euronews.com/ - 29/11/2016 - Due settimane dopo dall’avvio dell’offensiva militare finale delle forze armate siriane contro i ribelli ad Aleppo, ormai soltanto una piccola parte della seconda città siriana resta nelle mani degli oppositori al regime di Bashar Al-Assad. Almeno un terzo dell’intera area orientale di Aleppo, che negli ultimi due anni ha rappresentato il principale bastione ribelle in Siria, è tornata sotto il controllo delle forze di Damasco. Cruciale l’appoggio dell’aviazione russa che ha intensificato i bombardamenti negli ultimi 14 giorni. Aleppo è sotto assedio da parte dell’esercito siriano da 4 mesi e le condizioni della popolazione civile sono state costantemente oggetto di denuncia da parte delle ong e delle Nazioni Unite. Le ultime accuse nei confronti del regime di Damasco riguardano l’uso di armi chimiche. Un fatto non nuovo dall’inizio della guerra in Siria, ma ora armi a base di concentrato di ammoniaca sarebbero state utilizzate proprio per fare terra bruciata tra la popolazione, anche quando i civili cercano rifugio in cantine e sotterranei per sfuggire ai bombardamenti. I combattimenti degli ultimi giorni hanno costretto alla fuga almeno 10.000 persone secondo i dati dell’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani. http://www.notiziegeopolitiche.net/ 28 novembre 2016
I regolari prendono il 40 per cento di Aleppo est: i ribelli si arrendono, i jihadisti scappano di Guido Keller
Procede inarrestabile l’offensiva ad Aleppo est da parte dei regolari, sostenuti da reparti curdi, hezbollah libanesi e dai raid russi. Partita lo scorso 15 novembre, l’azione dei regolari ha permesso ieri la presa di controllo del quartiere di Hanno, ma le ultime notizie riportano che già il 40 per cento della parte orientale della città è stata ripresa, specialmente i quartieri a nord-est, dove comunque sono ancora in corso combattimenti. Lì i ribelli hanno deposto le armi e si sono arresi, mentre i jihadisti di Jabat Fath al-Sham, formazione legata ad al-Qaeda (ex al-Nusra) e i combattenti dei gruppi salafiti di Yaish al-Islam e di Ansar al-Sham si sono dati alla fuga, alcuni nascosti tra i 10mila civili fuggiti verso i distretti sotto controllo governativo o nel vicino quartiere a controllo curdo. L’Osservatorio siriano per i diritti umani, gruppo vicino alle opposizioni e con sede a Londra, ma che ha dato in più occasioni prova di avere il polso della situazione, parla di “almeno 6.000 civili andati nel quartiere di Cheikh Maksoud (sotto controllo dei curdi), gli altri nelle zone governative di Aleppo”. Sembra quindi una una questione di giorni perché l’esercito abbia la meglio sulla parte orientale di Aleppo, per quanto la reazione dei ribelli e dei jihadisti loro alleati continui ad essere forte. I ribelli, ma più probabilmente i jihadisti, hanno bombardato alcuni quartieri della parte occidentale della città arrivando a colpire, stando a fonti russe, una scuola in cui sarebbero morti bambini ed adulti per un totale di 25 persone. Ad Aleppo est sono intrappolati 250mila (cifra forse esagerata dalla propaganda, in realtà dovrebbero essere meno) abitanti in condizioni precarie, e tra le loro case e nei pressi egli ospedali i combattenti hanno le loro posizioni nel tentativo di scongiurare i raid aerei; i civili, ma anche i combattenti, non hanno potuto usufruire delle tregue e dei corridoi umanitari messi a disposizione da parte dei russi e dei siriani regolari in quanto essi venivano bombardati ed i cecchini sparavano su chiunque tentasse di allontanarsi. In queste ore militari russi stanno distribuendo aiuti umanitari alla popolazione stremata dei quartieri conquistati. Sul fronte diplomatico c’è da segnalare la corsa frenetica del segretario di Stato Usa John Kerry, il quale vorrebbe fermare i bombardamenti ed arrivare ad un nuovo piano risolutivo della crisi prima che si esaurisca la presidenza di Barak Obama: Kerry vorrebbe portare attorno ad un tavolo tutte le varie potenze che sono dietro la crisi siriana, cioè il Qatar, l’Arabia Saudita, la Russia, gli Usa, la Turchia e l’Iraq. Un intervento tuttavia tardivo, se si pensa che per più volte l’inviato dell’Onu Staffan de Mistura ha tentato di fare altrettanto, con i sauditi che si rifiutavano di sedersi al tavolo insieme agli iraniani e i turchi con i curdi. La caduta di Aleppo comporterebbe un’importante sconfitta per i ribelli e per chi li ha finanziati, a cominciare dalla Turchia, all’Arabia Saudita e al Qatar, e nel contempo permetterebbe Damasco di controllare tutti i centri principali, segnando così una svolta del conflitto siriano, che dopo 5 anni di guerra è costato la vita ad oltre 300mila persone.
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