Fonte: Appello al Popolo

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Lug 11, 2017

 

L’imperialismo culturale statunitense

di James Petras

 

L’imperialismo culturale si può definire come invasione e dominazione sistematica della vita culturale delle classi popolari da parte delle classi che governano l’Occidente, con l’obiettivo di ri-orientare le scale di valori, le condotte, le istituzioni e le identità dei paesi oppressi per farli coincidere con gli interessi delle classi imperialiste.

L’imperialismo culturale ha forme “tradizionali” e moderne. Nei secoli scorsi la Chiesa, il sistema educativo e le autorità pubbliche svolgevano un ruolo fondamentale, inculcando nei popoli nativi idee di sottomissione e lealtà in nome di principi divini o assolutisti.

Mentre stavano ancora funzionando quei meccanismi “tradizionali” dell’imperialismo, le nuove mediazioni moderne, radicate nelle istituzioni contemporanee, sono diventate sempre più centrali per la dominazione imperialista: i mezzi di comunicazione, la pubblicità, i presentatori ed i personaggi del mondo dello spettacolo e vecchi intellettuali svolgono oggi questo ruolo fondamentale.

Nel mondo contemporaneo, Hollywood, CNN e Disneyland sono molti più influenti che il Vaticano, la Bibbia o la retorica delle relazioni pubbliche dei politici. Il colonialismo culturale convenzionale (CCC) si distingue dalle pratiche del passato per vari motivi:

1. Mira a catturare un grande pubblico e non solo la conversione delle élites;

2. I mezzi di comunicazione di massa, in particolare la televisione, invadono la casa e funzionano da “dentro” e “dal basso” tanto quanto da “fuori” e “dall’alto”;

3. Il CCC è globale per la sua portata e l’omogeneità del suo impatto: la pretesa di universalità serve per mistificare i simboli, gli obiettivi e interessi del potere imperialista;

4. L’imperialismo culturale nell’era della “democrazia” deve falsificare la realtà per giustificare l’aggressione, trasformando le vittime in aggressori e gli aggressori in vittime. A Panama, per esempio, lo Stato imperialista nordamericano e i mezzi di comunicazione di massa proiettarono l’immagine di quel paese come una minaccia del narcotraffico per la gioventù degli Stati Uniti;

6. Il controllo culturale assoluto è la contropartita della separazione totale tra la brutalità del capitalismo reale esistente e le illusorie promesse del mercato libero;

7. Al fine di paralizzare le risposte collettive, il colonialismo culturale cerca di distruggere le identità nazionali. Per rompere la solidarietà promuove il culto della “modernità”;

I mezzi di comunicazione di massa costituiscono una delle principali fonti di salute e potere del capitale nordamericano. I mezzi di comunicazione si sono trasformati in una parte integrante del sistema nordamericano di controllo politico e sociale e in una delle principali fonti di super-profitti. Man mano che aumentano i livelli di sfruttamento, disuguaglianza e povertà, i mezzi di comunicazione controllati dagli Stati Uniti agiscono per trasformare un pubblico critico in una massa passiva. Le celebrità dei media e dello spettacolo di massa sono diventati importanti ingredienti nella deviazione di potenziali inquietudini politiche.
Esiste una relazione diretta tra l’incremento del numero di apparecchi televisivi in America Latina, la riduzione dei redditi e la diminuzione delle lotte popolari. Tra il 1980 e il 1990, il numero di televisori per abitante in America è cresciuto del 40%, mentre la media reale dei redditi è scesa del 40% e una moltitudine di candidati politici neoliberali molto dipendenti dall’immagine televisiva ha conquistato la presidenza.

Mediante le immagini televisive si stabilisce una falsa intimità ed un vincolo immaginario tra gli individui fortunati che appaiono nei mezzi di comunicazione e gli impoveriti spettatori dei quartieri periferici. Questa relazione offre un canale attraverso il quale diffondere il metodo delle soluzioni individuali ai problemi privati. Il messaggio è chiaro: s’incolpano le vittime della propria povertà, riconducendo il successo allo sforzo individuale.

