Fonte: http://sputniknews.com/

http://www.lantidiplomatico.it/

18/07/2016

 

L'Inferno non possiede la furia di un Sultano di Teflon

di Pepe Escobar

 

Quando il presidente turco/aspirante sultano Recep Tayyip Erdogan è atterrato all’aeroporto Ataturk di Istanbul sabato mattina presto, ha dichiarato che il tentato colpo di stato contro il suo governo è stato un fallimento, e un «dono di Dio». 

 

Dio apparentemente utilizza Face Time. Attraverso un iconico filmato via iPhone da una località sconosciuta trasmesso in diretta dalla CNN Turk da una sconcertata giornalista che Erdogan è riuscito a convocare la sua legione di seguaci nelle strade, sguinzagliare il Potere Popolare e sconfiggere la fazione militare che aveva occupato la TV di Stato e proclamato di aver preso il potere.

 

Quindi Dio percorre misteriose strade mobili. LA chiamata di Erdogan è stata ascoltata anche dai giovani turchi che avevano ferocemente protestato contro di lui a Gezi Park; dove furono colpiti dai gas lacrimogeni e dai cannoni ad acqua della sua polizia; penso che il partito di governo AKP sia disgustoso; ma lo avrebbero sostenuto contro un «golpe militare fascista». Senza contare che ogni moschea della Turchia ha rilanciato l’appello di Erdogan. 

 

La versione ufficiale di Ankara è che il golpe è stato organizzato da un piccolo gruppo militare controllato dal religioso in esilio In Pennsylvania Fethullah Gulen, uomo della CIA. Per quanto la responsabilità rimane discutibile, è chiaro che il golpe è stato un remix turco de The Three Stooges (I tre marmittoni); gli attuali marmittoni sono stati già arrestati: il comandante della 2° Armata Gen. Adem Huduti; il comandante della 3° Armata Erdal Ozturk; e l’ex Capo di Stato Maggiore dell’Areonautica Akin Ozturk. 

(…)

 

Erdogan, love is in the air

 

L’obiettivo dei golpisti erano i servizi segreti - le cui posizioni sono all’aeroporto di Istanbul, presso il palazzo presidenziale ad Ankara e vicino ai ministeri. Hanno utilizzato gli elicotteri Cobra - con piloti addestrati negli Usa - contro questi bersagli. Altro obiettivo che avevano era l’alto comando dell’esercito che negli ultimi 8 anni è stato ridisegnato da Erdogan e non era ritenuto affidabile da molti ufficiali di medio rango. 

Dopo aver occupato i ponti sul Bosforo a Istanbul sembrava fossero in contatto con la polizia militare che è in tutta la Turchia e possiede un solido spirito di corpo. Ma alla fine non avevano i numeri e la necessaria preparazione. A golpe in atto tutti i ministeri chiave e i servizi segreti hanno continuato a comunicare tra loro. Per quanto riguarda la polizia turca, nel suo complesso, adesso si è trasformata in una sorta di guardia pretoriana dell’AKP.

 

Nel frattempo, il Gulfstream 4 di Erdogan, numero di volo TK8456, è decollato dall’aeroporto di Bodrum alle 01:43 A.M. ed ha volato indisturbato nei cieli del nord-ovest della Turchia con il transponder acceso. A bordo del volo presidenziale, ancora a terra, Erdogan ha lanciato il suo appello su Face Time e ha poi organizzato il controgolpe. L’aereo non ha mai lasciato lo spazio aereo turco - ed era completamente visibile ai radar civili e militari. Gli F-16 dei golpisti avrebbero potuto  localizzarlo e/o incenerirlo facilmente. Invece hanno inviato gli elicotteri militari a bombardare la dimora presidenziale di Bodrum molto tempo dopo che aveva lasciato l’edificio. 

 

La testa del serpente dev’essere stata certa al 100% che salire a bordo dell’areo e rimanere nello spazio aereo turco sarebbe stato sicuro come mangiare un baklava. Ancora più sorprendente è che il Gulfstream sia riuscito ad atterrare a Istanbul in assoluta sicurezza nelle prime ore di sabato mattina, nonostante vi fosse notizia che era occupato dai ‘ribelli’. 

 

Ad Ankara, i ‘ribelli’ hanno utilizzato una divisione meccanizzata e due commando. Attorno a Istanbul c’era un esercito intero; il 3° comando è attualmente integrato con le forze di reazione rapida della NATO. Da qui sono arrivati i Leopard posizionati nei punti strategici di Istanbul, che, in ogni caso, non hanno mai aperto il fuoco. 

Le due armate strategiche posizionate sul confine siriano e iraniano sono rimaste in modalità ‘guarda e attendi’. Poi, alle 2:00 A.M. il comando della 7° armata - anch’essa strategica - ubicata a Diyarbakir con il compito di combattere i guerriglieri del PKK ha proclamato la sua fedeltà a Erdogan. Questo è il momento esatto, cruciale, in cui il Primo Ministro Binali Yildirim ha annunciato una no-fly zone sui cieli di Ankara. 

 

Ciò significava che Erdogan aveva il controllo dei cieli. I giochi erano finiti. La storia si muove traverso sentieri misteriosi; la no-fly zone  per lungo tempo sognata da Erdogan su Aleppo e sul confine turco-siriano si è alla fine materializzata sulla propria capitale. 

 

I soliti sospetti

 

La posizione degli Stati Uniti è stata estremamente ambigua fin dall'inizio. Quando il colpo di stato ha preso corpo, l’ambasciata americana in Turchia lo ha definito ‘rivolta turca’. Il Segretario di Stato John Kerry, a Mosca per discutere sulla situazione in Siria, ha tenuto coperte le sue carte. La NATO è rimasta regalmente muta. Solo quando è stato chiaro che il golpe era nei fatti fallito il Presidente Obama e gli ‘alleati della NATO’ hanno ufficialmente dato il loro «supporto al governo democraticamente eletto».

