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14 Settembre 2017
Paz, un genio in fuga
di Massimo Marino
Correva il 1977. Lanno delle occupazioni delle universit,
della cacciata di Luciano Lama, il segretario della Cgil, dalla Sapienza di
Roma, poi dellassassinio di Francesco Lorusso e dellincendio di Bologna,
occupata militarmente dagli autoblindo di Kossiga
(cos si scriveva sui muri, con le s disegnate come quelle delle SS) a mettere
fine alla ribellione e a minacciare di seppellire sotto una pietra tombale, con
la benedizione del Partito Comunista Italiano, alcuni mesi di esperimenti
politici ed esistenziali. Correva laprile e su alter alter, rivista della Milano Libri collegata a
Linus, uscivano le tavole di un giovane disegnatore di San Severo che in
quella Bologna ribollente viveva e frequentava il Dams.
La storia si intitolava Le straordinarie avventure
di Pentothal, dal suo protagonista, e il suo
autore era Andrea Pazienza. Lui nel 1977 una specie di bomba H dellarte
contemporanea pronta a esplodere portandosi dietro un talento certo, grazie al
quale immette nella carta segni rimasticati in ogni dove, accompagnandoli con
una scrittura infantile e fascinosa, ebete e profonda.
Paz o della sovversione
Cos racconta quel debutto Stefano Cristante,
sociologo della comunicazione che ha dedicato vari studi agli eroi di carta, ai
protagonisti di quellarte minore che nella seconda parte del secolo passato
sempre di pi si connette con la vita metropolitana, dando rappresentazione ai
suoi miti e alle sue inquietudini. Lo fa in uno studio intitolato Andrea
Pazienza e larte del fuggiasco. La sovversione della letteratura grafica di un
genio del Novecento, pubblicato dalleditore Mimesis, un libro senza neppure unillustrazione, se si
eccettua il disegno di copertina.
Pazienza lo racconta, a partire da quel
1977, attraverso una descrizione approfondita delle opere, per riallacciare
alla fine del volume fili biografici e interpretativi, soffermandosi sulla sua formazione,
sulle sue collaborazioni con Scozzari, Tamburini,
Liberatore e altri disegnatori come lui di rottura in riviste quali
Cannibale, Il Male e Frigidaire; per arrivare a definirne la personalit
e larte attraverso la figura del genio in fuga – nel suo tempo, dal suo
tempo, oltre il suo tempo.
La scelta di non accompagnare il racconto con immagini, oltre
che per non ridurre a citazioni da antologia le creazioni di Paz, sembra
dettata dallammirazione per la sua capacit particolarissima e multiforme di
costruire storie. In Pentothal lunit
stilistica prescelta da Andrea il caos, lassoluto anarchico, il
tutto-ci-che-mi--possibile-rappresentare, in sintonia con i mesi creativi
del Movimento bolognese; vi si pu leggere il disgusto
per la politica e per gli stili di vita tradizionali, con in sovrappi
lirruenza, anche linguistica, dello studente fuorisede meridionale un po
goliardico. In opere successive le trame e le storie si fanno pi stringenti e
conseguenti, pur non rinunciando a ellissi, salti, folgorazioni. Cristante a proposito di Zanardi, un punto di arrivo, parla
di esattezza, nel senso in cui Italo Calvino usava questa parola nelle Lezioni
americane, e la dimostra citando varie sequenze, come quelle di Giallo
scolastico (1981) in cui il protagonista ruba una Polaroid, attraversando
come un fulmine varie vignette. Cristante
arriva infine allesplosione delle storie estreme, prima della morte a soli 32
anni, soprattutto con Gli ultimi giorni di Pompeo, un albo nerissimo,
desolatissimo, uno scivolare verso lannullamento e la morte, con le tavole
invase dal testo, in stampatello, in caratteri che sembrano voler registrare le
pulsioni, gli smarrimenti, i salti, gli incubi del personaggio attraverso il lettering.
Da
Zanardi, Giallo scolastico.
Il segno e la narrazione
Il libro viene presentato dalle note pubblicitarie su Facebook come in uscita per i 40 anni di Pentothal (e con una battuta famosa di
Paz: La pazienza ha un limite, Pazienza no). Ma possiamo notare che anticipa
di un anno la ricorrenza della morte del disegnatore, avvenuta nel 1988; e che si inserisce tra le celebrazioni, in corso, di quel 1977 e
quelle prossime del 1968. Furono nove anni di accelerazioni continue, come a
velocit forsennata corsero tra il 1977 e il 1988 la vita e larte del
fumettista. Lo ricordava cos in occasione della morte Pier Vittorio Tondelli:
Vorrei scrivere una specie di ballata per un amico che non pi, unode per
un artista che, al pari di tanti altri coetanei, si bruciato inseguendo
quella particolare follia che solo i grandi talenti conoscono, uno spreco di
energie e di vita che fatalmente accorcia i tempi dellesistenza, li dimezza,
li azzera (ora in Un weekend postmoderno).
