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19 febbraio 2017

 

Mosca riconosce i documenti delDonbass (Dnr e Lnr)

di Fabrizio Poggi

 

Dieci giorni dopo che, su Komsomolskaja Pravda, era apparsa l'intervista a Larisa Šesler, in cui la Presidente dell'Unione ucraina degli emigrati e detenuti politici si chiedeva perché Mosca non potesse concedere passaporti russi agli abitanti del Donbass, Vladimir Putin ha firmato il decreto, immediatamente esecutivo, con cui Mosca riconosce i passaporti delle Repubbliche popolari. Poche settimane fa DNR e LNR avevano cominciato a rilasciarli e, nella sola DNR, ne sarebbero già in circolazione oltre quarantamila. Nel dettaglio, il decreto russo riguarda “il riconoscimento da parte della Federazione Russa dei documenti e delle carte di circolazione automobilistiche rilasciati a cittadini ucraini o persone senza cittadinanza, residenti sul territorio di alcune zone delle regioni ucraine di Lugansk e Dontesk”.

L'area compresa nelle Repubbliche popolari comprende infatti solo una parte, pur se maggiore, delle regioni di Lugansk e di Donetsk e in essa vivono da 2 a 3 milioni di persone: la differenza è data dalle continue migrazioni, ogni volta che la situazione bellica si fa più critica. Nel decreto è detto che la misura ha carattere temporaneo, fino alla soluzione della questione del Donbass, sulla base degli accordi di Minsk. Comprende non solo i passaporti, ma anche carte di identità, titoli di studio, certificati anagrafici (nascita, matrimonio, divorzio, ecc.) e, soprattutto, contempla la possibilità per i cittadini di LDNR di entrare e uscire dal territorio russo senza bisogno di visto.

A Kiev, ovviamente, si parla del documento come di “abbandono degli accordi di Minsk”. Petro Porošenko, da Monaco, al termine dell'incontro col vice presidente USA Mike Pence, ha immediatamente gridato alla “ennesima dimostrazione dell'occupazione russa e alla violazione russa del diritto internazionale”, notando come sia “oltremodo emblematico che ciò sia stato fatto cinicamente durante la conferenza sulla sicurezza”.

l Ministro degli esteri Pavel Klimkin, mentre le artiglierie ucraine intensificavano i bombardamenti su Debaltsevo e colpivano la centrale di filtraggio idrico di Donetsk, ha parlato di infrazione agli accordi di Minsk e “logica di volontaria escalation, che passa per Avdeevka e costituisce non solo una escalation militare, ma anche umanitaria”, come se il blocco economico del Donbass fosse opera di altri e non dei golpisti di Kiev.

Dal coro non poteva mancare il segretario del Consiglio di sicurezza, l'ex presidente a interim dell'immediato post-golpe (di cui in questi giorni ricorre il triste anniversario: Putin ha firmato il decreto proprio nella ricorrenza degli scontri più sanguinosi di majdan), Aleksandr Tur?inov, secondo il quale, con il decreto, Mosca riconosce de jure “i raggruppamenti quasi-statali”. Secondo la vice speaker della Rada, Irina Gerašenko, il decreto ha lo scopo di “congelare il conflitto nel Donbass” e “destabilizzare la situazione ucraina”; per creare insomma, si deve aggiungere, una sorta di situazione simile a quella della Transnistria, con la differenza che un accordo in tal senso presuppone una leadership ucraina diversa dall'attuale.

Di contro, LNR e DNR giudicano il decreto russo “un passo verso il riconoscimento mondiale” delle Repubbliche popolari, come ha dichiarato il leader della LNR Igor Plotnitskij: una chiara dimostrazione di quale sia il popolo fratello della Repubblica popolare di Lugansk. “La popolazione del Donbass” ha detto Plotnitskij, è stanca di tre anni di guerra, dei continui bombardamenti, del sangue, delle distruzioni. L'Ucraina, oltre a non far nulla per giungere alla pace con LNR e DNR, cerca in tutti modi di render più dura la vita della popolazione”. Ringraziando Putin per il decreto, Plotnitskij ha dichiarato che la LNR “è parte indissolubile del mondo russo e la firma del documento ne è la conferma”.

Il leader della DNR, Aleksandr Aakhar?enko ha ringraziato Mosca per il passo: "Il decreto del Presidente russo sul riconoscimento dei documenti rilasciati dalla Repubblica popolare Donetsk rappresenta un'altra dimostrazione che la Russia ha sostenuto e sosterrà il diritto dei propri compatrioti a lottare per la loro vita, la loro cultura, la loro lingua e, in fin dei conti, per il loro onore e la loro dignità". Ivan Gra?ëv, su novorosinform.org, pone la domanda sul perché Mosca si sia decisa a tale passo e sottolinea come, nel decreto, sia scritto che esso viene adottato “con l'obiettivo di difendere i diritti e le libertà di persone e cittadini, sulla base dei principi universalmente riconosciuti e delle norme del diritto umanitario internazionale”.

Il documento costituisce la risposta al fatto, scrive Gra?ëv, di come da tre anni il blocco ucraino impedisca alla popolazione del Donbass di registrare nascite, matrimoni, diplomi scolastici: i certificati rilasciati da DNR e LNR non erano sinora riconosciuti da nessuna parte; ora, lo sono su un sesto della superficie terrestre. Soprattutto, Gra?ëv mette in rilievo la possibilità per gli abitanti delle Repubbliche popolari di potersi spostare al di là e di qua dalla frontiera senza bisogno di visto; e i diplomi conseguiti nel Donbass daranno accesso alle Università russe. Naturalmente, il decreto non cambia lo status di LDNR: le strutture internazionali non potranno avanzare alcuna pretesa politico-giuridica; ma, dal punto di vista civile, della vita quotidiana, ciò rappresenta un grosso cambiamento e sostegno morale. E, conclude Gra?ëv, il decreto russo può esser visto come una “morbida pressione” per spingere Kiev alla pace: si fa capire cioè all'Ucraina che, se continua a comportarsi in maniera bestiale verso i propri cittadini del sudest del paese, finirà in un vicolo cieco. Il decreto è anche un chiaro segnale all'Occidente: se non cominciate sul serio a indurre Kiev alla pace, il passo successivo potrebbe essere il riconoscimento di DNR e LNR.

 

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