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19 Maggio 2017

 

Blue Whale, la balena blu è un'esca per gli stupidi

di Massimo Costante e Roberto Caccia 

 

La macabra sfida nata sui social network ha raggiunto un'eco impressionante. Cosa c'è di vero? Come possiamo arginare simili fenomeni?

 

Recenti notizie di cronaca e un servizio su Le Iene hanno portato alla ribalta in Italia una pratica macabra nata sui social network, un "gioco" che mette come premio finale la morte stessa dei suoi partecipanti: la "Blue Whale Challenge". Le notizie in merito sono tantissime e ormai praticamente incontrollate, quindi è il caso di fare un po' di chiarezza.

 

Con la sfida della "Blue Whale" si intende una sfida online che ha lo scopo di condurre una persona psicologicamente debole al suicidio dopo aver affrontato 50 giorni di prove ben precise ordinate da un "curatore". I social network che hanno veicolato tale pratica sarebbero VKontakte, una sorta di Facebook molto popolare nei Paesi dell'Est e il ben più famoso Instagram, con l'uso di hashtag in lingua russa che riportano i riferimenti Blue whale, Mare di balene, Svegliami alle 4:20, F57 e F58.

Con questi riferimenti si chiede ai "curatori in ascolto" di poter iniziare la sfida e di essere contattati per dare inizio al gioco. Se il giocatore decide in seguito di ritirarsi, il curatore lo ricatta con delle minacce fisiche verso i famigliari della vittima. Secondo numerosi tabloid esteri, tale pratica ha provocato la morte di oltre 150 persone in tutto il mondo, ma ha anche sollevato numerosi interrogativi sulla veridicità dei fatti.

Per iniziare a comprendere bene il fenomeno, basta capire il motivo della scelta del nome di questa orribile sfida: Blue Whale ovvero "balena azzurra". Come mai si è scelto questo mammifero?

La balena azzurra è uno dei tanti cetacei che a causa della perdita dell'orientamento o delle forti correnti oceaniche, tante volte si ritrova spiaggiata, concludendo i suoi giorni prematuramente per disidratazione o soffocamento. Ma vi sono anche alcune fonti prettamente narrative, ben lontane dalla divulgazione scientifica, che attribuiscono a questi cetacei la volontà del suicidio coincidente con quello dello spiaggiamento.

Quindi, sappiate che le balene azzurre in realtà e per natura, hanno solo una gran voglia di vivere, proprio come tutti i mammiferi. L'ipotesi del suicidio è solo materiale da romanzo.

 

Fake news o vera tragedia?

Tornando alla sfida della "Blue Whale", è molto probabile che questa storia sia nata come una "creepy pasta", una storiella copia-incolla da condividere online e ben confezionata per gli amanti del brivido. È dunque da considerare alla stessa stregua delle fake news e delle leggende metropolitane o si tratta di una vera tragedia? Come avviene spesso in questi casi, la verità sta nel mezzo.

Le oltre 150 vittime di cui si parla tanto non trovano alcun riscontro ufficiale tra le forze di polizia russe, né tantomeno in Brasile, Australia e Francia, paesi dove si vocifera che il gioco abbia preso piede. Solo qualche strillo giornalistico su qualche tabloid e su qualche sito internet dalla dubbia affidabilità. Quando si parla di tragedia e i contorni sono molto oscuri e poco chiari, è facile ingigantire un fenomeno in grado di turbare il pubblico.

Superata la soglia della leggenda metropolitana, qualche esaltato ha pensato di usare la pratica della Blue Whale, sfruttando la debolezza di qualche adolescente e l'interesse di ogni uomo affascinato dall'occulto, dal mistero, dal soprannaturale e dalla morte. Mai come oggi possiamo dimostrare l'interesse morboso del pubblico per i fatti di cronaca nera. Dunque, i numeri ufficiali dei casi legati alla Blue Whale sono molto più bassi.