Cristante non narra
solo le storie di Paz; cerca anche di farci vedere, continuamente, la genialit
del suo segno magmatico, che riciclava materiali da ogni dove. E ci riesce,
ripercorrendone lopera a partire dal flusso di
pensieri e immagini a grappolo, ispirati da Dada e dal 77 bolognese, di Pentothal, dove si ritrova limpegno a
uninformazione autoprodotta, un approccio che si misurava con quelli di altri
artisti, che convergevano nella creazione di una nuova espressivit,
minoritaria ma fluida e pervasiva, capace di inserirsi con fragore nella
plumbea stagione culturale delle istituzioni italiane. Erano tutte invenzioni
che si collegavano a un movimento collettivo e trovavano proprio nel fumetto
uno dei medium pi efficaci.
La storia di Paz continua con la manipolazione del Pippo disneyano, presentato come uno sballatone freak,
riportato alla normalit da Topolino per motivi di film da girare e di soldi; con
vari personaggi chiamati Francesco Stella: una rockstar del futuro; un tenente
della Seconda guerra mondiale che, in Africa, dopo aver preso in ostaggio col
suo carrarmato sfigato unintera guarnigione inglese, scopre dalle parti
dellAtlante una valle felice piena di hashish (in Aficionados); qualche
altra incarnazione con quel nome. Figure che materializzano levasione da una
vita di regole, il desiderio di fuga di una generazione assediata, logorata,
esausta di tutto e di tutti, annota Cristante citando Oscar Glioti.
A questo punto Paz non pi semplicemente il visionario
dissacratore di Pentothal, il flippato
talentuoso che d segno grafico ai fantasmi suoi e di una generazione. Il
talento fa quello che vuole, il genio fa quello che
pu, sentenziava Carmelo Bene. E quello che Andrea pu fare inventare e
deformare col suo personalissimo segno. Mentre Bologna esce dal 77 attraverso
la repressione, il ritorno a una vita catacombale, con leroina che dilaga e
condisce di morte la nuova musica tra punk demenziale e new wave,
tra i Gaznevada, gli Skiantos
e altre band, mentre Radio Alice, dopo la chiusura della polizia, a poco a poco
si spegne da sola, mentre le neoavanguardie depongono la sperimentazione e i plot tornano in auge, Andrea inventa storie e sturiellet, si fa – come sempre ci suggerisce Cristante – commediografo di un teatro di carta.
Muove con sempre maggiore abilit personaggi, trame che, per quanto dissennate,
colpiscono al cuore con limmagine, lintreccio, il montaggio, le parole che
rompono la gabbia del baloon, immettendo il
delirio sempre in un tessuto stringente e folgorante, dando forma di visione
sorprendente al disgusto e allo svacco, con una capacit unica di prendere alla
gola o alla pancia il lettore, facendolo crepare dalle risate o
dallansia.
Arrivano le tavole del giovane che fugge da San Severo occupata
dai comunisti e che si rifugia sul Gargano per iniziare una personale
resistenza partigiana, non dopo aver compilato un elenco grafico degli oggetti
necessari per la sussistenza e la lotta (non possono mancare un litro di olio
buono, una borsa Adidas, un fucile da sub, una doppietta). Arrivano le
vignette del presidente Pertini, Pert, e del suo luogosergente, Paz. Arriva il
prototipo del nuovo giovane nellet della fine dellimpegno politico, il
cinico, freddo, calcolatore, spietato fino al crimine Zanardi, un liceale
ancora una volta bolognese, dal profilo grifagno. E sono storie, storie, in
quel teatro di carta dei disgusti e delle invenzioni, pi vitale del teatro con
le poltrone e i velluti che torna di moda e dei
teatrini della politica dellepoca del Caf (Craxi-Andreotti-Forlani).
Da
Partigiano sul Gargano.
Vite parallele
Cristante, nel
capitolo su Pompeo, ci fornisce una traccia interessante da approfondire.
