Originale: Motherboard http://znetitaly.altervista.org/ 5 febbraio 2017
I dati che hanno mandato il mondo a gambe all’aria di Hannes Grassegger e Mikael Krogerus traduzione di Giuseppe Volpe
Una versione precedente di questo articolo è apparsa a dicembre su Das Magazin. Il 9 novembre, circa alle otte e trenta del mattino, Michal Kosinski si è svegliato nell’Hotel Sunnehus di Zurigo. Il trentaquattrenne ricercatore era arrivato per tenere una conferenza all’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia (ETH) sui pericoli di Big Data e della rivoluzione digitale. Kosinski tiene conferenze regolari su questo argomento in tutto il mondo. E’ un esperto di spicco della psicometria, una sottocategoria della psicologia. Quando ha acceso la televisione quel mattino ha visto che la bomba era esplosa: contrariamente alle previsioni di tutti i principali statistici Donald J. Trump era stato eletto presidente degli Stati Uniti.
Kosinski ha seguito a lungo i festeggiamenti della vittoria di Trump e i risultati in arrivo da ogni stato. Aveva la sensazione che il risultato dell’elezione avesse qualcosa a che vedere con la sua ricerca. Alla fine ha tirato un lungo sospiro e ha spento la televisione. Lo stesso giorno una società britannica allora poco nota con sede a Londra ha diffuso un comunicato stampa: “Ci elettrizza che il nostro approccio rivoluzionario alla comunicazione basata su dati abbia avuto una parte così essenziale nella straordinaria vittoria del presidente eletto Trump”, è stata l’affermazione citata di Alexander James Ashburner Nix. Nix è britannico, quarantunenne e amministratore delegato di Cambridge Analytica. Si presenta sempre immacolato in abiti di sartoria e occhiali di marca, con i suoi ondulati capelli biondi pettinati all’indietro dalla fronte. La sua società non è stata essenziale solo per la campagna in rete di Trump, ma anche per quella della Brexit britannica. Dei tre protagonisti – il riflessivo Kosinski, l’attentamente tirato a lucido Nix e il ghignante Trump – uno di loro ha consentito la rivoluzione digitale, uno l’ha attuata e uno ne ha approfittato.
Quanto è pericoloso Big Data? Chiunque non abbia trascorso gli ultimi cinque anni su un altro pianeta avrà familiarità con l’espressione Big Data. Big Data significa, in essenza, che tutto ciò che facciamo, sia in rete sia fuori di essa, lascia tracce digitali. Ogni acquisto che facciamo con le nostre carte di credito, ogni ricerca che digitiamo su Google, ogni movimento che compiamo con il cellulare in tasca, ogni “like” [“mi piace”] è archiviato. Specialmente ogni “like”. Per molto tempo non è stato del tutto chiaro quale uso potessero avere questi dati; salvo, forse, che potevamo trovare annunci pubblicitari di farmaci per la pressione appena dopo aver digitato su Google “ridurre la pressione sanguigna”.
Il 9 novembre è divenuto chiaro che forse è possibile molto di più. La società dietro la campagna in rete di Trump – la stessa società che aveva lavorato per l’uscita dalla UE nelle primissime fasi della sua campagna per la “Brexit” – era una società di Big Data: la Cambridge Analytica. Per capire il risultato dell’elezione – e come la comunicazione politica potrebbe operare in futuro – dobbiamo cominciare da uno strano incidente all’Università di Cambridge nel 2014, al Centro di Psicometria di Kosinski.
La psicometria, a volte chiamata anche psicografia, si concentra sulla misurazione di tratti psicologici, quali la personalità. Negli anni ’80 due gruppi di psicologi svilupparono un modello che cercava di valutare gli esseri umani sulla base di cinque tratti della personalità, noti come i “Big Five”. Sono: apertura (quanto sei aperto a nuove esperienze?), scrupolosità (quanto sei perfezionista?), estroversione (quanto sei socievole?), disponibilità (quanto sei premuroso e collaborativo?) e nevroticità (quanto facilmente perdi le staffe?). Sulla base di tali dimensioni – note anche come OCEAN, un acronimo dei termini citati in inglese – possiamo fare una valutazione relativamente accurata del genere di persona che abbiamo di fronte. Ciò include i suoi bisogni e le sue paure e come è probabile che si comporti. I “Big Five” sono divenuti la tecnica standard della psicometria. Ma per molto tempo il problema di questo approccio era la raccolta di dati, perché comportava completare questionari complicati e molto personali. Poi è arrivata Internet. E Facebook. E Kosinski.
