Haaretz

28 febbraio 2017

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Marzo 15, 2017

 

L’errore della guerra israeliana contro Gaza è stato in primo luogo diplomatico

di Barak Ravid

traduzione di Amedeo Rossi

 

Il governo israeliano non fece praticamente niente per affrontare la crisi umanitaria a Gaza, che si era aggravata allora e si sta aggravando adesso. La prossima guerra è solo una questione di tempo.

 

Molti errori sono stati rivelati dal rapporto esauriente e professionale del Revisore dello Stato [incaricato del controllo delle finanze, della gestione finanziaria, del patrimonio e della gestione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici. Ndtr.] sulla guerra a Gaza del 2014, reso pubblico martedì. La lista è lunga: mancanza di preparazione operativa contro i tunnel di Hamas, gravi e persino fondamentali informazioni dello spionaggio nascoste al consiglio di sicurezza, piani operativi dell’esercito deficitari e carenze dell’allora capo di stato maggiore dell’esercito israeliano Benny Gantz e del capo del servizio di spionaggio militare Aviv Kochavi. Tutto questo è importante ed interessante, ma non è il problema principale.

La notizia più importante del rapporto del Revisore generale dello Stato Joseph Shapira riguarda quello che è stato o non è stato fatto dal primo ministro Benjamin Netanyahu, dai suoi ministri della Difesa e degli Esteri dell’epoca – Moshe Ya’alon e Avigdor Lieberman – e dal resto del governo per evitare la guerra. Con tatto ed intelligenza, Shapira e i suoi collaboratori disegnano un grande punto interrogativo sull’impegno dei politici nell’anno che ha portato alla guerra in un’area di loro esclusiva competenza – la politica e la strategia.

Secondo il rapporto, il maggior errore è stato di carattere politico. Queste parti del rapporto sono una lettura estremamente interessante. E’ qui dove la discussione pubblica nei prossimi giorni e settimane si dovrebbe concentrare.

La storia della guerra scoppiata nel luglio 2014 inizia un anno e tre mesi prima – in una riunione del governo dell’aprile 2013. L’allora Coordinatore delle Attività Governative nei Territori [COGAT, l’istituzione che governa nei territori palestinesi occupati. Ndtr.] Eitan Dangot mise in guarda i ministri sulle difficili condizioni umanitarie ed economiche di Gaza, che avrebbero potuto portare a un’esplosione entro i successivi due anni. La profezia di sventura di Dangot non è stata del tutto esatta – si è avverata in meno di un anno e mezzo.

Tra quella riunione di gabinetto e lo scoppio della guerra il governo non fece praticamente niente riguardo alla crisi umanitaria a Gaza, che non fece che peggiorare. Netanyahu, Ya’alon, Lieberman e gli altri ministri non tennero neanche una riunione approfondita sulla questione. Quando i ministri si riunirono per quella che venne erroneamente chiamata una “discussione strategica” sulla politica israeliana verso Gaza, la questione venne esclusivamente presentata come un problema la cui soluzione era esclusivamente militare.

Il ministro degli Esteri non prese parte a quella discussione, il Consiglio Nazionale di Sicurezza fece cattivo uso del suo ruolo e non presentò alternative politiche, Netanyahu e Ya’alon si opposero nettamente ad alternative diplomatiche che avrebbero potuto stabilizzare o migliorare la situazione a Gaza e i membri del governo, tranne Tzipi Livni, rimasero in silenzio, assentirono ed approvarono le indicazioni dell’esercito.

Se l’avvertimento di Dangot era un lato dell’incapacità politica descritta nel rapporto del Revisore dello Stato, l’altro è stata la dichiarazione di Ya’alon durante una discussione nel suo ufficio due giorni dopo che la guerra era scoppiata. Come disse Ya’alon: “Se le difficoltà di Hamas fossero state affrontate qualche mese fa, Hamas avrebbe evitato l’attuale escalation.” Il controllore generale dello Stato ha ripetuto tre volte questa citazione in cui Ya’alon ammise in tempo reale che la guerra avrebbe potuto essere evitata.

