Al-Hayat

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05/09/2016

 

Erdogan e il ritorno dei rifugiati in Siria

di Jihad al-Khazen

giornalista ed editorialista libanese del giornale panarabo Al-Hayat

Traduzione e sintesi di Antonia Cascone.

 

Forse mi sbaglierò, o meglio, spero di sbagliarmi, ma sono persuaso che il “sultano” Recep Tayyip Erdogan ha intenzione di sgomberare una zona nel nord della Siria, al confine con la Turchia, per farvi ritornare i rifugiati siriani residenti in Turchia, di cui la maggior parte sono al sud, vicino ai confini con il proprio Paese.

La Turchia è in conflitto politico e militare con gli Stati Uniti, e la visita e le trattative con il vicepresidente Joe Biden non hanno portato a nulla. Il governo americano ha condannato gli attacchi dell’esercito turco contro gli alleati delle forze democratiche siriane e le Unità di Protezione del Popolo curde. Il governo turco ha convocato l’ambasciatore americano ad Ankara per protestare, definendo questa condanna “inaccettabile”.

Anche la Russia ha chiesto alla Turchia di rinunciare ad attaccare le forze di opposizione locali e i curdi, ma il primo ministro turco Binali Yildirim ha dichiarato che le operazioni militari continueranno fino a che il terrorismo non sarà debellato e ha aggiunto che l’obiettivo delle forze turche è quello di garantire la protezione dei cittadini nelle zone di confine.

L’accordo tra Turchia e Unione Europea per fermare il flusso dei profughi, attualmente, è quanto mai aleatorio e, mentre la leadership europea accusa la Turchia di violare i diritti umani, la Turchia chiede che l’Europa abolisca le restrizioni sui visti per i cittadini turchi. Il cancelliere austriaco Christian Kern ha affermato che la Turchia si sta inesorabilmente avviando verso una dittatura e il governo turco ha reagito ritirando il proprio ambasciatore da Vienna, col pretesto di “negoziare” con lui.

Dopo Stati Uniti, Russia ed Europa, anche Damasco si è opposta alle le operazioni dei turchi e ha affermato che il governo turco deve coordinarsi con quello siriano e con il suo esercito.

Nel frattempo, le Nazioni Unite accusano il regime siriano di aver tentato di sgomberare città e villaggi dalla propria gente: ha fatto riferimento a Daria, a 30 km da Damasco, abbandonata da 4.000 cittadini, a Muadhamiya al-Sham, sotto assedio da tre anni, e ad altre città e villaggi svuotatesi dagli abitanti. La guerra civile siriana continua ormai da sei anni e ci sono 13 milioni di sfollati, di cui sette milioni all’interno del Paese e circa sei all’estero: due milioni e mezzo in Turchia, più di un milione in Libano, e circa un milione in Giordania, che ha anche accettato gli studenti siriani nelle proprie scuole, e questo è un meraviglioso atto di umanità.

Ancora una volta spero di sbagliarmi circa le intenzioni di Erdogan, anche se ho perso ogni fiducia in lui negli ultimi due anni. Il 2 luglio scorso, il “sultano”, il cui obiettivo sembra quello di far rivivere l’impero ottomano a un centinaio di anni dalla sua fine,  ha promesso di facilitare l’ottenimento della cittadinanza turca per i rifugiati siriani, ma le sue parole si sono rivelate ben diverse dai fatti, ricordandomi che, spesso, “chi predica bene razzola male”.

 

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