Michal Kosinski era uno studente a Varsavia quando la sua vita prese una nuova direzione nel 2008. Fu accettato dall’Università di Cambridge per il suo dottorato al Centro di Psicometria, una delle istituzioni più antiche di questo genere al mondo. Kosinski si unì al compagno di studi David Stillwell (oggi lettore alla Judge Business School dell’Università di Cambridge) circa un anno dopo. Stillwell aveva lanciato una piccola applicazione di Facebook nei giorni in cui la piattaforma non era ancora diventata il mastodonte che è oggi. La loro applicazione MyPersonality [la mia personalità] metteva in grado gli utenti di completare diversi questionari psicometrici, tra cui alcune domande psicologiche del questionario Big Five sulla personalità (“Entro facilmente nel panico”, “Contesto gli altri”). In base alla valutazione gli utenti ricevevano un “profilo della personalità” – valori individuali Big Five – e potevano scegliere di condividere con i ricercatori i dati del loro profilo Facebook.
Kosinski si era aspettato che i questionari sarebbero stati completati da qualche dozzina di amici dell’università, ma ben presto centinaia, migliaia e poi milioni di persone avevano rivelato le loro convinzioni più intime. Improvvisamente i due dottorandi possedettero il più vasto insieme di dati mai raccolto, che combinava punteggi psicometrici con profili Facebook.
L’approccio che Kosinski e i suoi colleghi hanno sviluppato nei pochi anni successivi è stato in realtà molto semplice. All’inizio hanno fornito ai soggetti del test un questionario sotto forma di un quiz in rete. Dalle loro risposte gli psicologi hanno calcolato i valori personali Big Five di chi rispondeva. La squadra di Kosinski poi confrontava i dati con ogni sorti di altri dati in rete dei soggetti: che cosa apprezzavano (“liked”), condividevano o scrivevano su Facebook o, ad esempio, quale genere, età, luogo di residenza specificavano. Ciò ha consentito ai ricercatori di collegare i puntini e operare correlazioni. Deduzioni considerevolmente affidabili potevano essere ricavate da semplici azioni in rete. Ad esempio gli uomini che davano un “like” alla marca di cosmetici MAC avevano una probabilità leggermente maggiore di essere omosessuali; uno dei migliori indicatori di eterosessualità era dare “like” a Wu-Tang Clan. Gli ammiratori di Lady Gaga erano molto probabilmente estroversi; mentre quelli a cui “piaceva” la filosofia tendevano a essere introversi. Mentre ogni elemento di tali informazioni è troppo debole per produrre una previsione affidabile, quanto decine, centinaia o migliaia di dati individuali sono aggregati, le previsioni diventano realmente accurate.
Kosinski e la sua squadra hanno instancabilmente affinato i loro modelli. Nel 2012 Kosinski ha dimostrato che, sulla base di una media di 68 “like” di un utente su Facebook, era possibile prevedere il colore della sua pelle (con il 95% di accuratezza), il suo orientamento sessuale (88% di accuratezza) e la sua appartenenza al partito Democratico o a quello Repubblicano (85%). Ma la cosa non finiva lì. Potevano anche essere determinati intelligenza, fede religiosa, e uso di alcool, sigarette e droghe. Dai dati era persino possibile dedurre se i genitori di qualcuno erano divorziati.
La forza del loro modello era illustrata da quanto bene poteva predire le risposte di un soggetto. Kosinski ha continuato incessantemente a lavorare sui modelli; in breve tempo è stato in grado di valutare una persona meglio del suo collega medio di lavoro, solo sulla base di dieci “like” su Facebook. Settanta “like” erano sufficienti a superare quanto sapevano gli amici di quella persona; 150 quanto sapevano i loro genitori e 300 “like” ciò che sapeva il loro partner. Un numero maggiore di “like” poteva addirittura superare ciò che le persone ritenevano di sapere di sé stesse. Il giorno in cui Kosinski ha pubblicato questi risultati ha ricevuto due telefonate: la minaccia di una citazione in giudizio e un’offerta di lavoro. Entrambe da Facebook.
