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ott 13, 2017

 

Gli uomini al comando se i leader Usa muoiono 

di Valeria Robecco

 

Cosa hanno in comune Andrew Cuomo e Dick Cheney, Ted Stevens ed Eric Holder, Bob Gates e Terrel Bell? Apparentemente nulla se non una profonda rivalità politica. Eppure tutti quanti rientrano in una categoria forse ai più sconosciuta, ma di importanza strategica per le dinamiche a stelle e strisce. Parliamo dei designated survivors, i sopravvissuti designati, detti anche i presidenti (mancati) per un giorno. Ossia, chi deve essere pronto a guidare il Paese se tutti quelli che lo precedono nella linea di successione alla Casa Bianca vengono a mancare. Cosa accadrebbe infatti se si verificasse un cataclisma o un attentato nelle occasioni in cui il Commander in Chief e gli altri membri della linea di successione si trovano nel medesimo luogo, per esempio quando il Congresso è riunito in seduta comune? L’intera catena di comando americana verrebbe annientata, e il Paese si troverebbe senza nessuna autorità riconosciuta.

 

Per questo, dagli anni della guerra fredda, quando era forte il timore di un attacco nucleare, c’è la consuetudine di nominare i sopravvissuti designati, che vengono tenuti in un posto fisicamente lontano, sicuro e segreto, per mantenere ininterrotta la catena di comando in caso un evento catastrofico elimini tutti gli altri. La legge statunitense non prevede che altre persone oltre quelle della lista possano accedere al potere, e quindi nell’ipotesi di una catastrofe, deve esserci qualcuno che prenda in mano le redini della Nazione.

 

Quella dei sopravvissuti designati è una figura istituzionale negli Usa, che può essere rivestita solo da chi possiede i requisiti costituzionali per diventare presidente. Il prescelto entra in gioco in alcuni momenti particolarmente significativi dell’anno: per esempio, durante il discorso sullo Stato dell’Unione, il messaggio che l’inquilino della Casa Bianca legge annualmente alle Camere in seduta comune, e durante la cerimonia di insediamento del presidente. A levare i veli a questa categoria di politici è stata ancor prima delle cronache politiche delle cannoniere mediatiche Usa una serie televisiva americana chiamata appunto Designated Survivor, trasmessa dal 21 settembre 2016 dall’emittente Abc. Da poco è iniziata la seconda stagione, che va in onda anche in Italia su Netflix, dal 6 ottobre. La serie ha come protagonista Kiefer Sutherland nei panni di un membro di poco rilievo del gabinetto Usa, Tom Kirkman, segretario dello Sviluppo Urbano, che è stato scelto come sopravvissuto designato per il discorso sullo Stato dell’Unione. Kirkman sta seguendo l’appuntamento con la moglie Alex davanti al televisore, quando il Campidoglio viene fatto saltare in aria uccidendo il presidente, il vicepresidente e quasi tutti i membri del Congresso, dell’amministrazione e i giudici della Corte Suprema. E lui viene portato di fretta alla Casa Bianca per assumere le funzione di presidente.

 

La consuetudine va avanti dal 1981, a partire dall’insediamento al 1600 di Pennsylvania Avenue di Ronald Reagan, 40esimo presidente degli Stati Uniti. Il primo sopravvissuto designato di cui si ha notizia è Terrel Bell, segretario dell’Istruzione, che il 18 febbraio fu tenuto in un luogo segreto durante il discorso presidenziale al Congresso in seduta comune. La maggior parte di loro sono sconosciuti ai più, ma scorrendo la lista si trova anche qualche nome noto, come l’attuale governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo, che il 19 gennaio del 1999, durante il discorso sullo Stato dell’Unione dell’allora presidente Bill Clinton, fu scelto come designated survivor. Il democratico a quell’epoca ricopriva il ruolo di segretario dello Sviluppo Urbano. Sebbene nella realtà nessuno dei sopravvissuti designati abbia preso in mano le redini del Paese, come avviene nella fiction, la figura ha assunto una maggiore rilevanza dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. In momenti particolarmente difficili della storia americana, il designated survivor è addirittura il vice presidente, così da assicurare al Paese una leadership autorevole in caso di bisogno. Proprio ciò che accadde il 20 settembre 2001, nove giorni dopo gli attacchi alle Torri Gemelle e al Pentagono: durante il discorso al Congresso di George W. Bush è stato il numero due Dick Cheney a rivestire questo ruolo. Il leader dei falchi dell’amministrazione, che facevano capo alla corrente dei neocon, dopo l’11 settembre assunse direttamente la gestione della crisi in atto, e per motivi di sicurezza rimase per un periodo sempre fisicamente distante da Bush, alloggiando in una serie di località segrete.

 

Per l’insediamento di Barack Obama nel 2009, invece, è stato scelto Robert Michael Gates, segretario della Difesa durante l’era Bush, succeduto al dimissionario Donald Rumsfeld. Nel caso della transizione da un’amministrazione a un’altra, il sopravvissuto designato viene scelto all’interno del gabinetto uscente, visto che il neo eletto deve ancora formare il governo. Dopo la vittoria di Obama, però, fu tutto più semplice, visto che Gates ha accettato di rimanere nel medesimo ruolo anche con il 44esimo presidente sino al 2011, quando è arrivato Leon Panetta. Nell’era Trump i designated survivor sono stati due: il senatore dello Utah Orrin Hatch, scelto per il ruolo durante l’Inauguration Day del 20 gennaio scorso, e David Shulkin, segretario per gli Affari dei Veterani, sopravvissuto designato al discorso del tycoon al Congresso in seduta comune, il 28 febbraio scorso.

 

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