 

Il Sultano è ritornato in gioco cercando vendetta. Immediatamente è andato in onda, in diretta, sulla CNN turca esigendo da Washington la consegna di Gulen, anche senza nessuna prova che vi fosse lui dietro il golpe. Il tutto accompagnato da una velata minaccia: «Se volete mantenere l’accesso alla base aerea di Incirlik dovete darmi Gulen». E’ difficile non ripensare alla storia recente, quando il regime di Cheney, nel 2001, aveva chiesto che i Talebani consegnassero agli Stati Uniti Osama bin Laden, senza offrire nessuna prova delle sue responsabilità per l’11 settembre. 

 

Così prende quota la prima ipotesi: i servizi di intelligence erano al corrente del colpo di stato in preparazione, e l’astuto Sultano ha lasciato che si sviluppasse, sapendo che sarebbe fallito visto il limitato supporto. Probabilmente sapeva in anticipo che il Partito Democratico Popolare filo-curdo, che Erdogan sta cercando di estromettere dal Parlamento, avrebbe sostenuto il governo in nome della democrazia. Due fatti aggiungono ulteriore credibilità a questa ipotesi. All’inizio della settimana passata, Erdogan aveva firmato un decreto dove concedeva l’immunità ai militari impegnati in operazioni di sicurezza interna, come quelli coinvolti nelle operazioni anti PKK; circostanza che segnala il miglioramento delle relazioni tra l’AKP governativo e l’esercito. E poi, il massimo organo giudiziario delle Turchia l’HSYK, ha espulso 2745 giudici dopo la riunione straordinaria post golpe. Questo può solo significare che l’elenco era pronto in anticipo. 

 

La maggiore, conseguenza geopolitica del post-golpe è che Erdogan ora sembra aver miracolosamente riconquistato la sua ‘profondità strategica’, come avrebbe detto il suo ex Primo Ministro Davotoglu, già accantonato. Non solo all’esterno, dopo il miserabile collasso di entrambe le sue ‘politiche’, quella medio-orientale e quella kurda, anche sul fronte interno. Per tutto ciò che può servire, ora Erdogan controlla il potere Esecutivo, Legislativo e Giudiziario e, per buona misura, non farà prigionieri nel ripulire le forze armate. Signore e signori, il Sultano è qui. 

 

Questo significa che il progetto neo-Ottomano è ancora valido, ma con un forte riorientamento tattico. Il nemico ‘vero’ adesso sono i Curdi siriani, non la Russia e Israele (e non ISIS/ISL/Daesh; ma non lo è mai stato davvero). Erdogan andrà allo scontro con lo YPG, che per lui è una mera estensione del PKK. L’obiettivo è quello di prevenire a ogni costo un’entità statale autonoma nel nord-est della Siria, un ‘Kurdistan’ creato come un secondo Israele supportato dagli Stati Uniti. Per questo ha bisogno di un’intesa cordiale con Damasco, insistendo sul fatto che la Siria deve preservare la sua integrità territoriale. Questo significa anche, naturalmente, un rinnovato dialogo con la Russia. 

 

Cosa faceva la CIA?

 

Inutile aggiungere che in questo momento, Ankara e Washington, sono in rotta di collisione. Se c’è dietro il colpo di stato la mano nascosta - non proprio una pistola fumante - dell’Impero del Caos è certamente quella dell’asse Beltway/Neoconservatori/CIA, non quella della azzoppata amministrazione Obama. Per il momento, l’unica leva a disposizione di Erdogan è quella dell’accesso a Incirlik. Ma la sua paranoia sta schizzando alle stelle; per lui Washington è doppiamente sospetta, perchè ospita Gulen e sostiene lo YPG. 

 

L’Inferno non ha la stessa furia di un Sultano sottovalutato. Nonostante tutte le sue recenti follie a livello geopolitico, il recente balletto di Erdogan per riconciliarsi contemporaneamente con Israele e Russia è assolutamente pragmatico. Lui sa di avere bisogno della Russia per il Turkish Stream e per la costruzione di centrali atomiche; e ha bisogno del gas israeliano per consolidare il ruolo della Turchia come crocevia energetico chiave fra est e ovest. 

Quando apprendiamo, crucialmente, che l’Iran ha sostenuto la ‘coraggiosa difesa della democrazia’ della Turchia, come twittato dal Ministro degli Esteri Zarif, è chiaro come Erdogan, nel giro di solo qualche settimana, abbia riconfigurato l’intero quadro della regione. E questo vuol dire integrazione euroasiatica, con la Turchia profondamente coinvolta nella Nuova Via della Seta, non nella NATO. Nessuna meraviglia quindi che nella Beltway – dove, a gran maggioranza, Erdogan è considerato il proverbiale «alleato bizzarro e inaffidabile», stiano andando fuori di testa. Il sogno di avere colonnelli turchi agli ordini della CIA è svanito, almeno per il prossimo futuro. 

 

E per quanto riguarda l'Europa? Yildirim ha già detto che la Turchia potrebbe reintrodurre la pena di morte, per essere applicata ai golpisti. Ciò significa, in sostanza, bye bye UE. E bye bye al Parlamento europeo che approva l'esenzione dal visto per i turchi che visitano l'Europa. Erdogan dopo tutto già ottenuto quello che voleva dalla cancelliera Merkel; 6 miliardi di euro per contenere la crisi dei rifugiati che lui ha essenzialmente scatenato. La Merkel aveva scommesso tutto su Erdogan. Adesso parla da sola, mentre il Sultano riesce a telefonare a Dio su Face Time.

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