Solo settimane più tardi i “like” di Facebook sono divenuti privati come opzione predefinita. Prima di allora l’impostazione predefinita e che chiunque su Internet poteva vedere i vostri “like”. Ma questo non è stato un ostacolo per chi raccoglie dati; anche se Kosinski chiedeva sempre il consenso degli utenti di Facebook, molte applicazioni e quiz in rete oggi richiedono l’accesso ai dati privati come precondizione per accedere a test della personalità. (Chiunque voglia valutare sé stesso sulla base dei propri “like” su Facebook può farlo sul sito di Kosinski e poi confrontare i propri risultati con quelli di un questionario Ocean classico, come quello del Centro di Psicometria di Cambridge).
Ma non era solo una questione di “like” o persino di Facebook: Kosinski e la sua squadra erano a quel punto in grado di ascrivere valori Big Five puramente sulla base di quante immagini ha una persona sul profilo Facebook o di quanti contatti ha (un buon indicatore di estroversione). Ma noi anche riveliamo qualcosa di noi stessi persino quando non siamo in rete. Ad esempio il sensore di movimento del nostro cellulare rivela quanto rapidamente ci spostiamo e quando lontano andiamo (questo è correlato a instabilità emotiva). Il nostro cellulare, ha concluso Kosinski, è un vasto questionario psicologico che alimentiamo costantemente, sia consapevolmente sia inconsapevolmente.
Soprattutto, comunque – e questa è la chiave – funziona anche al contrario: non solo dai vostri dati possono essere creati profili psicologici, ma i vostri dati possono essere utilizzati anche nella direzione inversa per individuare profili specifici: tutti i padri ansiosi, tutti gli introversi arrabbiati, ad esempio; o forse anche tutti i Democratici indecisi? Essenzialmente ciò che Kosinski aveva inventato era una specie di motore di ricerca delle persone. Egli ha cominciato a riconoscere il potenziale – ma anche il pericolo intrinseco – del suo lavoro.
A lui Internet era sempre sembrata un dono dal cielo. Quello che lui voleva veramente era ridare qualcosa, condividere. I dati possono essere copiati, dunque perché tutti non dovrebbero beneficiarne? Era lo spirito di un’intera generazione, l’inizio di una nuova era che trascendeva i limiti del mondo fisico. Ma che cosa sarebbe successo, si chiedeva Kosinski, se qualcuno avesse abusato del suo motore di ricerca delle persone per manipolarle? Ha cominciato ad aggiungere ammonimenti alla maggior parte del suo lavoro scientifico. Il suo approccio, avvertiva, “potrebbe porre una minaccia al benessere, alla libertà e persino alla vita delle persone”. Ma nessuno è parso afferrare che cosa intendeva. Circa in quel periodo, agli inizi del 2014, Kosinski è stato avvicinato da un giovane assistente professore del dipartimento di psicologia, di nome Aleksander Kogan. Ha detto che si stava informando per conto di una società che era interessato al metodo di Kosinski e che voleva accesso all’archivio di MyPersonality. Kogan non poteva rivelare per quale scopo; era legato al segreto.