In Russia, paese dove sembra sia nato il fenomeno sulle pagine del social VKontakte, i casi ufficialmente seguiti dalla polizia e attribuiti alla pratica sono circa 15, ma solo 3 di questi trovano riscontro presso gli organi di informazione attendibili, come riporta un'analisi del Siberian Times. Il primo caso è quello di Rina Palenkova, una ragazza appartenente a un gruppo di sostegno morale per giovani nato su un forum specializzato. Come vedremo tra poco, la sua morte è stata sfruttata da alcuni loschi personaggi per far leva su altre persone in questo ambiente fragile e bisognoso d'attenzione, con lo scopo di lucro.

Le altre due vittime accertate sono Yulia Konstantinova, 15 anni, e Veronika Volkova, 16 anni. Le indagini hanno permesso di scoprire che le due ragazze appartenevano agli stessi gruppi online e che avevano lasciato alcuni indizi direttamente riconducibili alla "Blue Whale Challenge" come episodi di autolesionismo documentati con materiale fotografico, hashtag riferiti alla sfida e infine un video che riprende i loro ultimi istanti di vita.

L'intera vicenda è supportata dall'arresto di uno degli ideatori o "curatori" - come viene identificato all'interno del gioco - Philipp Budeikin, noto sul web col nome di Filip Lis, accusato di aver creato tra il 2013 e il 2016 otto gruppi su VKontakte inneggianti al suicidio, con lo scopo iniziale di monetizzare facendo crescere il numero degli iscritti alle sue pagine e per far conoscere un marchio di lingerie, come afferma in un'intervista al lenta.ru. Come potete immaginare, lo sfruttamento incontrollato del fenomeno, degli hashtag #f57 #blue_whale e la cattiveria di altri individui, hanno fatto il resto.

La lista delle regole dei 50 giorni" prima del suicidio, l'isteria di massa, il conseguente proliferare di gruppi che scimmiottano la pratica e il sensazionalismo di alcune testate hanno provocato un eco senza precedenti, collegando anche alcuni casi di suicidio che in realtà hanno poco a vedere col fenomeno, proprio com'è avvenuto in Italia nei mesi scorsi.

 

C'è stato veramente un caso di Blue Whale in Italia?

Esattamente il 7 marzo scorso, un quindicenne si è suicidato a Livorno.

Il video del folle gesto è finito online ma l'unico collegamento con la Blue Whale nasce da una dichiarazione del vicario del vescovo locale Paolo Razzauti: "Non vorrei fosse uno dei tanti giovani spinti ad uccidersi con il 'Blue Whale", ma il Dirigente dalla Squadra Mobile della Polizia di Stato, Giuseppe Testaì, smentisce questa ipotesi, spiegando che le indagini suggeriscono "un dramma privato, legato a motivi esclusivamente familiari".

Quindi le autorità italiane hanno slegato il caso dal fenomeno della Blue Whale.

Purtroppo la potenza della pubblicità può essere distruttiva, soprattutto quando vi è il rischio concreto di emulazione di questa pratica. A tale scopo abbiamo evitato di riproporre alcune immagini terrificanti dei casi raccontati o di scendere nel dettaglio della pratica della Blue Whale, come l'elenco delle regole del gioco, al fine di ridurre il cosiddetto "Effetto Werther", ovvero l'effetto di una notizia di un suicidio pubblicata dai mezzi di comunicazione, che potrebbe provocare emulazione da parte della società.

 

Blue Whale e psicologia, facciamo chiarezza

Per fare ulteriore luce sulla vicenda abbiamo intervistato la Dottoressa Margherita Bonfatti, laureata in Psicologia con indirizzo clinico sociale presso l'Università degli studi di Parma, con dottorato di ricerca in psicologia dell'educazione e delle disabilità e specializzazione in psicoterapia conseguita presso l'Istituto Clinico Humanitas di Milano.

Tom's Hardware: Cosa ne pensi del Blue Whale?

