http://www.lintellettualedissidente.it/ 24 giugno 2013
MOSSADEQ di Sophia Thoenes
“L'aspetto morale della nazionalizzazione del petrolio è più importante dell'aspetto economico”
Purtroppo sembra esser diventato consuetudine seppellire nell’oblio personaggi storici di grande caratura morale. Mohammad Mossadeq senza dubbio fu uno di questi. Dimenticato dall’Occidente perché uomo scomodo, perché uomo integro, nazionalista, idealista e determinato nella sua missione di restituire all’Iran la propria sovranità, liberando il paese dal giogo colonialista. L’attivismo politico di Mossadeq ha inizio quando di ritorno in Iran dagli studi universitari giuridici ed economici eseguiti in Francia e Svizzera, si unisce al movimento costituzionalistico, nato in quegli’ anni e impegnato a porre fine ad una forma di governo monarchica segnata dall’arbitrarietà dei propri regnanti, per sostituirla con una monarchia costituzionale. La sua presenza nel panorama politico iraniano viene fortificata dalla nomina ad alti incarichi del Majles (parlamento iraniano) come ministro della finanza e degli affari esteri. Dopo un forzato allontanamento dalla scena politica dovuto all’ascesa al potere dell’autoritario scià Reza Shah, nel 1944 viene nominato all’unanimità dal Majles, primo ministro dell’Iran, allora ancora fortemente dominato dalla dinastia dei Pahlavi. Inoltre l’Iran degli anni ’40 è un Iran ancora chiaramente caratterizzato dalla presenza militare ed economica britannica. Presenza che si manifesta palesemente nella più grande azienda d’estrazione petrolifera del paese: l’Anglo-Iranian-Oil Company, una “società mista” in cui la gestione è condivisa in maniera talmente “equa” da garantire all’Iran l’ingente percentuale del 6% dei proventi petroliferi totali. É proprio in questo contesto storico che Mossadeq inizia la propria lotta nazionalista di liberazione dal neocolonialismo straniero. Il primo ministro è subito spinto da una determinazione ferrea nella volontà di restituire ad ogni costo al proprio paese la supremazia sulle preziose ricchezze del proprio sottosuolo. Posta dinanzi all’ostinata fermezza del primo ministro, L’Inghilterra risponde con le solite armi di coercizione economica: capitali iracheni depositati in banche inglesi vengono congelati, davanti alle coste viene dispiegata la potenza militare britannica istituendo un blocco navale col fine di impedire l’esportazione di petrolio via mare e come misura ancor più incisiva viene deposto un embargo economico sulle esportazioni irachene. Tutto ciò avviene sotto il consueto atteggiamento di assoluto permissivismo adottato delle Nazioni Unite. Ma nemmeno l’assedio economico e l’inerzia di strutture internazionali riescono ad attenuare la perseveranza del primo ministro, tanto inviso ai potenti dell’Occidente quanto stimato dal proprio popolo. Cosi Mossadeq continua la sua lotta, ottenendo nel 1950 una schiacciante vittoria diplomatica sopra la Gran Bretagna grazie ad un discorso pronunciato davanti alla Consiglio Nazionale di Sicurezza dell’ONU.
“Sì, il mio peccato – il mio peccato più grande è che ho nazionalizzato l’industria petrolifera iraniana e scartato il sistema di sfruttamento politico ed economico del più grande impero del mondo. Questo a costo di me stesso, della mia famiglia, e con il rischio di perdere la mia vita, il mio onore e la mia proprietà. Con la benedizione di Dio e la volontà del popolo, ho combattuto questo sistema selvaggio e terribile di spionaggio internazionale e di colonialismo.”
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