All’inizio Kosinski e la sua squadra hanno preso in considerazione quell’offerta, poiché avrebbe significato un mucchio di denaro per l’istituto, ma poi egli ha esitato. Alla fine, ricorda Kosinski, Kogan ha rivelato il nome della società: SCL, o Strategic Communication Laboratories. Kosinski ha fatto una ricerca su Google riguardo alla società: “[Siamo] l’agenzia di gestione dell’elezione del premier”, dice il sito web della società. SCL offre attività di marketing basata su modelli psicologici. Uno dei suoi interessi chiave: influenzare le elezioni. Influenzare le elezioni? Turbato, Kosinski ha sfogliato le pagine. Che sorta di società era quella? E che cosa stava pianificando quella gente? Quello che Kosinski non sapeva all’epoca era che la SCL è la casa madre di un gruppo di società. Chi esattamente è il proprietario della SCL e delle sue diverse branche non è chiaro, a causa di una struttura societaria tortuosa, il tipo di società che si trova nella Companies House britannica, nei Panama Papers e nel registro delle società del Delaware. Alcuni dei rami della SCL sono stati coinvolti in elezioni dall’Ucraina alla Nigeria, hanno aiutato il monarca nepalese contro i ribelli, mentre altri hanno sviluppato metodi per influenzare i cittadini dell’est europeo e afgani nell’interesse della NATO. Kosinski non sapeva nulla di tutto ciò ma aveva una brutta sensazione. “L’intera cosa ha cominciato a puzzare”, ricorda. Approfondendo ha scoperto che Aleksandr Kogan aveva registrato segretamente una società che faceva affare con la SCL. Secondo un articolo del The Guardian del dicembre 2015 e documenti interni della società consegnati a Das Magazine emerge che la SCL aveva saputo del metodo di Kosinski da Kogan.
Kosinski ha finito per sospettare che la società di Kogan poteva aver riprodotto lo strumento di misura dei “like” su Facebook basato sui Big Five al fine di venderlo a questa società di influenza sulle elezioni. Ha immediatamente interrotto i rapporti con Kogan e informato l’amministratore dell’Istituto, innescando un complicato conflitto all’interno dell’università. L’istituto era preoccupato per la sua reputazione. Aleksandr Kogan si è poi trasferito a Singapore, si è sposato e ha cambiato nome in Dr. Spectre. Michal Kosinski ha completato il suo dottorato, ha ricevuto un’offerta di lavoro da Stanford e si è trasferito negli Stati Uniti.
Mr. Brexit Tutto è rimasto tranquillo per circa un anno. Poi, nel novembre del 2015, la più radicale delle due campagne per la Brexit, “Leave.EU”, appoggiata da Nigel Farage, ha annunciato di aver commissionato il sostegno alla sua campagna in rete a una società di Big Data: la Cambridge Analytica. Il punto di forza della società: marketing politico innovativo – micro-indirizzato – mediante misurazione della personalità delle persone dalle loro impronte informatiche, basata sul modello OCEAN.
A quel punto Kosinski ha ricevuto email che gli chiedevano che cosa avesse a che farci: le parole Cambridge, personalità e analisi facevano immediatamente pensare a Kosinski. Era la prima volta che aveva sentito parlare della società, che aveva mutuato il suo nome, diceva, dai suoi primi collaboratori, ricercatori dell’Università. Inorridito ha consultato il sito web. La sua metodologia era utilizzata su vasta scala per scopi politici? Dopo il risultato della Brexit, amici e conoscenti gli hanno scritto: “Hai visto che cosa hai combinato?” Dovunque andasse, Kosinski doveva spiegare che non aveva nulla a che vedere con quella società. (Rimane oscuro quanto profondamente la Cambridge Analytica sia stata coinvolta nella campagna per la Brexit. La Cambridge Analytica non ha voluto discutere tali domande).
Per alcuni mesi le cose restano relativamente tranquille. Poi, il 19 settembre 2016, poco più di un mese prima delle elezioni statunitensi, i riff di chitarra di “Bad Moon Rising” dei Creedence Clearwater Revival riempiono la sala blu scuro dell’hotel Grand Hyatt di New York. Il Vertice Concordia è una specie di World Economic Forum in miniatura. Decisori di tutto il mondo sono stati invitati, tra cui il presidente svizzero Johann Schneider-Ammann. “Date il benvenuto sul palco a Alexander Nix, amministratore delegato della Cambridge Analytica”, annuncia una morbida voce femminile. Un uomo esile in abito scuro sale sul palco. Cade il silenzio. Molti tra il pubblico sanno che si tratta del nuovo uomo della strategia digitale di Trump. (Un video della presentazione è stato pubblicato su YouTube).