Margherita Bonfatti: È un fenomeno di dubbia provenienza, non è chiaro se sia una "bufala" lanciata in rete o se ci siano fondamenti, mi sembra di capire che non ci siano dati scientifici in grado di dimostrare un collegamento tra questo gioco e il suicidio. Non è ancora chiaro se questo gioco effettivamente esista o meno. Sicuramente ci fa riflettere su come la Rete sia potente, perché anche una notizia - se ben posizionata - può avere risonanza e creare una realtà alternativa. Io spero che non sia così, però a mio avviso bisognerebbe riflettere sul fatto che una qualsiasi notizia possa circolare online seppur priva di fondamento.

Tom's Hardware: Ipotizzando l'esistenza di Blue Whale, potrebbe avere un'influenza tale da convincere le persone a togliersi la vita? In che modo potrebbe fare presa sui giovani?

Margherita Bonfatti: Credo che potrebbe esistere e questo lo trovo preoccupante, perché tutto ciò che viene proposto ai nostri occhi e alle nostre orecchie viene assimilato e appreso. Sappiamo, dalla psicologia di stampo comportamentista, che il meccanismo dell'apprendimento è comune a tutti gli esseri umani e che non è necessario fare esperienza diretta di una cosa per imparare qualcosa. Vuol dire che per imparare basta essere esposti a una regola. Ad esempio, con la regola "non toccare il fuoco perché scotta", si può imparare che il fuoco brucia, anche senza metterci la mano sopra.

Anche l'apprendimento per osservazione funziona in modo simile; è stato dimostrato che per apprendere un'esperienza non è necessario farla in modo diretto se la posso osservare. Per questo motivo, ad esempio, diventa importante filtrare i contenuti in televisione, soprattutto quelli rivoliti ai bambini, perché i più piccoli imparano guardando.

Questo vuol dire che tutte le volte che noi siamo esposti a dei modelli e a delle proposte, questi in qualche modo ci colpiscono. È impossibile rimanere indifferenti a quello che avviene nel nostro ambiente, a quello che guardiamo in TV, ai cartoni animati e ai videogiochi. Questa è una realtà, è un dato scientifico. Sono elementi in grado di condizionare.

Quindi anche solo l'idea che possa esistere un fenomeno come Blue Whale può suggerire una serie d'iniziative sbagliate. Da lì al suicidio non è un passo così facile, tuttavia i giovani si confrontano, soprattutto su Internet. Se si parla di cyber bullismo vuol dire che addirittura le persone vivono gli insulti e le pressioni di natura psicologica anche attraverso Internet. Tuttavia queste pressioni sono reali, producono sofferenza vera. Posso immaginare che un giovane con determinate condizioni di fragilità possa subire l'influenza di una serie di circostanze e di condizionamenti. Potrebbe esserci una correlazione, senza parlare di un rapporto di causa effetto, ma probabilmente una correlzione si potrebbe generare.

Tom's Hardware: Si parla di correlazioni su soggetti tendenzialmente a rischio, come gli adolescenti e persone con problemi pregressi a livello psicologico? Oppure chiunque potrebbe subire l'influenza?

Margherita Bonfatti: Mi viene difficile dire che alcune persone siano immuni e che possano sopportare meglio determinate circostanze rispetto ad altre. Tutti possiamo essere condizionati in qualche modo, o cadere in qualche trappola. Non ci sono persone predisposte ed altre a cui non capiterà mai. Ci devono essere alcune circostanze che s'incrociano. L'età, un momento difficile, la noia, un momento di solitudine. Questi ingredienti generano una condizione di maggiore fragilità e di esposizione più probabile a contesti di rischio. Tutti, se si verificano una serie di condizioni su cui magari non si ha il controllo, possono essere vittime di alcuni tranelli, anche di questo tipo. Quindi ci vuole molta attenzione. Questo è un elemento importante da analizzare.

