8 marzo 2016
Siria. Colloqui pace, il 14 marzo si entra nel vivo
Il parere di Janiki Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente: R. – L’elemento di novità è l’accordo tra Stati Uniti e Russia. Gli Stati Uniti hanno capito che la questione siriana non può essere risolta solamente dal cosiddetto “campo occidentale”, alleato all’area sunnita, ma che è necessario porsi come obiettivo una via di uscita della crisi siriana che includa tutte le componenti interne del Paese, tutti i "player regionali" e internazionali e che non sia la vittoria di una parte sull’altra. L’altro elemento è che non si è più posta come pregiudiziale la fuoriuscita di Assad. Sul terreno, oggi Assad è più forte, grazie all’intervento della Russia e degli Hezbollah e quindi dell’Iran, e dunque c’è uno stato di fatto che fa sì che la transizione sia una transizione realistica. D. – La tregua sul terreno è comunque traballante, la situazione umanitaria rimane critica… Ecco, una situazione così ancora instabile non inficia la diplomazia che deve andare avanti? Sarà solo un piccolo tassello questo appuntamento? E’ normale che sia cosi? R. – Credo proprio che sia normale, entro certi limiti, che sia così. Noi dobbiamo capire che si esce da anni di massacri terribili e quindi non possiamo pensare che questa "exit strategy" sia una cosa facile. Ci sono grandi odi e grandi fossati da colmare. E c’è il fatto che continua la guerra con l’Is e con le formazioni legate ad a-Qaeda, come al-Nusra. Quindi questi qui, tra le altre cose, possono utilizzare la tregua in atto con le altre componenti e con Assad per cercare di espandere la propria pressione, come è avvenuto con le esplosioni a Baghdad e altrove che sono state rivendicate da Is. Quindi, evidentemente cercano di giocare il loro ruolo in questo momento in cui le armi degli altri tacciono o dovrebbero tacere. Quindi, la situazione è molto complicata e tuttavia l’elemento di svolta è che si è passati da una visione in cui si doveva appoggiare l’insurrezione per sconfiggere il tiranno – l’unica cosa poteva essere la vittoria degli uni e la sconfitta degli altri – a una visione che veda un governo che includa tutte queste componenti, che dia garanzia a tutte queste componenti. Altrimenti non se ne esce, perché ognuna di queste componenti sa che la vittoria dell’altro significa la sua morte e quindi diventa una guerra senza fine. Certo, ci sono resistenze e ognuno tira dalla sua parte, ma credo che sia un passo fondamentale che consenta di andare da un lato a questo discorso di transizione e, dall’altro, a una lotta contro questa sacca dell’Is e delle formazioni legate al-Qaeda, che a questo punto risultano abbastanza isolate. D. – Lei come giudica il lavoro dell’Onu in questa circostanza e il lavoro di Staffan De Mistura? R. – E’ stato un lavoro paziente, certamente encomiabile. Devo dire che su questo ha giocato un ruolo estremamente positivo Federica Mogherini, che non si accodata alle posizioni più oltranziste, che ha facilitato ad esempio l’accordo fra Russia e Stati Uniti sulla questione delle armi chimiche. Credo sia prevalsa una visione che non si può far precedere le armi a quello che è l’obiettivo politico che si vuole conseguire: il processo deve essere l’inverso. |