https://gustavoduch.wordpress.com http://comune-info.net 29 febbraio 2016
I semi di Taraba di Gustavo Duch traduzione di Daniela Cavallo
“Ascoltatemi, mi chiamo Fátima, sono nata a Taraba, un piccolo villaggio che si trova un centinaio di chilometri a sud di Damasco, la capitale della Siria. Dopo quattro anni di siccità, le nostre terre hanno smesso di produrre e il bestiame è morto, così tutta la mia famiglia è dovuta partire verso Daraa, la città sulla strada che porta al mare. Appena siamo arrivati, nel 2011, è scoppiata una rivolta che, dicono, sia stata l’inizio della guerra. Non siamo potuti rimanere nel nostro quartiere per molte settimane ma abbiamo avuto fortuna perché certi parenti di Damasco ci hanno accolti. Però la guerra non finisce, vedete, e io sono arrivata fin qui. Non starò a raccontarvi tutto quel che ho passato, vi dico solo che tutta la mia famiglia è morta. Ci hanno assassinati, con i proiettili, le onde e l’indifferenza. È così che siamo morti. Non ne sapete nulla voi, siete dei veri ignoranti“.
E Fátima, con gli occhi uguali ai grani verdi e affusolati dell’orzo, con il fazzoletto che le copre i capelli, ha continuato: “Sono una di Loro, una della saga delle donne più antica al mondo. Mia madre me lo ha spiegato, a lei lo aveva spiegato sua nonna, e così raccontano, raccontano con cura, perché è da migliaia di generazioni che sappiamo chi siamo. Noi siamo Loro. E’ stato vicino a Taraba, lo spiegano i libri di storia che adesso qui in Europa non ricordate più, che 10 mila anni fa o più, una donna come me ha deciso di non continuare a muoversi, di non spostare più la sua vita e quella dei suoi. Avevano già delle capre, quando lei ha preso un po’ dei grani che aveva raccolto e, seguendo una forza interiore, un presentimento, ha deciso di affondarli nella terra. Li ha coperti con altra terra, mescolata alle farine avanzate dai suoi pasti e poi, con il suo stesso pianto, li ha pressati nella terra. Sapeva che sarebbe successo, così, con serenità, ha deciso di aspettare. Ascoltatemi, perché questa è la vostra storia. E se finisce, non ci sarà più. Lì Loro hanno reso migliori le loro capanne, lì sono cresciute diverse generazioni. Sono state sempre le donne della mia famiglia a prendersi cura di quei grani. Alcune di Loro hanno fondato nuovi villaggi, portando le sementi che, bagnate con le loro lacrime, hanno germinato libere. Per secoli, con Loro, i semi di Taraba hanno valicato le montagne, hanno percorso il deserto, e infine, passando di isola in isola, hanno superato il mare. Ascoltatemi, perché è risaputo, anche se voi lo tacete, che sono state queste donne migranti a portare i semi fin qui, fino a questa Europa oggi sovralimentata e tanto codarda. Il vostro cibo, i campi coltivati, ci sono, perché allora Loro non sono state fermate. Nessuno ha messo del filo spinato sul loro cammino, non avevano recinzioni da scavalcare. Lo sapevate? Io credo di no“.
E quelli che stavano lì ad ascoltarla, hanno potuto vedere Fátima che, arrivata sulla riva del mare, ha preso un seme dalla tasca, lo ha lasciato cadere. Poi, nello stesso istante in cui la prima onda la prendeva tra le braccia, hanno visto una lacrima verde scendere dai suoi occhi su quel seme.
Solo pochi istanti dopo, milioni di persone rimaste in attesa sulle coste del Marocco, della Tunisia, dell’Egitto, della Palestina, della Libia, della Turchia, dell’Algeria, della Siria, del Libano… sono potute avanzare tranquillamente verso nord per una rotta sicura, comoda e provvista di cibo. Il mare si era trasformato in un immenso campo d’orzo. |