Scene di panico per il terremoto in Messico, giornalista scappa via dalla diretta del TG http://www.dire.it/ http://www.agoramagazine.it giovedì, 21 settembre 2017
Messico, testimonianza dall’inferno «Così ho scavato per salvare i bambini»
Alessandro Peregalli si stava preparando per andare all’Unam, l’Università di Città del Messico dove sta finendo il dottorato. Poi all’improvviso, racconta questo studente italiano, ha sentito le finestre della sua camera “sbattere forte anzi fortissimo”. Alessandro esce immediatamente insieme ai suoi coinquilini Dardo e Hector, si legge in un post pubblicato su Facebook: “Siamo schizzati in strada. Le case della via ondeggiavano, si aprivano e chiudevano a fisarmonica. Tutto il vicinato era in strada. Ho mandato immediatamente un messaggio vocale ai miei genitori, per avvertirli che c’è stato un terremoto, che riceveranno presto la notizia dai giornali, e che sto bene. Un messaggio identico lo avevo mandato la sera del 7 settembre, ma stavolta non si invia, non c’è linea. I cellulari non vanno, non va internet, è saltata l’elettricità in tutta la città”. Funziona però una radio, attorno alla quale si è radunato tutto il vicinato: è crollato un supermercato a Tasquena e la scuola in Division del Norte angolo con Calzada de las Brujas. “Abbiamo optato per la scuola: abbiamo recuperato cinque litri d’acqua, caschi da bici e mascherine e poi con un compagno del ‘barrio’ ci siamo avviati tutti insieme in taxi”. Le strade però erano tutte bloccate, i semafori non funzionavano ed era praticamente impossibile procedere. Alessandro ha deciso di continuare a piedi. Poi grazie a un passaggio in moto si è staccato dal gruppo ed è riuscito finalmente a raggiungere la scuola: “Sul posto non ho trovato la polizia, ma il popolo: donne, uomini, vecchi, bimbi. Ognuno faceva quel che poteva”. Anche il dottorando italiano ha iniziato a dare una mano: “Ho afferrato una pala e con tanti altri ho spalato come non ci fosse un domani le pietre del muro che continuava a crollare, mentre altra gente portava secchi, e poi ancora e ancora e ancora altri secchi. Sono stato distratto appena un secondo da una donna che urlava disperata, inconsolabile. Qualcuno mi ha detto che aveva un bimbo sotto le macerie. Non ho mai visto tanto dolore atroce sul volto di una persona”. Per fortuna, racconta Alessandro, “ogni tanto si sente un urlo di gioia: vuol dire che è stato salvato un bimbo”. Ma è il silenzio a questo punto, quello di cui c’è più bisogno: solo le voci dei bambini sotto le macerie sono importanti. Almeno 21 sono morti e Alessandro, che ha passato la notte intera per strada o negli ospedali a chiedere insulina e bombole d’ossigeno, ha rivisto solo questa mattina i suoi coinquilini Dardo e Herctor. “Hector mi ha raccontato come era andata la sua giornata alla scuola: ha tirato fuori una bimba dalle macerie, viva. Poco dopo però stavano tirando fuori un cadavere vicino a lui, non ha più retto ed è andato a dare una mano da un’altra parte”.
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