risoluzione praticamente identica a quella a cui, ora, ha permesso di passare. Da allora Obama ha speso 38 miliardi di dollari di aiuti militari a Israele. Che cosa è cambiato adesso? Perché questa volta Obama ha deciso che il destino di Israele merita un trattamento più duro?

Il New York Times lo ha spiegato con il senso di libertà dovuto al suo prossimo ritiro. Come i bambini che, l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze estive, si sentono liberi di fare scherzi e di regolare i conti, i politici quando sono in uscita, cercano di levarsi qualche sassolino dalla scarpa, spesso con gli ebrei, che sono stati costretti a sopportare, a tollerare o  a venerare.

Il leader della Malesia Mahathir Mohammad aspettò fino al suo ultimo giorno, nel 2003, per dire che gli ebrei ormai avevano preso il controllo dei paesi più potenti e che governavano il mondo per procura. Jimmy Carter e George Bush senior non aspettarono l’ultimo giorno e agirono nel loro primo mandato per tentare di limitare gli insaziabili appetiti di Israele:  non riuscirono ad essere rieletti. Obama, dopo due mandati completi, ora si sente libero di folleggiare un po’.

Questo potrebbe spiegare la tempistica, ma non il sentimento. Niente può infastidire un potente più della necessità di piegarsi a un potere oscuro. Non chinarsi di fronte ad un re, ma a qualcuno che non ha un esercito. La chiesa ha dato fastidio a molti governanti; gli ebrei sono un fastidio ancora più grande. Mai così tanti problemi da così pochi, disse  un amico. Molti sperano che cadano. Anche i politici e gli statisti più prudenti gioirebbero se questa gente arrogante fosse riportata con i piedi per terra.

Per un presidente degli Stati Uniti, dovrebbe essere difficile sopportare queste frustrazioni. Lui, apparentemente l’uomo più potente della terra, è stato umiliato più volte dagli israeliani. Quando visitò Israele, il rabbino capo Obadiah Youssef disse che avrebbe dovuto baciare i piedi agli ebrei che gli avevano permesso di venire su quella terra. Le sue proposte per una soluzione della questione palestinese, piuttosto eque, furono bruscamente respinte e il suo Congresso ricevette Netanyahu con tanta pompa che raramente, si era mai visto.

Qual è la fonte terrena di questo potere di Israele? Ora, come fu nel 1917, è la capacità degli ebrei americani “di influenzare l’opinione pubblica americana per mezzo della loro macchina mediatica”. Questo è ciò che i Giudei dissero a Lord Balfour nel 1917, quando gli chiesero di promettere la Palestina agli ebrei e in cambio gli ebrei avrebbero tirato gli Stati Uniti dentro la prima guerra mondiale. In nessun altro paese gli ebrei sono potenti come negli Stati Uniti, e in qualunque altro posto siano potenti – lo sono per il sostegno e per l’insistenza degli Stati Uniti. Questa potrebbe essere un’altra fonte di frustrazione per un presidente americano.

E ora gli ebrei hanno perso sia Obama che Hillary Clinton, che avevano sostenuto. Non ce l’hanno fatta a convincere l’opinione pubblica americana. Ci hanno provato, hanno messo in moto tutti i loro mezzi, hanno fatto sfilare tutti i loro Maestri del Discorso, e malgrado tutto non ci sono riusciti. Trump si è infilato abilmente nella fessura lasciata aperta tra ebrei liberali e sionisti ed ha evitato di essere chiamato nemico degli ebrei, come aveva cercato di fare la potente ADL. Dopo le elezioni, il presidente eletto Trump aveva messo  il gatto nel pollaio   con la nomina di Friedman come ambasciatore degli Stati Uniti in Israele.  Così la fessura tra ebrei liberali ed ebrei sionisti duri è diventata una guerra.

“L’inferno si è appena ghiacciato”, ha scritto Mondoweiss, un sito ebraico progressista: Il New York Times  in un articolo ha scritto che il “sionismo è razzista”. Gli ebrei d’America sono stati chiamati a scegliere: se sono razzisti e sionisti o se condividono i valori liberali.

L’estrema destra europea aveva usato per anni il trucco di fare appello ai sionisti contro gli ebrei liberali.  Anche Breivik,  l’assassino norvegese che fece un eccidio, diceva la stessa cosa. Ma i partiti europei di estrema destra, quelli che si rifiutavano di giocare sia con i sionisti che con gli ebrei liberali si sono trovati con il sedere scoperto, senza nessuna copertina dei media.

Ora uno schema simile è stato usato dagli inglesi – hanno dato agli ebrei quello che volevano, cioè Theresa May ha annunciato di aver deciso di accettare la definizione di antisemitismo della Memoria Alliance (IHRA)  e di volerla integrare nella legislazione britannica, e nel stesso tempo, gli ebrei avrebbero facilitato l’astensione degli Stati Uniti, rendendo il testo appetibile per Obama.

Anche i russi hanno fatto la stessa cosa: si sono presi i canali televisivi dagli oligarchi ebrei, li hanno estromessi dal potere, ma hanno continuato a chiacchierare con i fondamentalisti della Chabad e con Netanyahu.

Il mondo sta cercando di liberarsi dall’ egemonia ebraica, ma questa complicata transizione prevede che venga utilizzata una setta di ebrei contro un’ altra. O almeno questo è quello che sentono i politici. Comunque il momento della libertà si sta avvicinando, come sta declinando l’egemonia Usa, anche quella ebraica la sta seguendo. Trump ha vinto anche senza i media ebrei, i Masters of Discourse erano tutti contro di lui. I politici dovranno imparare questa lezione e metterla in atto.