Non possiamo sapere se fra un anno saremo sereni come ora o se sperimentermo condizioni di fragilità. Quando si è fragili vuol dire che non si è in grado di tirarsene fuori con le proprie mani. Certamente la rete di amici (quella reale), la famiglia, la comunità, la scuola o l'oratorio, per esempio, sono gruppi che se funzionano possono promuovere contesti sani, in cui si può raggiungere qualcosa di buono insieme alle altre persone. In cui si può creare della "vita sana", della vita che fa stare bene.

Quando ci sono un po' di agenti che funzionano intorno è chiaro che abbiamo fattori protettivi importantissimi. Però sappiamo che oggi la famiglia fatica, la scuola è sempre messa in discussione, l'oratorio per molti non esiste più, quindi va da sé che il giovane in questo momento si trova spesso solo di fronte a un mare di potenzialità.

Tom's Hardware: Cosa potrebbe fare la famiglia, la scuola o un'istituzione per diminuire le possibilità che un giovane si possa "perdere"?

Margherita Bonfatti: Oggi per le famiglie è difficile essere presenti e avere una rete sociale forte. La scuola ha un ruolo importante, mi piacerebbe che potesse proporre possibilità di espressione per i giovani. Lo studio, la conoscenza, ma anche il trovare un modo per esprimere sé stessi, trovare una strada, una passione ma anche una possibilità di fare esperienza. Magari corsi e proposte che permettano a un giovane di mettersi in discussione e alla prova, di conoscere sé stesso, di scoprire i campi in cui eccelle e quelli in cui è meno capace.

L'intera vicenda è un po' inquietante, ha alcuni tratti da film horror. Ricalca le posizioni di chi è dominante, di chi si pone in una condizione di vittima. Anche se alcuni indizi suggeriscono che si tratti di una bufala, resta comunque inquietante e deve porci in uno stato di allerta e di grande attenzione, soprattutto verso la sofferenza dei giovani. Inoltre l'intero caso ci fa ricordare come la Rete sia un mezzo potentissimo, nel male (come per Blue Whale) ma anche nel bene,  grazie alla possibilità di garantire l'espressione individuale. Dopotutto sappiamo quanti giovani pubblicano i loro video su YouTube.

La Rete va dunque sfruttata in questo senso, anche se noi esseri umani siamo abituati a pubblicare solo cose belle su Facebook, creando un po' una realtà che è un mito. A giudicare da quello che si vede online stiamo tutti bene e chi è triste passa per lo sfigato di turno, ma in realtà non è così. Se ti senti triste sei perfettamente nella media, nella giornata media di una persone normale che ha alti e bassi e che ha un fluire di emozioni. Questo è uno degli inganni della Rete, di non raccontare tutto in fondo e di raccontare solo il bello, ma è anche una caratteristica umana che abbiamo a prescindere dalla Rete. Dopotutto, noi abbiamo in casa l'album di foto belle, non quello di foto brutte. L'importante, per ritornare alla domanda, è rimanere attenti agli stimoli e restare vigili.

 

Chi vi sta accanto ha bisogno di voi

Il lato positivo dell'intera faccenda è la nascita di veri gruppi di supporto morale per giovani nati come funghi in questi giorni su Facebook proprio in Italia, e una fortissima attenzione verso i segnali inequivocabili di squilibrio dei giovani, come l'autolesionismo, post bisognosi di attenzione sui social o ancora svegliarsi nel cuore della notte sempre in un determinato orario come prevede la pratica della balena azzurra.

Dinanzi ad alcuni di questi segnali provvedete subito a prestare assistenza a queste persone, rivolgendovi anche alle Forze dell'Ordine o all'istituzione del Telefono Amico.

Il mestiere dei genitori è probabilmente uno dei più complessi e delicati al mondo, ma qualche volta una parola in più, uno sguardo più attento ai nostri figli e un pizzico di tempo dedicato alle persone che amiamo possono regalare sempre un sorriso e, a volte, perfino salvargli la vita.

 

 

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