Alcune settimane prima Trump aveva twittato, in modo un po’ criptico, “Presto mi chiamerete Mr. Brexit”. Osservatori politici avevano in effetti notato alcune impressionanti somiglianze tra l’agenda di Trump e quella del movimento di destra per la Brexit. Ma pochi avevano notato il collegamento con la recente assunzione da parte di Trump di una società di marketing di nome Cambridge Analytica.
Fino a quel punto la campagna digitale di Trump era stata composta più o meno da una sola persona: Brad Parscale, un imprenditore del marketing e fallito fondatore di una società matricola [start-up] che aveva creato un sito web rudimentale per Trump per 1.500 dollari. Il settantenne Trump non è digitalmente esperto: non c’è nemmeno un computer sulla scrivania del suo ufficio. Trump non scrive email, ha rivelato una volta la sua assistente personale. Lei stessa lo ha convinto a comprare uno smartphone dal quale egli ora twitta incessantemente.
Hillary Clinton, d’altro canto, si affidava pesantemente all’eredità del primo “presidente social-mediatico”, Barack Obama. Aveva la lista degli indirizzi del Partito Democratico, collaborava con analisti di dati all’avanguardia di BLueLabs e riceveva sostegno da Google e da Dreamworks. Quando è stato annunciato, a giugno 2016, che Trump aveva assunto la Cambridge Analytica, la dirigenza di Washington ha storto il naso. Stranieri in abiti di sartoria che non capiscono il paese e la sua gente? Sul serio?
“E’ mio privilegio parlarvi oggi della potenza di Big Data e della psicografia nel processo elettorale”. Il logo della Cambridge Analytica – un cervello composto da una rete di nodi, come una mappa – appare dietro Alexander Nix. “Solo 18 mesi fa il senatore Cruz era uno dei candidati meno popolari”, spiega il biondo in un dirompente accento britannico, che innervosisce gli statunitensi allo stesso modo in cui un accento tedesco standard può inquietare gli svizzeri. “Meno del 40 per cento della popolazione aveva sentito parlare di lui”, dice un’altra slide. La Cambridge Analytics era stata coinvolta nella campagna elettorale statunitense due anni prima, inizialmente come consulente dei Repubblicani Ben Carson e Ted Cruz. Cruz – e successivamente Trump – erano finanziati principalmente dall’ermetico miliardario statunitense del software Robert Mercer che, assieme a sua figlia Rebekah, risulta essere il maggiore investitore nella Cambridge Analytica.
“Dunque come ha ottenuto questo risultato?” Finora, spiega Nix, le campagne elettorali sono state organizzate sulla base di concetti demografici. “Un’idea davvero ridicola. L’idea che tutte le donne dovrebbero ricevere lo stesso messaggio a motivo del loro genere, o tutti gli afroamericani a motivo della loro razza”. Ciò che Nix ha inteso dire è che mentre altri candidati si erano sino allora basati sulla demografia, la Cambridge Analytica usava la psicometria.
Anche se ciò potrebbe essere vero, il ruolo della Cambridge Analytica nella campagna di Cruz non è incontestato. Nel dicembre del 2015 la squadra di Cruz ha accreditato il suo crescente successo all’uso psicologico di dati e analisi. In Advertising Age, un cliente politico ha affermato che il personale inserito della Cambridge era “una specie di ruota in più”, ma che aveva tuttavia trovato il loro prodotto chiave, la modellazione dei dati degli elettori della Cambridge, “eccellente”. La campagna avrebbe pagato alla società almeno 5,8 milioni di dollari per contribuire a identificare gli elettori nei caucus dell’Iowa, vinti da Cruz prima di abbandonare la competizione a maggio.
Nix clicca la slide successiva: cinque volti diversi, ciascun volto corrispondente a un profilo di personalità. E’ il modello Big Five o OCEAN. “A Cambridge”, ha detto, “siamo stati in grado di creare un modello per prevedere la personalità di ogni singolo adulto degli Stati Uniti d’America”. La sala è affascinata. Secondo Nix, il successo del marketing di Cambridge Analytica è basato su una combinazione di tre elementi: scienze comportamentali che utilizzano il modello OCEAN, analisi di Big Data e annunci mirati. Gli annunci mirati sono pubblicità personalizzata, allineata quanto più accuratamente possibile alla personalità di un singolo consumatore.
