Fonte: The Intercept http://www.controinformazione.info Gen 12, 2016
Tutti zitti, mentre la Francia stronca la libertà di parola Traduzione di di Leni Remedios
Dopo la marcia per la libertà di parola, paradossalmente, il governo francese ha ripetutamente perseguitato per un anno le persone per le idee politiche espresse. Glenn Greenwald È passato quasi un anno da quando milioni di persone – guidate dai tiranni più repressivi al mondo – marciarono su Parigi apparentemente per la libertà di parola. Sin da allora, il governo francese – che ha dato l’esempio strombazzando ai quattro venti l’importanza della libertà di parola dopo gli attentati di Charlie Hebdo – ha ripetutamente perseguitato persone per le visioni politiche espresse oppure ha sfruttato la paura collegata al terrorismo per far fuori i diritti civili in generale. Ha fatto tutto questo senza il minimo accenno di protesta da parte di coloro che, attraverso tutto l’Occidente, avevano sventolato le bandiere della libertà di parola in supporto ai fumettisti di Charlie Hebdo.
Ciò perché, come argomentai all’epoca, molti di questi neo-paladini della libertà di parola non sono autentici e costanti sostenitori di essa. Al contrario, essi evocano quel principio solo nei casi più facili ed egocentrici: ovvero, la difesa delle idee che sostengono. Ma quando la gente viene punita per esprimere delle idee che questi signori odiano, allora si fanno silenziosi oppure supportano quella stessa soppressione: proprio il contrario della genuina difesa della libertà di parola. Giorni dopo la Marcia su Parigi, il governo francese ha arrestato il comico Dieudonné M’bala M’bala “per ‘apologia di terrorismo’, dopo aver insinuato su Facebook di simpatizzare con uno degli uomini armati”. Due mesi dopo è stato giudicato colpevole ed ha ricevuto una condanna – poi sospesa – a due mesi di carcere. In novembre, dietro accuse diverse, è stato giudicato da un tribunale belga per “commenti razzisti ed anti-semiti durante uno show in Belgio”, che lo ha condannato a due mesi di reclusione. Non c’è stata nessuna catena di hashtags per JeSuisDieudonné ed è quasi impossibile trovare i paladini più accesi della libertà di parola post-Hebdo denunciare il governo francese e quello belga per questi attacchi alla libertà di espressione. Nelle settimane che hanno seguito la marcia per la libertà di parola, decine di persone in Francia “sono state arrestate per discorsi di incitamento all’odio o per azioni di oltraggio di altre fedi religiose o per fare il tifo per gli autori degli attentati”. Il governo ” ha ordinato agli inquirenti di dare un giro di vite su incitamento all’odio, anti-semitismo e glorificazione del terrorismo”. Non c’è stata alcuna marcia in difesa dei diritti di libertà d’espressione di queste persone. In ottobre la Corte suprema di Francia ha confermato l’accusa mossa verso alcuni attivisti, i quali promuovevano il boicottaggio e le sanzioni contro Israele come strumento per porre fine all’occupazione. Cos’hanno fatto questi criminali? Sarebbero “arrivati al supermercato indossando magliette con su le scritte ‘Lunga vita alla Palestina, boicottiamo Israele’ ed inoltre distribuivano volantini che dicevano ‘comprare prodotti israeliani vuol dire legittimare i crimini in Gaza’” Dal momento che il boicottaggio verso Israele viene considerato “anti-semitico” dalla corte francese, era un crimine promuoverlo. Dov’erano tutti i crociati post- Hebdo quando questi 12 individui sono stati giudicati criminali per aver espresso le proprie opinioni politiche, critiche verso Israele? Da nessuna parte. Più in generale, il governo francese ha acquisito “poteri d’emergenza” all’alba degli attentati di Parigi, poteri che in origine dovevano durare 12 giorni. Poi sono stati estesi a tre mesi ed ora, all’avvicinarsi della scadenza, si parla di estendere quelle misure indefinitamente o permanentemente. Quei poteri sono stati utilizzati esattamente dove si sospetterebbe: per presentarsi senza mandato nei luoghi d’incontro dei musulmani francesi, per chiudere moschee e bar, per detenere persone senza capi d’accusa e ad ogni modo per abolire libertà fondamentali. Ora sono stati usati anche al di là della comunità musulmana, contro gli attivisti ambientalisti. Se questa sorta di classica repressione strisciante non vi disturba, allora potete dire di essere molte cose, ma non genuini difensori della libertà di espressione in Francia. Persino prima degli omicidi di Hebdo, le persecuzioni in Europa contro i musulmani per via delle loro opinioni politiche erano piuttosto comuni, specialmente nel caso in cui tali opinioni fossero critiche delle politiche occidentali. In effetti, una settimana prima dei fatti di Charlie Hebdo, avevo scritto un articolo in cui esponevo in maniera dettagliata la minaccia montante verso la libertà di parola in Regno Unito, Francia ed in tutto l’occidente. Quel tipo di misure – portate avanti dai governi più potenti del mondo – erano e rimangono la più grande minaccia alla libertà di parola in occidente. Tuttavia ricevono una piccolissima frazione dell’attenzione ricevuta dalle uccisioni di Hebdo. Dov’erano e dove sono tutti gli auto-proclamatisi paladini della