http://nena-news.it 23 feb 2016
Mosca e Washington annunciano un nuovo cessate il fuoco di Roberto Prinzi
Entrerà in vigore il 27 febbraio. Ottimismo russo e statunitense, tiepida la reazione dell’opposizione siriana che ha sede a Riyad. Il presidente siriano al-Asad, intanto, annuncia per il 13 aprile prossimo le elezioni parlamentari. Un nuovo documento Onu denuncia: “nel Paese crimini di guerra dilaganti, pervasivi e sempre presenti”
Roma, 23 febbraio 2016, Nena News –
Dopo i tanti e clamorosi fallimenti, Russia e Stati Uniti ci riprovano: il 27 febbraio entrerà in vigore un “nuovo” cessate il fuoco in Siria. L’accordo, raggiunto e annunciato ieri da Mosca e Washington, si basa sul piano discusso a inizio mese a Monaco dalle due super potenze e da altre 15 nazioni in cui era stato fissato il 15 febbraio come data limite per porre fine alle ostilità. Tra le novità previste questa volta, vi è l’istituzione di un gruppo di lavoro che “promuoverà e monitorerà la tregua qualora dovesse essere necessario”. Secondo i termini dell’accordo, il governo siriano (con i suoi sostenitori) e i gruppi armati di opposizione dovranno rispettare la risoluzione Onu 2254, partecipare ai negoziati di pace sponsorizzati dall’Onu, fermare gli attacchi, smettere di conquistare altro territorio e permettere il passaggio degli aiuti umanitari nelle aree assediate. Desta qualche perplessità la parte del testo in cui viene affermato il principio secondo cui “tutte gli attori del conflitto possono usare forza proporzionata per autodifendersi contro qualunque violazione del cessate il fuoco” perché il vago concetto di autodifesa potrebbe essere facilmente usato da ciascuna fazione per legittimare eventuali atti bellici. Russi e americani, continua il testo dell’accordo, si assicureranno che le “parti che partecipano al cessate il fuoco non vengano attaccate dalle forze armate russe, dalla coalizione anti-Is (il cossidetto Stato islamico, ndr), governo siriano e altri gruppi che lo sostengono”. L’ok all’accordo dovrà essere espresso da Damasco e dalle opposizioni entro mezzogiorno del 26 febbraio La notizia della nuova intesa è stata accolta favorevolmente dal Segretario delle Nazioni Unite (Onu) Ban Ki-Moon che l’ha definita “un tanto atteso segnale di speranza” e ha esortato tutte le parti in lotta in Siria a rispettarla. Tiepida, invece, la reazione dell’Alto Comitato per le negoziazioni (Hnc), il principale gruppo di opposizione siriana che ha sede a Riyad. “Dopo che il coordinatore generale dell’Hnc, Riyad Hijab, ha presentato i risultati delle sue discussioni con le fazioni di opposizione, abbiamo concordato a rispondere in modo positivo agli sforzi della comunità internazionale per raggiungere una vera tregua” si legge in un comunicato ufficiale dell’Alto Comitato. Tuttavia, precisa la nota, “l’impegno per la tregua” prevede delle condizioni: la fine dell’assedio del regime, il rilascio dei prigionieri, la fine dei bombardamenti sui civili e la consegna degli aiuti umanitari”. Ottimisti, ovviamente, sono americani e russi. “Se implementato, questo cessate il fuoco non solo porterà a una diminuzione della violenza, ma permetterà anche di aumentare l’accesso degli aiuti nelle aree assediate” ha detto il segratario di Stato Usa John Kerry. “Inoltre – ha aggiunto – sosterrà una transizione politica a favore di un governo che sarà pronto a soddisfare i desideri del popolo siriano”. “Siamo tutti consapevoli delle sfide significative che abbiamo davanti – ha ammesso – nei prossimi giorni lavoreremo per ottenere l’impegno delle parti in lotta al rispetto dei termini dell’intesa”. Soddisfazione è stata espressa anche dal Cremlino. Putin ha definito l’accordo come “un passo in avanti” e ha promesso che farà “qualunque cosa sia necessaria” per assicurarsi che Damasco rispetterà l’intesa. “Noi – ha però precisato il presidente russo – abbiamo fiducia che anche gli Stati Uniti facciano lo stesso con i loro alleati e con i gruppi che sostiene”. Le possibilità che siamo di fronte ad una svolta in Siria – dopo gli oltre 250.000 morti (dati Onu), i più di 11 milioni di rifugiati (interni e fuori dai confini nazionali) e la devastazione intera di un Paese – sembrano essere davvero poche. Il comunicato congiunto russo e americano, infatti, sottolinea esplicitamente come l’accordo non riguarderà il Fronte an-Nusra (filiale locale di al-Qa’eda) e allo “Stato Islamico”, ovvero due dei principali protagonisti del conflitto. Si aggiunga poi che le distanze tra il regime e l’opposizione che fa capo all’Arabia Saudita restano enormi. Intervistato alcuni giorni fa dal quotidiano el Pais, al-Asad aveva ribadito: “rispetteremo la tregua, ma continueremo a combattere i terroristi”. E per Damasco i “terroristi” sono anche i gruppi riuniti sotto l’ombrello protettivo di Riyad, cioè quelli contro cui ora, teoricamente, non dovrebbe più combattere. Il documento finale non tratta poi a dovere la questione dei curdi: cosa faranno le Ypg (il braccio armato del partito curdo siriano Pyd) ora che, pur se lentamente, sembrano essere capaci di conquistare l’intero cantone di Afrin e a riunire così i loro territori? Non è chiaro se in risposta o meno a quanto deciso da russi e americani, a poche ore dall’annuncio dell’intesa sul coprifuoco, Damasco ha emanato un decreto che fissa al 13 aprile prossimo le nuove elezioni parlamentari nel Paese. Le ultime, avvenute 4 anni fa, furono considerate “storiche” dagli analisti occidentali perché per la prima volta, accanto al partito di governo Ba’ath, parteciparono anche altre formazioni politiche. Una apertura rimasta più sulla carta però: sui 250 membri parlamentari, ben 168 facevano parte della coalizione legata al Ba’ath di al-Asad. In seguito a quelle votazioni il presidente siriano avrebbe nominato come primo ministro Riyad Hijab ora, ironia delle sorte, a capo della principale opposizione rappresentata dall’Alto Comitato per le negoziazioni. Resta da chiedersi l’utilità di questa chiamata alle urne considerando il fatto che due terzi del territorio siriano non sono più sotto il controllo di Damasco. Almeno che, sia chiaro, non si voglia parlare solo di Parlamento nell’Asadistan. L’Onu, intanto, ha rilasciato ieri un nuovo allarmante report sulla guerra in Siria. Secondo il documento, i civili sono le prime vittime di “crimini di guerra dilaganti, pervasivi e sempre presenti”. Lo studio, curato da una Commissione d’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite, ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di riferire della situazione siriana alla Corte Penale internazionale affinché questa possa investigare su eventuali crimini di guerra compiuti nel Paese. Nena News
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