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15 ottobre 201

 

Attentato al Safari Hotel di Mogadiscio, i morti superano le 300 persone

di Guido Keller

 

Continua ad aggravarsi il bilancio dell’attentato terroristico avvenuto ieri presso il Safari Hotel di Mogadiscio, in Somalia, che crollando ha investito ospiti, personale e passanti. Le ultime informazioni parlano di oltre 300 morti e 350 feriti, ma il bilancio resta ancora provvisorio. Nell’area si trovano anche edifici governativi ed altre strutture ricettive, e poco dopo il fatto vi è stata una seconda esplosione nel distretto della Medina.
La dinamica ha visto un mezzo esplodere davanti all’hotel mentre era inseguito dalla polizia in quanto sospetto, ma nulla esclude che potrebbe essere stato proprio quell’edificio ad essere obiettivo dei terroristi: per quanto ancora non vi siano state rivendicazioni, il sospetto è che l’attacco sia stato compiuto dagli al-Shabbab, ed è lunga la catena degli hotel colpiti dall’organizzazione terroristica. Il 15 giugno è stato colpito un ristorante (31 morti); il 27 gennaio i miliziani di al-Shabaab hanno preso di mira l’hotel Dayah della capitale, che normalmente ospita diplomatici, funzionari governativi e parlamentari (15 morti); il 26 agosto 2016 era stato attaccato al Banadir Beach un ristorante (10 morti), il 25 giungo l’hotel Nasa-Hablod (15 morti), il 1 giugno l’hotel Ambassador (15 morti), il 2 gennaio il The Village (2 morti); il 3 novembre 2015 era stato colpito l’hotel Sahafi (13 morti) , il 26 luglio dello stesso anno il Jazeera Palace (13 morti), il 10 luglio gli hotel Wehliya e Sayidka (10 morti), il 28 marzo del 2015 l’hotel La Mecca, in cui è rimasto ucciso l’ambasciatore all’Onu con altre 15 persone.
Gli al-Shabaab somali, in precedenza affiliati ad al-Qaeda ed oggi all’Isis, hanno controllato fino a non molto fa buona parte della Somalia centromeridionale per poi essere spinti sempre più a sud dalle forze dell’Amisom, missione formata da Burundi, Etiopia, Gibuti, Ghana, Sierra Leone, Kenya, Uganda e Nigeria e supportata dai droni Usa che partono dalla base Gibuti. In particolare il Kenya opera con l’aviazione, truppe di terra e con la marina, il cui intervento è stato essenziale per la liberazione di Chisimaio nel 2012.
Perso buona parte del territorio, i jihadisti si sono dati alla guerriglia ed agli atti di terrorismo, ed è lunga la lista degli attentati che hanno preso di mira anche basi militari ed edifici pubblici nonché obiettivi in Kenya, come campus universitari, autobus di linea e centri commerciali.
Tre giorni fa per una querelle interna al governo si sono dimessi il ministro della Difesa Abdirashid Abdullahi Mohamed e del capo delle forze armate, il generale Ahmed Jimale Irfid.

 

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