Il comportamento di Israele ha contribuito molto a questo cambiamento. Ai bianchi piace il fair play: hanno dato pieni diritti a ebrei e neri anche se  questo non costituiva un loro vero vantaggio. Ma gli ebrei non badano molto all’equità, è il bottom line che conta. Il modo in cui hanno maltrattato i palestinesi ha superato ogni limite di tolleranza. Potrebbero abbandonare del tutto la Palestina e vivere bene solo nel 78% del territorio che ottennero con mezzi scorretti ma legali. Potrebbero accettare la soluzione dei due Stati, dove lo Stato Palestinese non ha nessun controllo sui suoi confini, sul cielo, sull’acqua o sull’esercito, ma ha ancora una bandiera e un inno nazionale.

Oppure, se vogliono l’intera terra di Palestina, dovrebbero trattare i palestinesi giustamente, dovrebbero dar loro gli stessi diritti in uno stesso Stato, invece di mandare lentamente sempre più colonie di ebrei su terra palestinese rubata con la pretesa di lavorare per creare due Stati. Ma gli ebrei preferiscono avere la botte piena e la moglie ubriaca. Questo stratagemma può funzionare per un po’,  ma non per sempre, e per questo i sionisti stanno comprendendo che il loro potere ha dei limiti.

Il dramma del voto del Consiglio di Sicurezza merita di essere raccontato. L’Egitto ha presentato il progetto, e subito ha cominciato a subire pressioni da Israele.  Il Generale Sisi è un sovrano piuttosto debole; è arrivato al potere con un colpo di stato militare, non è molto popolare ed è sensibile alle pressioni. Netanyahu ha chiesto a Trump di fare un discorsetto a Sisi e così ha fatto. Trump è preoccupato che i suoi avversari gli giochino qualche brutto scherzo prima dell’inaugurazione e ha bisogno di una certa protezione. Sisi ha accettato di rinviare il voto a tempo indeterminato. Ora Obama è rimasto piuttosto scocciato dalle interferenze di Trump e dal fatto che Netanyahu lo ha scavalcato. Un presidente alla volta, ha detto ottimamente.

Altri quattro stati hanno raccolto la mozione che l’Egitto aveva lasciato cadere. La Nuova Zelanda è stata minacciata da Netanyahu che ha promesso “guerra”, il richiamo del suo ambasciatore e la chiusura dell’ambasciata. Ma la Nuova Zelanda non si è mossa di un pollice. Già ci era passata con l’Inghilterra e le minacce di Netanyahu sono sembrate solo acqua calda. Qualche anno fa, aveva già mandato a casa l’ ambasciatore israeliano dopo che era emerso che gli assassini del Mossad andavano in giro con falsi passaporti NZ.

La mozione è stata presentata di nuovo. Netanyahu ha chiamato Putin per la disperazione. Putin è stato molto gentile e ha promesso di fare il possibile. L’uomo russo alle Nazioni Unite, Vitaly Churkin, anzi ha cercato di rinviare la votazione a dopo Natale, o dopo l’insediamento di Trump, ma nessuno è stato d’accordo con lui. Così ha dovuto votare a favore della mozione.

Non poteva fare nient’altro:  la Russia è un sostenitore forte e generoso della Palestina, oltre che storico protettore dei palestinesi. Fino a poco tempo la Russia non ha nemmeno riconosciuto le conquiste israeliane del 1948, e questo comprende anche Gerusalemme Ovest. Sulle carte dei russi, i confini di Israele sono le linee di demarcazione del piano di spartizione del 1947, cioè 7.000 km quadrati meno della linea verde del 1949. Gli israeliani avevano sottovalutato la fibra morale e religiosa russa.

Un giorno prima, il rappresentante di Israele, si era distratto durante il voto sulla Siria in seno all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, proprio per compiacere Putin. Così Netanyahu si aspettava un  quid pro quo, ma Putin ha preferito non mettere in pericolo la meritata e sudata reputazione russa di  protettore della Palestina e della Siria. Il presidente russo è un uomo razionale. Vuole essere amico di Israele per molte ragioni, ma non a qualsiasi prezzo: non è né Sisi, nè una femminuccia. Oltre al fatto che Netanyahu non ha avuto esitazioni nel bombardare l’aeroporto e le unità dell’esercito siriano a Damasco, un paese alleato della Russia. Putin non ha risposto all’attacco, ma se ne è ricordato.

Ora Netanyahu ha una crisi isterica; minaccia il mondo con una guerra diplomatica e attacca il PNA. In un momento di delirio, ha chiamato gli ambasciatori dei paesi membri del Consiglio di Sicurezza chiedendo di venire al Ministero degli Esteri il giorno di Natale, come in caso di guerra. Ancora non vuol capire che ha perso. Israele e tutta la sua politica verso i palestinesi sono detestati da tutto il mondo perché sono arroganti e ingiusti.

Netanyahu spera che Trump cambierà tutto di nuovo a suo favore. Ne dubito. Ora Trump sente di aver bisogno dell’appoggio degli ebrei, ma dopo l’inaugurazione?  Allora si accorgerà che questo costo potrebbe essere troppo alto. Trump probabilmente giocherà come Putin: sarà amichevole, ma baderà agli affari suoi.

E  un Obama veramente irritato potrà sparare un altro colpo, il 15 gennaio 2017, quando il programma francese potrebbe far internazionalizzare i colloqui di pace. Questo è un grosso pericolo per la Netanyahu e per tutta la sua estrema destra.

Sembra che gli ebrei abbiano sopravvalutato notevolmente il loro peso reale. Hanno voluto credere che i protocolli fossero una loro Carta dei Poteri, mentre erano solo una storia. E queste storie hanno tutte una data di validità e una scadenza.

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