Ricorda come lartista fosse affascinato dalla declamazione di Carmelo Bene,
dalla sua phon, dispiegata in un disco che
ascoltava e riascoltava. Paz provava a rendere con le dimensioni del maiuscolo,
con linclinazione, il tremolio, lo spessore delle lettere del fumetto, il
ritmo avvolgente del grande attore che spezzava, frullava, ingolava,
ruggiva, martellava, esplodeva le parole di poesie di Majakovskij, Pasternak, Blok, Esenin. Carmelo riappare in
una tavola con Manfred intabarrato che ripete ma io so fare ci che pi
aborro (Manfred, poema drammatico di Byron con le musiche di Schumann, fu
tradotto e messo in scena dallattore salentino alla Scala nel 1978); ma
soprattutto nei versi di Pasternak per il suicidio di Majakovskij inseriti, con
altri brani letterari, nella discesa verso loscuro di Pompeo. La suggestione
fornita dallo studio di Cristante sullamore
dellultimo Paz per la voce orchestra della macchina
attoriale Carmelo Bene fa germinare lidea, forse non peregrina, che si
possano scrivere le vite parallele dellattore demiurgo e del creatore
espressionista di deformati mondi grafici tangenti la realt, due figure
segnate da genio e sregolatezza distanti una, determinante, generazione (quella
pre-68 e quella post 77).
Il periodo della bohme Pentothal
si potrebbe ipotizzare simile a quello delle provocazioni degli anni delle
cantine romane del primo Bene, quando disfaceva i
testi e li ricomponeva in azioni spesso simili a provocatori happening, che
volevano snidare la rappresentazione con lurgenza di esserci, che
volevano spaccare letteratura e teatro con la vita. Il momento del
commediografo di un teatro di carta corrisponderebbe a quello in cui Carmelo
torna nei grandi teatri a togliere di scena i testi, quelli propri e i
classici, rivisitati, negati, rifatti, rovesciati, cortocircuitati, da Nostra
Signora dei Turchi (1973) e da La cena delle beffe (1974) a Macbeth
Horror Suite (1996), ad Adelchi (1997), allennesima versione di Pinocchio
(1998). E poi cՏ la phon di Pompeo, il
vibrare di sguardi perduti, derisori, distanti, dal basso in alto o dallalto
in basso del giovane circondato da teschi e da parole, parole, parole,
letterarie e di vita straziata, diversamente scritte, segnate, avvilite,
giganti, palpitanti...
E per queste vite parallele dovrebbero segnalare come la
vicenda di Bene, lartefice che si lascia andare al proprio genio in cerca di insopprimibile presenza teatrale, si svolge in un arco di
tempo che va dalla fine degli anni 50 alle soglie del nuovo millennio. Mentre
in Paz tutto concentrato, accelerato, in poco pi di dieci anni.
Da
Gli ultimi giorni di Pompeo.
Accelerazione e fughe
Laccelerazione la figura che domina questa figura
proteica di artista che visse la cultura dei piccoli gruppi e delle ribellioni
di massa, che si rinchiuse nellindividualismo, nello sballo, nel narcisismo.
La stessa accelerazione di quegli anni tra il 68 e il 78-80,
il precipitare dalla contestazione globale al rifiuto della politica alla lotta
armata al riflusso nelle vite private e nella spettacolarit anni 80. Pazienza
affront quei tempi vivendo intensamente quello che accadeva
a Bologna, luniversit, le ribellioni, la vita dei gruppi degli appartamenti
che si riversava poi nelle piazze perch il privato pubblico; e poi
Radio Alice, la Traumfabrik, ossia la casa occupata
dove incontr Scozzari, i Gaznevada,
leroina. Lo fece ridendo e cazzeggiando molto, come racconta Scozzari in Prima
pagare, poi ricordare, spandendo genialit in disegni che venivano fuori
con mozartiana leggerezza, come ha notato Milo Manara. Lo fece anche
ritraendosi in un proprio mondo di solitudine e di incubi,
fuggendo poi da Bologna, da una citt in cui, quando era arrivata la fama,
erano iniziati i mugugni per come usava la vita propria e quella degli altri
nelle sue storie disegnate.
Scriveva ancora Tondelli: Andrea riconduceva qualsiasi stimolo
esterno – loccupazione della facolt, gli scontri con la polizia, o la
tesina allesame di italiano – alla sua arte,
cio a quello che era il suo modo di vivere, lunico che, come ogni grande
talento, conoscesse: quello della propria ispirazione. Andrea non trov quindi
la propria vocazione con i fatti del 1977, ma seppe, in quelloccasione storica () piegarla alla propria sensibilit. E
qui cita Oreste Del Buono, lo scopritore di Paz: La Bologna che fa da sfondo
alle Straordinarie avventure di Pentothal
non una Bologna fantastica, ma una Bologna storica fantasticamente
immaginata da Andrea Pazienza prima che la storia accadesse, mentre la storia si avviava a essere.
Da Le
straordinarie avventure di Pentothal.
La vicenda del giovane Pazienza Andrea un continuo errare,
essere nomadi, come quella generazione raccontata dalle immagini di un libro
di qualche anno fa di Enrico Scuro, I ragazzi del
77. Una storia condivisa su Facebook
(Baskerville, 2012), con qualcosa in pi, con il proprio genio incorporato.
