Il Manifesto

http://nena-news.it/

22 nov 2017

 

Morti per il pane, dopo la tragedia 

il Marocco si interroga

di Chiara Cruciati

 

A tre giorni dalla morte di 15 donne nella calca di Sidi Boulaalam, stampa e politica tentano di individuare le cause: mancata regolamentazione delle attività benefiche, errori delle autorità locali. Ma manca un’analisi a monte: la povertà delle zone rurali e le politiche di marginalizzazione del governo di Rabat

 

AGGIORNAMENTO 22 novembre 2017 ore 10 

A tre giorni dalla morte di 15 donne nella calca di Sidi Boulaalam, dove un migliaio di persone si era ritrovata per la distribuzione di cibo e farina, il Marocco si interroga sulle cause. Nella stampa analisti e giornalisti discutono delle modalità di distribuzione, degli errori delle autorità e di quelli delle organizzazioni caritatevoli, tralasciando però le cause a monte: la povertà delle zone rurali e la disperazione di molte famiglie, marginalizzate dalle scelte economiche del governo.

 

Secondo quanto riporta il giornale al Massae, ripreso da Agenzia Nova, l’organizzazione che stava distribuendo aiuti alimentari non aveva le autorizzazioni necessarie. Una realtà che coinvolge diverse associazioni, per lo più islamiche, che operano senza licenza. Allo stesso tempo le autorità locali della provincia di Essaouira non hanno saputo gestire la grande folla e vengono accusate di aver trasformato le barriere di divisione in una trappola. Interviene anche la politica: ieri una serie di interrogazioni sono state presentate alla Camera e alcuni deputati hanno chiesto una maggiore supervisione delle attività caritatevoli. Il Partito autenticità e modernità (Pam) si è spinto oltre, chiedendo le dimissioni del governo e la distinzione tra beneficenza e attività religiose (l’organizzazione in questione è finanziata da un imam locale).

 

 

Roma, 22 novembre 2017, Nena News –

 

Una folla di un migliaio di persone, aiuti alimentari, siccità, povertà: la ricetta per la tragedia. Sono 15 i morti e 5 i feriti nella cittadina marocchina di Sidi Boulaalam, provincia costiera di Essaouira: domenica un’associazione benefica, finanziata da un magnate del posto, stava distribuendo cibo alla comunità duramente colpita dalla siccità e dal crollo della produzione agricola.

Un’iniziativa che si svolge ogni anno ma che stavolta, per il crescente impoverimento degli 8mila residenti, ha attirato un numero maggiore di famiglie. Circa un migliaio di persone si è accalcato intorno ai banchetti che distribuivano pane, farina e grano, nel suq della cittadina, luogo già di per sé affollato, schiacciando centinaia di persone contro le transenne. E il bilancio è impietoso: tra le 15 vittime ci sono soprattutto donne e anziani.

La tragedia è risuonata a Rabat dove re Mohammed VI ha annunciato la copertura delle spese dei funerali e delle cure dei feriti. Ma risuona soprattutto perché è sintomo di una crisi profonda che le proteste del 2011 svelarono al mondo e che continua ad inghiottire le classi medio-basse marocchine, strangolate da disoccupazione, miseria e carenza di investimenti, tutti concentrati nelle grandi città.

A peggiorare la situazione sono le politiche economiche di Rabat, il congelamento delle assunzioni nel pubblico, il taglio dei sussidi alle classi povere, i mancati interventi per ridurre la disoccupazione giovanile (29,3%, un tasso che non di rado ha spinto tra le braccia jihadiste i giovani marocchini), la corruzione strutturale.

«L’immagine (della calca, ndr) racconta della precarietà in cui vive la gente», dice al Nyt l’economista Mehdi Lahlou. «Una vergogna che la gente muoia per un po’ di cibo – gli fa eco Omar Arbib dell’Associazione per i diritti umani – Il governo ne è responsabile. Non parliamo neppure più di diritti umani, ma delle necessità fondamentali del popolo».

Una realtà fattuale che smentisce i dati delle istituzioni internazionali che insistono nel dipingere il Marocco come uno dei paesi economicamente e politicamente più stabili. La Banca Mondiale è ferma a un tasso di povertà del 4,8% nel 2014, senza però fare distinzioni tra le zone rurali che vivono di agricoltura e pastorizia (fisicamente divise dal resto del paese dall’assenza di infrastrutture) e i più ricchi agglomerati urbani, meta del turismo internazionale e sede delle industrie elettroniche, aeronautiche e di lavorazione delle risorse naturali. A Sidi Boulaalam, come nel resto delle aree rurali del paese, il 20% della popolazione vive con 2-3 dollari al giorno.

