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14 novembre 2017

 

Cop23. Le CO2 aumentano, come pure il rischio di mancare gli obiettivi di Parigi

di C. Alessandro Mauceri

 

Mentre i leader globali sono riuniti a Bonn a discutere del surriscaldamento del pianeta a causa delle emissioni di CO2, oggi è stato pubblicato un rapporto dal titolo quanto mai chiarificatore: “Warning signs for stabilizing global CO2 emissions”.


Nel documento, che fa riferimento a una serie di rapporti del Global Carbon Project, un team di ricercatori presieduto da Rob Jackson della Stanford University ha dimostrato che, da due anni a questa parte, ovvero dopo gli accordi di Parigi tanto osannati, le emissioni di CO2 non sono diminuite. Anzi, nel 2017 hanno ripreso a salire. “Il risultato di quest’anno è scoraggiante, ma rimango speranzoso. Negli Usa le città, gli Stati e le imprese hanno assunto la leadership sull’efficienza energetica e sulle energie rinnovabili low-carbon, mentre il governo federale ha abdicato”, ha detto Jackson.


È vero che tra il 2014 e il 2016 le emissioni di CO2 non sono aumentate come ci si sarebbe potuto aspettare vista la crescita del prodotto interno lordo globale, per la prima volta i due dati non hanno mostrato variazioni proporzionali, ma è pur vero che in alcuni paesi esiste una concentrazione spaventosa delle emissioni di  CO2: il 20 per cento delle emissioni globali sarebbe causato da 22 paesi. Conseguenza della volontà dei vari paesi di non fare nulla di concreto: “Le emissioni globali di CO2 sembrano aumentare ancora una volta dopo un periodo stabile di tre anni. Ciò è molto deludente. Con le emissioni globali di CO2 delle attività antropiche stimate a 41 miliardi di tonnellate per il 2017, si sta esaurendo il tempo per la nostra possibilità di mantenere il riscaldamento ben al di sotto di 2 gradi C, per non parlare di 1,5 gradi”, ha detto Corinne Le Quéré dell’università dell’East Anglia, che fa parte del Global Carbon Project. Emissioni causate dall’uso sempre maggiore di combustibili fossili: in barba alle promesse fatte, infatti, il consumo di questi combustibili è aumentato del 2% su base annua, tantissimo.


“Questi dati sono una spinta ad agire ora. Garantire che le emissioni inizino a ridursi è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dagli Accordi di Parigi”, ha detto Luca Iacoboni, responsabile campagna energia e clima di Greenpeace Italia.
Nonostante le promesse e i “risultati” sbandierati ripetutamente dai media da due anni a questa parte, molti paesi, soprattutto quelli meno sviluppati, continuano a inquinare grazie al “ritardo” concesso loro per affrontare concretamente il problema. In Cina, nonostante le promesse durante il Congresso del Partito Comunista appena concluso, l’utilizzo del carbone è aumentato di circa il 3%, il consumo di petrolio del 5% e quello dei gas naturale di circa il 12%.


Ma anche nei paesi più “sviluppati” dove il problema delle emissioni di CO2 non è mai stato affrontato seriamente (basti pensare alle centrali a carbone che continuano a funzionare in tutta Europa; anzi alcune che avrebbero dovuto essere chiuse sono state riaperte e alle agevolazioni concesse a queste fonti energetiche. “L’Unione Europea, e l’Italia come Stato membro dell’Ue, devono fare di più, e il primo banco di prova sarà il pacchetto di misure denominato “Clean energy for all Europeans”, in discussione a Bruxelles” ha detto Iacoboni.


E mentre in Belgio si discute, la situazione continua a peggiorare anno dopo anno, mese dopo mese giorno dopo giorno. Lo dicono i numeri riferiti dalla Stanford: “Nel 2017, le emissioni globali da combustibili fossili raggiungeranno il record di 37 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, con le emissioni totali, compresa la deforestazione, che raggiungeranno raggiungendo il record di 41 miliardi di tonnellate. La concentrazione di anidride carbonica atmosferica nel 2016 ha raggiunto le 403 parti per milione e dovrebbe aumentare di 2,5 parti per milione nel 2017”.


E stando così le cose è fortemente improbabile che tra meno di due mesi, “nel 2018, le emissioni globali diminuiscano”. Peccato che, tra un pranzo di gala e una foto di gruppo, i leader mondiali riuniti in questi giorni a Bonn pare stiano parlando di un futuro lontano.

 

 

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