Eppure in tutti i mesi che precedettero la guerra non solo il governo non fece praticamente niente per affrontare la crisi umanitaria ed economica di Gaza, ma contribuì a peggiorarla. Fu così quando Netanyahu impose sanzioni contro il governo di unità tra Fatah e Hamas all’inizio del giugno 2014, e tre mesi dopo quando Lieberman decise di dichiarare persona non grata il coordinatore speciale dell’ONU per il processo di pace in Medio Oriente, Robert Serry, solo perché aveva tentato di contribuire a risolvere la crisi del pagamento degli stipendi ai dipendenti pubblici di Gaza. Quel problema era un vulcano pronto ad eruttare.

Nel recente libro di Serry “L’interminabile ricerca della pace israelo-palestinese”, egli descrive come nell’ottobre 2014, due mesi dopo la fine della guerra, quello stesso governo israeliano accettò e persino incoraggiò le Nazioni Unite ad aiutare a risolvere la crisi salariale.

“Del resto quattro mesi dopo che Lieberman mi aveva voluto espellere da Israele, l’ONU agevolò un pagamento umanitario eccezionale a Gaza con acquiescenza e incoraggiamento taciti di Israele,” scrive Serry. “Tra questi due eventi straordinari quell’estate era scoppiata una terribile guerra di 50 giorni senza vincitori e con un costo umano inaccettabile… Ci volle una guerra nella quale Gaza è stata ridotta in rovine perché Israele comprendesse che doveva cambiare rotta.”

Ma Israele non aveva realmente cambiato rotta. Cinquanta giorni di guerra non hanno prodotto il minimo cambiamento nella situazione di Gaza. Dopo 73 morti dal lato israeliano e più di 2.200 tra i palestinesi e gravi danni diplomatici ed economici, siamo tornati al punto di partenza. Nessuna autocelebrazione da parte di Netanyahu in merito ai successi dell’operazione cambierà questo fatto. Tutti i problemi di sicurezza, umanitari e politici a Gaza alla vigilia della guerra sono solo peggiorati nei due anni e mezzo trascorsi da allora.

Dalla fine della guerra Netanyahu, Ya’alon e Lieberman hanno parlato molto ma non hanno fatto praticamente niente per cambiare la politica riguardo a Gaza ed affrontarvi la crisi umanitaria. Il primo ministro ha mandato il viceministro degli Affari Diplomatici Michael Oren nelle capitali europee con una presentazione su possibili progetti per Gaza, ma non ci sono state decisioni strategiche. Nello scorso anno e mezzo il ministro dei Trasporti Yisrael Katz ha tentato di fare una discussione seria nel governo sul suo piano di costruire un’isola al largo di Gaza che possa essere utilizzata come porto marittimo ed aeroporto e aprire Gaza al mondo.

Il capo dell’esercito Gadi Eisenkot , come molti ministri, è favorevole a questo progetto, ma Netanyahu lo sta affossando. Nel frattempo la situazione a Gaza sta peggiorando, la ricostruzione non procede, Hamas si sta armando e il blocco si sta rafforzando. Il disinteresse e la mancanza di decisioni mettono semplicemente le basi della prossima guerra.

Esattamente un anno fa il capo dell’intelligence militare Herzl Halevi si è presentato davanti alla commissione Affari esteri e Difesa della Knesset e ha fatto affermazioni che hanno evocato sensazioni negative già note, come “il peggioramento della situazione economica nella Striscia di Gaza potrebbe portare a un’esplosione rivolta contro Israele.”

Nella situazione attuale, la prossima guerra a Gaza è solo una questione di tempo; i principali ministri del governo hanno già definito una data: la prossima primavera. Se Netanyahu, Lieberman e Naftali Bennett non vogliono che le parole di Halevi diventino un capitolo del prossimo rapporto del Revisore dello Stato, si dovrebbero riunire urgentemente e prendere decisioni politiche che evitino la prossima guerra.

 

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