Al-Hayat 15/01/2016
Turchia: Erdogan da un errore all’altro di Jihad el-Khazen giornalista libanese ed editorialista del giornale panarabo Al-Hayat. Traduzione e sintesi di Antonia Maria Cascone.
Le contraddizioni e i paradossi della politica turca rischiano di turbare l’equilibrio interno ed esterno al Paese
Il “sultano” Recep Tayyep Erdogan continua a commettere errori su errori e mi è stato difficile trovare una logica o un senso nelle sue parole delle ultime settimane. La Turchia sembra voler giocare il ruolo di mediatrice tra Arabia Saudita ed Iran: il presidente Erdogan e il primo ministro Ahmet Davutoglu sono, in generale, più vicini alla posizione della dinastia saudita e hanno aspramente criticato le rivendicazioni dei manifestanti a Teheran. Tuttavia è evidente che Erdogan desideri ancora intrattenere relazioni commerciali con l’Iran, e che le anteponga alla loro divergenza di vedute sulla Siria. Era compito di Erdogan rafforzare le relazioni con la Russia ma le forze turche hanno abbattuto un aereo militare russo al confine con la Siria. Le pesanti ritorsioni, per esempio l’interruzione degli scambi commerciali e l’interdizione ai turisti russi di visitare la Turchia, sono state oggetto di discussione alla conferenza giornalistica presieduta dal presidente Vladimir Putin, applaudito ed acclamato dai giornalisti russi quando ha attaccato il governo turco. Appare chiaro, dunque, che la decisione di schierarsi contro la Turchia è appoggiata dalla maggior parte dei cittadini russi. Di male in peggio la campagna militare contro i curdi, e qui si parla di cittadini turchi, non dei curdi iracheni o siriani. Erdogan aveva promesso di impegnarsi per la costruzione di relazioni migliori con i curdi nel suo Paese. Ha mantenuto il suo impegno e il partito filocurdo ha guadagnato il 10% dei voti alle elezioni, cosa che ha precluso al Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) di raggiungere la maggioranza parlamentare, e che ha spinto Erdogan a indire nuove elezioni dopo qualche mese. Intanto una festa politica curda è stata oggetto di un attentato che ha provocato molte vittime. Inoltre l’esercito turco ha lanciato una campagna contro gli uomini del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) ed è stato annunciato che ne abbia uccisi più di 3.000, mentre 225 sono stati i morti tra i curdi della regione di Diyarbakir solo questo mese. Adesso Erdogan ai curdi non chiede la pace, ma solo la resa. Non so come ragioni Recep Tayyep Erdogan: quando gli è stato chiesto del suo impegno per incrementare i poteri del presidente della Repubblica, ha risposto ai giornalisti che ci sono stati precedenti come “la Germania hitleriana”. Non ho bisogno di dire al lettore arabo che il discorso di Erdogan ha scatenato una campagna contro di lui da parte degli ebrei, con la rivista americana del Likud che ha titolato: “Erdogan e il Reich turco”. L’ufficio di Erdogan ha presentato una spiegazione delle parole del presidente, ma non è risultata molto convincente. Alcune decisioni del governo turco sono decisamente paradossali. Il primo ministro ha recentemente annunciato che le riforme religiose comprenderanno il riconoscimento delle minoranze alawite in Turchia e i luoghi di culto ad esse afferenti. Questo è sicuramente un passo verso la democrazia, ma un paradosso rispetto alla guerra contro il regime di Bashar al-Assad e l’apertura delle porte turche ai terroristi, che entrano ed escono in tutta libertà. Probabilmente l’ultimo attentato a Istanbul, in cui sono stati uccisi almeno 10 turisti (la maggior parte tedeschi) e feriti altri 15, porterà Erdogan a rinsavire e notare gli squilibri della sua politica. Il governo turco ha accusato ufficialmente il sedicente Stato Islamico di essere dietro gli attentati, si sono susseguiti svariati arresti e spero che nessun terrorista sia stato risparmiato. Cosa resterà al turismo turco una volta persi i russi e gli europei? Il governo turco si rende conto che un “dialogo” con i terroristi è impossibile? Io spero vivamente che Recep Tayyep Erdogan riconsideri la sua politica, per il bene dei turchi e di tutti gli altri popoli.
|