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08 maggio 2017
82 Ragazze liberate Da Boko Haram, ma il silenzio sulle altre cento uccide più dei jihadisti
di Mauro Leonardi
82 ragazze sono state liberate in Nigeria dal regime di Boko Haram. Ma oltre cento delle 276 rapite nell'aprile 2014 sono ancora in mano ai terroristi.
La splendida notizia è che ottantadue ragazze sono state liberate in Nigeria dal crudele regime di Boko Haram: che oltre cento delle 276 rapite nell'aprile del 2014 restino ancora in mano dei terroristi, è quella pessima.
Anche quelle liberate ieri raccontano un'esperienza terribile. Non lo dicono solo le loro parole: lo dicono soprattutto i loro corpi. Tutti magrissimi, parecchi feriti e addirittura mutilati. Qualcuna delle studentesse torna a casa con un bambino figlio della violenza carnale e della fede: perché la maggior parte di loro, cattoliche, è stata costretta a sposare i miliziani di Boko Haram e la violenza carnale faceva parte del processo di "conversione".
Le ragazze erano state rapite a Chibok nel nord del paese: 57 riuscirono a scappare dopo poche ore ma il resto rimase nelle mani del gruppo qaedista. A maggio di un anno fa era stata ritrovata Amina Ali mentre vagava nella foresta con la bimba avuta durante la prigionia. Poi, nell'ottobre scorso, altre 21 studentesse erano state rilasciate in seguito a uno scambio con quattro guerriglieri di Boko Haram e con la mediazione della Croce rossa. Altre tre vennero trovate in seguito, portando a 195 il numero di quelle ancora nelle mani di questi fanatici alleati dell'Isis ora sceso ora a 113: anche quest'ultimo rilascio sarebbe avvenuto grazie ad uno scambio di prigionieri.
Un paio di mesi fa una delle studentesse liberate aveva rilasciato un'intervista, terribile non solo per ciò che ci si può immaginare ma perché diceva che il loro rapimento era una punizione "per l'unica colpa di voler studiare".
Sa'a, questo il nome della ragazza intervistata, si era decisa a raccontare perché il grandissimo rischio che corrono le sue amiche è quello di essere dimenticate. Ripetiamolo: delle 276 studentesse cattoliche rapite tre anni fa, un centinaio sono ancora nelle mani di questi fanatici musulmani e dopo tutto quello che hanno subito il grande rischio che corrono è quello di essere dimenticate. Perché in Nigeria la vicenda di queste ragazze non occupa quasi mai le prime pagine dei giornali, al punto che i cittadini "medi" spesso sanno a mala pena chi sia Boko Haram. Che non è una persona, un individuo, ma un'organizzazione jihadista sunnita alleata dello stato islamico.
Se non sanno cosa è Boko Haram, come possono immaginare cosa patiscono le donne che sono loro ostaggio? Il silenzio è dovuto al fatto che lo stato è debole e Boko Haram è forte: il silenzio cioè è dovuto alla paura. Se si fa mente locale sulle liberazioni avvenute finora, infatti, ci si accorge che nessuna di essa è avvenuta perché hanno vinto la giustizia o la legalità. A parte qualche caso di eroismo isolato, ci si è dovuti piegare al vile patto dello scambio e del patteggiamento: ragazze in cambio della liberazione di prigionieri fanatici, violenti e sanguinari.
Mai come in questa occasione quotidiani, televisioni, hashtag e social possono servire per salvare vite umane. Parrà strano, ma questa volta leggere un articolo come questo, condividerlo e parlarne non è questione di like e di pubblicità ma è questione di far crescere la possibilità che vengano liberate delle donne, che venga ascoltato il grido di prigioniere il cui dolore non ha voce.
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sabato 6 maggio 2017
Liberate 82 studentesse rapite da Boko Haram nella scuola di Chibok
Almeno 82 delle 276 studentesse della scuola di Chibok, in Nigeria, rapite dal gruppo jihadista di Boko Haram, sono state liberate al termine di negoziati tra i loro sequestratori e il governo
Almeno 82 delle 276 studentesse della scuola di Chibok, in Nigeria, rapite dal gruppo jihadista nigeriano di Boko Haram, sono state liberate al termine di negoziati tra i loro sequestratori e il governo federale di Abuja. Lo hanno riferito nella tarda serata di sabato fonti governative e dei servizi di sicurezza.
Le ragazze, riferisce il sito Sahara Repor, si trovano al momento nella città di Banki sempre nello stato nord-orientale di Borno, roccaforte di Boko Haram. Saranno trasferite in un luogo sicuro e interrogate dalla polizia prima di essere riconsegnate alle loro famiglie.
Quando avvenne il rapimento delle studentesse nigeriane a Chibok?
Il sequestro avvenne il 14 aprile 2014 e per mesi attirò l'attenzione di tutto il mondo salvo poi scomparire quasi del tutto dai principali riflettori: venne lanciata una campagna a lungo virale su twitter, #bringbackourgirls. La loro operazione provocò una campagna politica e militare a livello internazionale destinata a ritrovare le giovani vittime il prima possibile.
«Fuori dalla Nigeria, le ragazze di Chibok si sono trasformate nel simbolo del conflitto in corso contro Boko Haram – aveva spiegato ad Avvenire Sola Tayo, membro dell’istituto di ricerca londinese, Chatham House –. La rabbia globale generata dal sequestro ha aumentato il valore che esse rappresentano per i ribelli». Durante la prigionia, le ragazze sono state costrette a sostenere l’insurrezione, sposandosi con dei miliziani o commettendo attentati, spesso suicidi, contro le autorità locali e la popolazione.
L'ultimo rilascio era stato a ottobre 2016: sedici di loro erano state liberate, ma circa 195 delle studentesse erano ancora nelle mani di Boko Haram lo scorso 12 gennaio 2017 quando il presidente nigeriano, Muhammadu Buhari, era intervenuto alla commemorazione dei mille giorni dal sequestro di massa di Chibok, località nel remoto nord-est della Nigeria.
Nello stesso giorno della liberazione Boldrini a Benin City
La notizia è arrivata nello stesso in cui la presidente della Camera, Laura Boldrini era in visita a Benin City in Nigeria. Boldrini ha partecipato alla cerimonia di inaugurazione del centro di formazione professionale gestito dalla Missione Salesiana con finanziamenti dall’Italia e dall’Unione Europea e ha fatto visita al centro del Naptip, un’agenzia federale che si occupa di assistenza e recupero delle ragazze vittime della tratta.
«Nessuno si permetta di criticare le ragazze che sono le prime vittime: abbiamo tutti il dovere morale, politico e istituzionale di aiutarle». «Bisogna conoscere le dinamiche interne dei Paesi africani; è la scarsa conoscenza dei problemi che genera il sospetto e il timore», ha affermato la presidente della Camera.
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