Un anno fa furono le proteste nella regione del Rif a ribadire le perduranti contraddizioni del paese. Oggi le manifestazioni sono svanite (le poche che vengono tentate sono soffocate a priori dalla polizia: a fine ottobre il sit in per commemorare la morte del giovane ambulante Mouhcine Fikri sono state vietate) ma il peso su Rabat resta.

Prova a metterci una pezza il monarca, preoccupato dalle costanti, sebbene limitate, proteste che scuotono Casablanca e Rabat come il Rif. Tra ottobre e novembre ha licenziato i ministri di educazione, sanità, edilizia e acqua per la mancata realizzazione del piano di investimenti del 2015 (670 milioni di dollari) per incrementare servizi pubblici e infrastrutture nel Rif.

Ma la repressione ha comunque decapitato il Movimento Popolare, nato a seguito della morte di Fikri: due settimane fa la corte di al-Hoceima ha condannato a 20 anni due manifestanti e a pene da uno a 5 anni altri quattro. E resta in prigione il leader del Movimento, Nasser Zefzaki, accusato di attentato alla sicurezza dello Stato con altri 53 imputati.

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Middle East Eye

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24 nov 2017

 

La calca mortale per il cibo 

svela la povertà nascosta del Marocco

di Aida Alami

 

Un anno dopo la morte di un venditore ambulante di pesce, l’uccisione di 15 donne in fila per aiuti alimentari riaccende le critiche e le preoccupazioni per le condizioni disperate della popolazione

 

Marrakesh, 24 novembre 2017, Nena News –

 

Hanno cominciato a riunirsi alle 2 del mattino di domenica scorsa, in fila per olio, zucchero e farina che un imam locale e la sua associazione avrebbero distribuito nel mercato di Sidi Boulaalam, un villaggio vicino alla città costiera di Essaouira.

Più tardi, in mattinata, quando il gruppo ha iniziato a distribuire il cibo gratuito, la folla che si era radunata è diventata improvvisamente violenta e si è trasformata in una calca. Quindici donne sono morte, mentre l’imam e gli altri guardavano la scena.

“La principale preoccupazione di chi gestiva la distribuzione era filmarla – dice una donna citata dai media locali – La gente chiedeva agli organizzatori di intervenire per aiutare le vittime, ma non hanno dato attenzione alle richieste e hanno continuato a filmare”.

La polizia sta investigando sui motivi esatti che hanno provocato la calca in questa città turistica, nota per l’olio di Argan, un ingrediente ampiamente usato nei prodotti di bellezza. Finora hanno fermato e poi rilasciato l’imam, Abdelkbir El Hadidi, una personalità nota con un significativo seguito su internet. Molti osservatori, però, ritengono che concentrarsi sulla distribuzione di cibo porta ad ignorare le condizioni disperate della gente, che ha condotto a quelle morti.

“Stanno cercando dei colpevoli per soddisfare l’opinione pubblica”, spiega Fouad Abdelmoumni, economista e attivista, detenuto sotto Hassan II, il padre dell’attuale monarca.

Alcuni hanno collegato le morti al più generale scontento dovuto alla povertà, le violazioni dei diritti umani e i mega progetti infrastrutturali in cui il governo si è imbarcato dalla primavera araba. Secondo la Banca Mondiale, il Marocco ha sradicato la povertà estrema in cui molti dei suoi cittadini vivevano da generazioni. Ma se il tasso di povertà ufficiale nel 2014 era inferiore al 5% – i dati più recenti a disposizione – almeno il 16% dei 35 milioni di abitanti del paese vive con soli 3 dollari al giorno, secondo la Banca Mondiale. La disoccupazione è al 10%, dicono le statistiche del governo, ma è molto più alta tra i giovani. Un terzo della popolazione non sa ancora né leggere né scrivere.

Povertà nascosta

Negli ultimi anni, il Marocco è passato attraverso un rapido ma irregolare sviluppo. Grandi progetti infrastrutturali sono diventati la forza trainante dell’economia. Un porto commerciale enorme – il Tanger Med – ha aperto a Tangeri nel 2007. Treni veloci francesi sono stati acquistati per collegare Casablanca a Tangeri e sono stati costruiti aeroporti, autostrade e stazioni dei treni.

Mentre i finanziatori internazionali sollevano dubbi sul deficit del Marocco, che si gonfia, e sul debito, la maggior parte della popolazione, in particolare i giovani, lamentano di non aver visto nascere conseguenti opportunità economiche. Invece di incoraggiare un’economia che crea occupazione, le riforme economiche marocchine hanno costretto la gente ad affidarsi alla beneficenza, dice Abdelmoumni.