Nix spiega candidamente come la sua società fa questo. Innanzitutto la Cambridge Analytica compra dati personali da una serie di fonti diverse, come registi del catasto, dati automobilistici, dati di acquisti, carte bonus, iscrizioni a circoli, quali riviste leggere, quali chiese frequentate. Nix mostra i loghi di intermediari di dati attivi a livello globale, come Acxiom ed Esperian; negli Stati Uniti quasi tutti i dati personali sono in vendita. Ad esempio se volete sapere dove vivono donne ebree potete semplicemente acquistare tale informazione, numeri di telefono compresi. Ora la Cambridge Analytica aggrega tali dati con le liste elettorali del partito Repubblicano e con dati in rete e calcola un profilo di personalità Big Five. Le impronte informatiche improvvisamente diventano persone reali con paure, bisogni, interessi e indirizzi di residenza.
La metodologia appare molto simile a quella sviluppata un tempo da Michal Kosinski. La Cambridge Analytica utilizza anche, ci ha detto Nix, “sondaggi sui media sociali” e dati di Facebook. E la società fa esattamente quello di cui ci ha avvertito Kosinski: “Abbiamo profilato la personalità di ogni adulto degli Stati Uniti d’America: 220 milioni di persone”, vanta Nix.
Apre la videata. “Questo è il pannello dei dati che abbiamo preparato per la campagna di Cruz”. Compare un centro di controllo digitale. Sulla sinistra ci sono diagrammi; sulla destra una mappa dello Iowa, dove Cruz ha ottenuto un numero sorprendentemente alto di voti alle primarie. E sulla mappa ci sono centinaia di migliaia di puntini rossi e blu. Nix restringe i criteri: “Repubblicani”, e scompaiono i puntini blu; “non ancora convinti”, scompaiono altri puntini; “maschi” e così via. Alla fine resta un solo nome, compresi età, indirizzo, interessi, personalità e inclinazione politica. Come fa ora la Cambridge Analytica a indirizzare a questa persona un messaggio politico appropriato?
Nix mostra come elettori classificati psicometricamente possono essere approcciati in modo diverso, in base all’esempio del diritto alle armi, il Secondo Amendamento: “Per un pubblico molto nevrotico e rigoroso la minaccia di un furo in casa, e la polizza di assicurazione di un’arma”. A sinistra un’immagine mostra la mano di un estraneo che rompe una finestra. Il lato destro mostra un uomo e un bambino, in piedi in un campo al tramonto, entrambi con fucili, che chiaramente abbattono anatre: “Al contrario, per un uditorio chiuso e amabile. Persone che hanno a cuore la tradizione, le abitudini e la famiglia.”
Come tenere lontani dalle urne gli elettori della Clinton Le impressionanti incoerenze di Trump, la sua molto criticata volubilità e la conseguente serie di messaggi contraddittori, improvvisamente si sono rivelati la sua grande forza: un messaggio diverso per ogni elettore. L’idea che Trump agisse come un algoritmo perfettamente opportunista compiacendo le reazioni del pubblico è qualcosa che la matematica Cathy O’Neil ha osservato nell’agosto del 2016.
“Praticamente ogni messaggio che Trump ha formulato è stato guidato da dati”, ricorda Alexander Nix. Il giorno del terzo dibattito presidenziale tra Trump e la Clinton, la squadra di Trump ha messo alla prova 175.000 diverse variazioni di annunci per le sue tesi, al fine di trovare le versioni giuste, soprattutto via Facebook. I messaggi differivano per la maggior parte solo per dettagli microscopici, al fine di rivolgersi ai destinatari nel modo psicologico ottimale: diversi titoli, colori, didascalie, con una foto o con un video. Questa calibrazione si spinge giù giù fino ai gruppi più piccoli, ha spiegato Nix in un’intervista concessaci. “Possiamo indirizzarci a paesi o blocchi di appartamenti in modo mirato. Persino a singole persone”.