libertà di parola rispetto a tutto questo? È stato solo quando i fumetti anti-Islam erano in questione e pochi musulmani coinvolti in atti di violenza, che essi sono diventati improvvisamente appassionati riguardo alla libertà di parola. Questo perché la loro vera causa era legittimare la retorica anti-Islam e demonizzare i musulmani; la libertà di parola era solo un pretesto. In tutti questi anni in cui mi sono battuto in difesa della libertà di parola, non ho mai visto – come nel caso degli omicidi di Hebdo – questo principio sfruttato così spudoratamente per altri scopi da gente che chiaramente non ci crede. È stato tanto trasparente quanto disonesto : la loro vera agenda si vede da come hanno inventato un nuovo standard di libertà di parola adatto a quell’occasione: al fine di difendere la libertà di parola, uno non deve solo difendere il diritto di esprimere un’idea, ma deve anche sposarla. Questo “principio” appena coniato è in effetti l’antitesi esatta delle genuine protezioni della libertà di parola. Centrale per una vera credenza nei diritti di libertà d’espressione è la posizione per cui tutte le idee – da quelle che uno condivide ferventemente a quelle che uno condanna, con tutto quel che ci sta in mezzo – hanno il diritto di essere espresse e difese senza per questo essere punite. Le più importanti e più coraggiose difese della libertà di parola sono arrivate tipicamente da coloro i quali, contemporaneamente, esprimevano disprezzo per un’idea mentre difendevano il diritto di altre persone di esprimerla liberamente. Questo è il principio che da tempo definisce l’autentico attivismo collegato alla libertà di parola: quelle idee espresse sono spregevoli, ma io mi batterò per difendere il diritto di altri di esprimerle. Coloro che hanno sfruttato gli omicidi di Hebdo cercavano di abolire questa distinzione vitale. Hanno insistito nel dire che non era abbastanza denunciare o condannare gli assassini dei fumettisti di Hebdo . Hanno provato invece ad imporre un nuovo obbligo: uno deve celebrare ed abbracciare le idee dei disegnatori di Hebdo, supportare il fatto che vengano premiati, esultare per il contenuto delle loro opinioni. Il non condividere le idee di Charlie Hebdo (invece che solamente il loro diritto alla libertà di parola) avrebbe comportato le accuse – da parte degli artisti più viscidi al mondo – di non sostenere la loro libertà d’espressione o, peggio, di simpatizzare con i loro killers. Questa facile tattica di bullismo – provare a forzare la gente non solo a difendere il diritto alla libertà di parola di Hebdo ma anche di sposarne le idee espresse – è durata fino adesso (ma solamente quando si tratta di discorsi che criticano i musulmani). Un anno dopo, è ancora molto comune sentire dei sostenitori del militarismo occidentale accusare falsamente porzioni “della sinistra” di aver approvato o giustificato l’attacco a Charlie Hebdo, per il mero fatto che si son rifiutati di esultare per il contenuto delle idee di Hebdo. Quest’accusa è un’assoluta, dimostrabile bugia, un’ovvia calunnia. Non ho mai sentito una singola persona a sinistra esprimere qualcosa di diverso dalla repulsione per l’omicidio di massa dei fumettisti di Hebdo , nè ho sentito qualcuno a sinistra insinuare che gli omicidi fossero “meritati” o che i disegnatori “se la fossero cercata”. Di sicuro ho sentito, e l’ho espresso io stesso – opposizione verso l’instancabile targhetizzazione di una minoranza marginalizzata in Francia da parte dei fumettisti di Hebdo (tale critica, a proposito, è stata espressa in maniera molto eloquente da un ex membro dello staff di Hebdo , Olivier Cyran: “il martellamento ossessionante contro i musulmani al quale Hebdo si è dedicato per più di un decennio ha avuto davvero degli effetti. Ha contribuito potentemente a popolarizzare, fra le opinioni ‘di sinistra’, l’idea che l’Islam sia uno dei problemi principali della società francese”). Ma le obiezioni al contenuto di un’idea ovviamente non denotano e neppure insinuano il fallimento nel sostenere il diritto alla libertà di parola di coloro che esprimono tale idea: a meno che non si stia abbracciando il dannoso, ingannevole, interamente nuovo concetto che uno possa solo difendere la libertà di parola di quelli con cui concorda. Ma ciò evidenzia come la libertà di parola non fosse il principio sostenuto qui; essa è stata usata come arma da alcuni occidentali tribali per costringere la gente ad approvare i fumetti anti-Islam ed anti-musulmani (non ad approvare meramente il diritto a pubblicare i fumetti senza punizione o violenza, ma ad approvare i fumetti stessi). E ciò che ancora più potentemente dimostra la falsità al cuore di questo spettacolo post-Hebdo è che prima della Marcia di Parigi, e specialmente dalla Marcia in poi – c’è è stato un assalto sistematico al diritto di libertà di parola per un altissimo numero di persone in Francia ed in tutto l’Occidente, a musulmani e/o ai critici dell’occidente e di Israele ed i nuovi crociati della libertà di parola per Hebdo non hanno esibito alcuna contrarietà al riguardo, anzi, tacito od esplicito consenso. Questo perché la libertà di parola era la loro arma cinica, non il loro vero credo. |