“Questo è lo scandalo politico di uno Stato che non ha mai voluto affrontare il problema della produzione di ricchezza e della sua distribuzione – aggiunge – Nascondiamo la povertà bene, ma spesso si manifesta in modo mostruoso come in questo caso (la calca di Sidi Boulaalam, ndt). Il Marocco non è ricco ma nemmeno abbastanza povero. È una vergogna”.

Dal 2011 anche il panorama politico è cambiato. Quando le rivoluzioni facevano cadere i governi negli altri paesi della regione, re Mohammed VI ha apportato modifiche costituzionali che rispondevano alle richieste della piazza di maggiore democrazia e uguaglianza sociale.

Quell’anno il partito islamista Giustizia e Sviluppo (Pjd) ha vinto le elezioni e Abdelilah Benkirane è stato nominato primo ministro. Il partito ha vinto di nuovo le elezioni nel 2016 ma la corte reale ha provocato uno stallo politico incoraggiando gli altri partiti a rifiutare di formare una coalizione con Benkirane. Alla fine, il re ha rimosso Benkirane e nominato Saadeddine Othmani, anche lui del Pjd, come capo del governo.

Secondo Vish Sakthivel, ricercatrice al programma sul Medio Oriente del Foreign Policy Research Institute ed esperta di Islam politico in Marocco, il Pjd dal 2011 ha fatto gli interessi della corte reale (nota come Makhzen), facendo crollare il consenso popolare verso Othmani.

“La mossa della Makhzen di indebolire il Pjd mettendo all’angolo il suo focoso leader potrebbe rivoltarglisi contro – spiega – Othmani non ha lo stesso carisma tra gli altri membri del partito e tra la popolazione che, sebbene non si identifichi nel Pjd, lo vota con numeri sempre maggiori”.

Le autorità marocchine sono inoltre consapevoli delle tensioni che ribollono nella regione montagnosa del Rif, dove i berberi hanno a lungo sfidato la monarchia.

Un anno dopo Mohsine Fikri

Lo scorso anno un venditore di pesce del Rif, Mohsine Fikri, fu ucciso mentre cercava di recuperare la sua merce – un pesce spada pescato illegalmente – che la polizia aveva gettato in un compattatore di rifiuto. Per molte persone la sua morte ha simbolizzato la corruzione dello Stato e la persecuzione delle comunità più emarginate. Mesi di proteste sono seguiti all’incidente, affrontati con arresti di massa e repressione.

In molti hanno temuto una rivoluzione di ampia scala in una regione che in tempi coloniali ha affrontato le forze spagnoli e francesi e si è ribellata nel 1956 poco dopo l’indipendenza del Marocco dalla Francia.

Centinaia di manifestanti restano in prigione in attesa del processo. Altri sono stati condannati a pene che vanno da mesi ad anni. Il leader della protesta, Nasser Zefzaki, è in isolamento con altri leader del Movimento Popolare, Hirak al-Shaabi. Anche dei giornalisti sono stati perseguiti per aver raccontato le loro attività.

“Per essere realisti, uno Stato non può semplicemente rilasciare dei prigionieri e rischiare di farne degli eroi – dice Mounir Yaacoubi, 36 anni, un membro di Hirak al-Shaabi arrestato per poche ore lo scorso luglio durante una protesta – Molti di noi sono in prigione ma la vita deve andare avanti. Ma come si può vedere, siamo tutti tristi. La città di al-Hoceima è triste”.

Le proteste sono scoppiate anche in altre parti del Marocco a causa della mancanza d’acqua. Economisti ed esperti ritengono che, se la pioggia non arriverà prima di metà dicembre, il paese andrà incontro ad una crisi politica.

“La gente e le donne in particolare sono privare dei propri diritti. Dall’acqua all’accesso alla sanità e all’educazione – spiega Mohammed Anaflius, membro di Marakkesh dell’Associazione marocchina per i Diritti Umani – Quello che ci interessa è la situazione creata da questo incidente. Lo Stato sta fallendo con i propri cittadini”.

Mohammed Masbah, analista e ricercatore associato alla Chatman House, spiega: “Le possibilità di disordini sono molto più probabili a causa dei problemi di acqua e disoccupazione. Questo è un segnale: i problemi strutturali non sono stati ancora affrontati”.

In risposta alla sollevazione, ad ottobre il re ha individuato nell’élite governativa la responsabile della cattiva gestione delle risorse del paese, dicendo che gli investimenti pubblici dovrebbero aiutare le masse. Poco dopo il discorso, ha licenziato vari ministri, compresi quelli della Sanità e dell’Educazione, ma molti osservatori dubitano che questa mossa possa essere d’aiuto.

Pochi in Marocco si sorprendono per la calca. Altri incidenti simili sono probabili, avverte Anaflius: “Quello che è successo non è eccezionale. Questo tipo di distribuzioni sono comuni”.

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