Nel distretto Little Haiti di Miami, ad esempio, la campagna di Trump ha comunicato agli abitanti notizie sul fallimento della Fondazione Clinton dopo il terremoto di Haiti, al fine di farli astenere dal voto a favore di Hillary Clinton. Questo era uno degli obiettivi: tenere lontani dalle urne potenziali elettori della Clinton (tra cui indecisi di sinistra, afroamericani e giovani donne) per “soffocare” il loro voto, come ha dichiarato a Bloomberg un alto funzionario della campagna nelle settimane precedenti l’elezione. Questi “messaggi bui” – annunci in stile di flussi giornalistici sponsorizzati nelle cronologie di Facebook che possono essere visti solo da utenti con specifici profili – comprendevano video mirati ad afroamericani in cui Hillary Clinton, ad esempio, definisce sciacalli i neri. Nix termina la sua conferenza al Vertice Concordia affermando che la tradizionale pubblicità a tappeto è morta. “I miei figli certamente non capiranno mai e poi mai questa idea della comunicazione di massa”. E prima di lasciare il palco ha annunciato che, visto che Cruz aveva abbandonato la competizione, la società stava aiutando uno dei candidati alla presidenza restanti.
Esattamente con quanta precisione la popolazione statunitense sia stata presa di mira dalle truppe digitali di Trump in quel momento non è stato visibile, perché attaccavano meno sulla televisione tradizionale e più con messaggi personalizzati sui media sociali o sulla televisione digitale. E mentre la squadra della Clinton pensava di essere in testa, in base a proiezioni demografiche, il giornalista di Bloomberg Sasha Issenberg è rimasto sorpreso nel constatare in una visita a San Antonio – dove aveva sede la campagna digitale di Trump – che era in corso di creazione un “secondo quartier generale”. La squadra incorporata della Cambridge Analytica, apparentemente solo una dozzina di persone, ha ricevuto 100.000 dollari da Trump a luglio, 250.000 dollari ad agosto e 5 milioni di dollari a settembre. Secondo Nix la società ha incassato complessivamente più di 15 milioni di dollari. (La società è registrata negli USA, dove le leggi riguardanti la diffusione di dati personali sono molto più lassiste che nei paesi dell’Unione Europea. Mentre le leggi europee sulla riservatezza prescrivono che una persona “autorizzi” la diffusione dei dati, quelle degli Stati Uniti consentono che i dati siano diffusi a meno che un utente “lo vieti”.
Le misure sono state radicali: da luglio 2016 a tutti i promotori di Trump è stata fornita un’applicazione con la quale potevano identificare le idee politiche e il tipo di personalità degli abitanti di una casa. Era lo stesso fornitore di applicazioni utilizzato dai promotori della Brexit. Gli uomini di Trump hanno suonato solo alle porte delle case che l’applicazione classificava come recettive ai suoi messaggi. I promotori arrivavano preparati con linee guida per conversazioni calibrate sul genere di personalità del residente. Poi i promotori immettevano le reazioni nell’applicazione e nuovi dati affluivano sugli schermi della campagna di Trump.
Ripetiamo che non si tratta di nulla di nuovo. I Democratici facevano cose simili , ma non ci sono indicazioni che si siano affidati a profili psicometrici. La Cambridge Analytica ha diviso la popolazione statunitense in 32 tipi di personalità e si è concentrata solo su 17 stati. E proprio come Kosinski aveva stabilito che gli uomini che amano i cosmetici MAC hanno una probabilità leggermente maggiore di essere omosessuali, la società ha scoperto che la preferenza per auto prodotte negli Stati Uniti era una notevole indicazione di un potenziale elettore di Trump. Tra altre cose, tali risultati a quel punto mostravano a Trump quali messaggi funzionavano meglio e dove. La decisione di concentrarsi su Michigan e Wisconsin nelle settimane finali della campagna è stata presa sulla base dell’analisi dei dati. Il candidato è divenuto lo strumento per mettere in atto un modello di Big Data.