Qui il virgolettato ancora dal libro di Cristante,
che fa di Paz un personaggio mercuriale, che prende, macina, trasforma, scappa
sempre altrove, in unepoca di metamorfosi, affrontate dietro lo schermo
protettivo del narcisismo dartista, una maschera che si sarebbe trasformata,
negli anni pi vicini a noi, in narcisismo di massa, per sopravvivere allo
svuotamento e alla disperazione. Una turbo-giovinezza di un autore che si
definiva, alla Pessoa, una moltitudine. Che scriveva, nel Partigiano:
Ah! Ah! Vorrei Ecco Avere qualcosa da fare, qualcuno da aspettare
Vorrei aspettare un vento, un vento forte, s, un
vento. Qualcosa che non sia la solita puttanata.
Pompeo, in cerca continuamente di eroina, affascinato dalla Nera
Signora sua sodale che un altro personaggio di una storia di Paz, Campofame, avrebbe sgominato, annientato, lasciando
i viventi in un limbo impossibile dove non si muore pi, dove si condannati a
vivere, Pompeo lo dice chiaramente: Lalternativa
la birreria, il lavoro, il risparmio, il normale sfaldarsi del corpo, lo
studio, lamor cerca (non si leggono bene queste parole nel baloon, forse stanno per lamorosa ricerca, nda), lo scemo naturale, il simpatico, lantipatica,
due + due fa quattro, sveglia alle otto, viaggi, incidenti in pullman, Milano,
cene daffari, e non valgono quei personaggi pi di quellaltri, mutuati della
felicit. Palle anche l, palle peggiori qua. Vuoi mettere risorgere, risorgere, risorgere, risorgere Vuoi
mettere risorgere, risorgere, RISORGERE, RISORGERE, con quelle parole finali
scritte in stampatello pi grande, a raccontare unespansione sonora della
mente, alla Bene. La realt malata, leroina (ancora Cristante) pu essere un lenitivo? Vivo sulla lama, mi com/muovo nei bassifondi, parlo
coi ricercati dallo Stato, brigo, mi procuro e dilapido milioni, poi, rischio,
mi struggo, mi umilio, mi arrendo, poi mi faccio, e tutto torna bello, pi
splendente di prima, dice Pompeo nella tavola 63. E, pi avanti, come il no-future
now dei Sex Pistols:
Un futuro Puah, mi affatica il solo pensiero.
Ancora Tondelli: questo che la morte di Andrea mi mette
davanti, spietatamente; il lato negativo di una cultura e di una generazione
che non ha mai, realmente, creduto a niente, se non nella propria dannazione. Il
dolore e la maschera. Di una generazione allegra e sconfitta, fuggitiva, verso
dove non si sa. Bisognosa di vita, di affetti, di specchi
caldi, da qualche parte, in qualche altrove disperatamente cercato. Dopo
verr la normalit, per i sopravvissuti.
Da Gli ultimi giorni di
Pompeo.
Il graffio vivo
Cristante ha la
consapevolezza di stare facendo unopera relativamente nuova, con questo
sguardo complessivo, analitico, unevasione dagli approcci per lo pi
semplicemente biografici o aneddotici e dagli articoli dal taglio giornalistico
finora accumulati su Pazienza e sui disegnatori a lui vicini. La scelta di
raccontare senza immagini funziona, perch ti fa figurare il mondo dellartista
e ti spinge a tornare a guardare le tavole, a leggere o a rileggere le storie
integrali. E allora shock, shock visivo, emozionale,
di rara potenza. E non puoi che concordare con il saggista: Andrea era un
concentrato di intensit e di energia creatrice,
capace di assimilare uno stimolo alla velocit della luce e di trasformarlo in
un segno prorompente, come in un perenne e sorprendente fuoco dartificio
visivo e mentale.
E ancora, sullimpresa di studiare
Pazienza: Un singolo artista, per quanto grande, non riuscir mai a dire la
propria epoca per intero, ma nemmeno lepoca in cui vissuto un grande artista
potr contenerlo. Perci la ricerca continua, perch gli sguardi su
unopera e su un artista sono necessari da prospettive diverse, per trovare
indizi capaci di fare luce su una storia dellintensificazione narrativa che
parte estrema e vitale dellimmaginario collettivo da vari decenni.
Perch il segno pop, raffinatissimo, cannibalico e personale in
modo assoluto di Paz, che riusciva perfettamente a tradurre in velocit
limmaginazione, quel segno, pur saldamente infitto in anni della nostra storia
che sembrano ormai lontani, ancora graffio vivo e bruciante.