La strategia dell’imperialismo culturale consiste nel rendere insensibile il pubblico, per far accettare la massiccia mattanza compiuta dagli stati occidentali come un’attività di routine giornaliera. Per esempio, proponendo i massicci bombardamenti sull’Iraq in forma di videogiochi.

La manipolazione culturale mondiale si fonda sulla corruzione del linguaggio della politica. Una delle maggiori “innovazioni” recenti dell’imperialismo culturale è l’appropriazione del linguaggio della sinistra e il suo uso per razionalizzare pratiche e politiche profondamente reazionarie. Questa è una politica di “disinformazione” che ruba alla sinistra il linguaggio e i concetti utilizzati per attaccare la dominazione della classe capitalista.

In nome della “auto-espressione”, l’imperialismo culturale opprime le popolazioni del Terzo Mondo che temono di essere considerate come “tradizionali”, seducendole e manipolandole mediante false immagini di “modernità” senza classi. I popoli del Terzo Mondo ricevono divertimento, coazioni e stimoli per essere “moderni”: si arrendono davanti al moderno rifiutando i propri confortevoli e tradizionali capi d’abbigliamento larghi, per rimpiazzarli con jeans stretti e scomodi.

E’ diventato di moda evocare termini come “globalizzazione” e “internazionalizzazione” per giustificare gli attacchi contro qualsiasi forma di solidarietà, comunità e/o valori sociali. Sotto il travestimento dell’”internazionalismo”, Europa e Stati Uniti si sono trasformati negli esportatori dominanti di forme culturali più efficaci di depoliticizzazione e banalizzazione dell’esistenza quotidiana. Le immagini di mobilità individuale, di self-made person, l’enfasi sulla “esistenza autocentrata” (prodotta e distribuita massicciamente dall’industria nordamericana dei mezzi di comunicazione) si sono trasformati in importanti strumenti di dominazione.

La cultura che glorifica il “provvisorio” riflette lo sradicamento del capitalismo nordamericano, il suo potere di contrattare e licenziare, di muovere capitali senza considerazione alcuna per le comunità. Il mito della “libertà di movimento” riflette l’incapacità della popolazione di stabilire e consolidare le proprie radici comunitarie prima dei cambiamenti che esige il capitale. La cultura nordamericana glorifica le relazioni fugaci e impersonali come espressioni di “libertà”, quando in realtà quelle condizioni riflettono l’anomia e la subordinazione burocratica di una massa di individui al potere del capitale transnazionale.

L’imperialismo culturale e i valori che promuove hanno svolto un ruolo fondamentale nel prevenire la risposta collettiva degli individui sfruttati al peggioramento delle loro condizioni. La maggiore vittoria dell’imperialismo non è solo l’aver ottenuto profitti, bensì la conquista dello spazio interno della coscienza attraverso i mezzi di comunicazione di massa. Là dove sia possibile un risorgimento della politica rivoluzionaria, questa dovrà cominciare con l’aprire un fronte di lotta non solo contro le condizioni di sfruttamento, ma anche contro la cultura che sottomette le sue vittime.L’impoverimento prolungato e l’estesa decadenza erodono l’incantesimo e l’attrattiva delle fantasie dei mass media. Le false promesse dell’imperialismo culturale si trasformano in amare beffe.

In secondo luogo, le risorse dell’imperialismo culturale sono limitate dal perdurare di vincoli collettivi. Dove perdurino i vincoli di classe, etnia, di sesso e dove sono forti le pratiche di azione collettiva, l’influenza dei mezzi di comunicazione di massa è limitata o respinta. In terzo luogo, dal momento in cui esistono tradizioni e culture preesistenti, queste formano un “circolo chiuso” che integra pratiche sociali e culturali orientate verso il dentro e verso il basso, non verso l’alto e verso il fuori. La lotta culturale è radicata nei valori di autonomia, comunità e solidarietà, necessari per creare una coscienza favorevole alle trasformazioni sociali. L’imperialismo culturale si alimenta delle novità, delle manipolazioni personali e transitorie, ma mai di una visione di autentici e profondi vincoli.

 

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