E adesso? Ma in quale misura i metodi psicometrici hanno influenzato il risultato dell’elezione? Richiesta, la Cambridge Analytica non è stata disposta a fornire alcuna prova dell’efficacia della sua campagna. Ed è possibilissimo che la domanda non abbia risposte. E tuttavia ci sono degli indizi: c’è il fatto della sorprendente ascesa di Ted Cruz durante le primarie. C’è stato anche un accresciuto numero di elettori nelle aree rurali. C’è stato anche il declino del numero dei voti iniziali afroamericani. Il fatto che Trump abbia speso così pochi soldi può essere anche spiegato dall’efficacia della pubblicità basata sulla personalità. Così come il fatto che egli abbia investito molto più nella campagna digitale che in quella televisiva rispetto a Hillary Clinton. Facebook si è dimostrato l’arma definitiva e il miglior promotore della campagna, come ha spiegato Nix, e come dimostrano commenti di numerosi promotori chiave di Trump.
Molte voci hanno affermato che gli statistici hanno perso l’elezione perché le loro previsioni hanno mancato così tanto il bersaglio. Ma se gli statistici avessero in realtà contribuito alla vittoria elettorale, ma solo quelli che usavano il nuovo metodo? E’ un’ironia della storia che Trump, il quale ha spesso brontolato contro la ricerca scientifica, abbia usato nella sua campagna un approccio altamente scientifico.
Un altro grande vincitore è la Cambridge Analytica. Il suo consigliere Steve Bannon, ex direttore esecutivo del giornale di destra in rete Breitbart News, è stato nominato da Trump consigliere capo e capo della strategia. Anche se Cambridge Analytica non intende commentare gli asseriti contatti in corso con il primo ministro britannico Theresa May, Alexander Nix afferma che sta costruendo la sua clientela in tutto il mondo e che ha ricevuto richieste da Svizzera, Germania e Australia. La sua società sta attualmente facendo un giro di conferenza presentando i suoi successi negli Stati Uniti. Quest’anno tre paesi centrali della UE terranno elezioni con rinascenti partiti populisti: Francia, Olanda e Germania. I successi elettorali arrivano in un momento opportuno, quando la società si sta preparando a entrare nella pubblicità commerciale.
Kosinski ha osservato tutto questo dal suo ufficio a Stanford. Dopo l’elezione statunitense l’università è in fermento. Kosinski sta reagendo agli sviluppi con l’arma più affilata disponibile a un ricercatore: l’analisi scientifica. Con la sua collega di ricerca Sandra Matz ha condotto una serie di test che saranno presto pubblicati. I risultati iniziali sono allarmanti: lo studio dimostra l’efficacia che l’approccio dei promotori basato sulla personalità può attirare fino al 63 per cento di clic in più e fino a 1.400 conversioni in più nelle campagne pubblicitarie di vita reale su Facebook quando si accoppiano prodotti e messaggi di marketing alle caratteristiche della personalità dei consumatori. Dimostra inoltre l’adattabilità dell’approccio basato sulla personalità mostrando che la maggioranza delle pagine Facebook che promuovono prodotti o marchi è influenzata dalla personalità e che un gran numero di consumatori può essere preso accuratamente di mira sulla base di una singola pagina Facebook.
In una dichiarazione dopo la pubblicazione tedesca di questo articolo un portavoce della Cambridge Analytica ha affermato: “Cambridge Analytica non fa uso di dati da Facebook. Non ha avuto rapporti con il dottor Michal Kosinski. Non subappalta la ricerca. Non usa stessa metodologia. La psicografia è stata usata a malapena. Cambridge Analytica non è coinvolta in tentativi di scoraggiare nessuno statunitense dall’esprimere il suo voto all’elezione presidenziale. I suoi sforzi sono stati unicamente mirati ad aumentare il numero dei votanti all’elezione.”
Il mondo è andato a gambe all’aria. La Gran Bretagna sta lasciando la UE, Donald Trump è presidente degli Stati Uniti d’America. E a Stanford Kosinski, che ha voluto ammonire contro il pericolo dell’uso dell’approccio psicologico in un contesto politico, sta ancora una volta ricevendo email accusatrici. “No”, dice Kosinski a bassa voce e scuotendo la testa. “Non è colpa mia. Non ho costruito la bomba. Ho solo mostrato che esiste.”
Ricerche aggiuntive per questo articolo sono state compiute da Paul-Olivier Dehaye. Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org Fonte: https://transiberiani.wordpress.com/2017/02/04/sara-possibile/comment-page-2/#comment-128878 |