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Gen 31st, 2016
A Ginevra i colloqui fra le parti, con chi vuole al tavolo i jihadisti ma fa allontanare i curdi di Kobane
di Enrico Oliari
Ha preso il via a Ginevra l’incontro fra le parti coinvolte nel conflitto siriano, con la mediazione dell’inviato dell’Onu Staffan de Mistura. Si tratta di un’occasione per cercare di arrivare al cessate-il-fuoco per un conflitto che ormai dura da cinque anni e che è già costato la vita a 260mila persone, e possibilmente a costituire quantomeno l’embrione di un governo di unità nazionale.
Gli scogli principali sono il ruolo del presidente siriano Bashar al-Assad, sostenuto in particolare (ma non solo) dalla Russia, e chi ha titolo di sedere al tavolo delle trattative, con l’Arabia Saudita che insiste nel volervi portare anche quei gruppi sunniti che nella scala di grigi risultano essere vicinissimi al jihadismo.
Fatto sta che i primi a saltare sono stati i curdi siriani del Ypd (Unione democratica curdo siriana), impegnati nella difesa e nel mantenimento delle regioni di Cizre, Kobane ed Efrin, la cui azione ha impedito all’Isis di estendere un controllo del territorio di 400 chilometri lungo il confine turco: giunti nella città elvetica, la delegazione curda non ha neanche fatto in tempo a disfare le valigie ed ha dovuto prendere il primo aereo di ritorno in quanto non vi era nessun invito. Questo su intervento della Turchia, che considera l’Ypd del Rojava un’organizzazione terroristica in contatto con il Pkk, come pure delle delegazioni delle opposizioni, che hanno ostacolato la partecipazione dei curdi in quanto considerati (a torto o a ragione) fedeli al governo di Damasco.
In questa logica assurda, per cui c’è chi ha tentato di fare la terza riunione di Ginevra senza coinvolgere le parti ritenute scomode (Russia compresa), poco ha pesato l’impegno dei curdi di difendere Kobane fino a contrattaccare e sottrarre all’Isis parti del territorio.
Davanti all’evidente smacco, il leader del Ypd Saleh Muslim ha fatto sapere che “Non ci impegneremo ad aderire ad alcuna decisione che dovesse essere presa a Ginevra, ivi compreso un eventuale accordo di cessate-il-fuoco”.
Proteste per l’assenza dei curdi sono arrivate dal rappresentante permanente della Russia presso le Nazioni Unite, Alexey Borodavkin, il quale ha twittato che “I curdi siriani sono cittadini della Siria. Hanno il diritto di essere coinvolti nei colloqui sul futuro del loro paese”.
L’Arabia Saudita a Ginevra sta sponsorizzando l’Hnc, l’Alta rappresentanza delle opposizioni che raggruppa ben 32 fazioni di ribelli sunniti anche dichiaratamente salafiti, come nel caso di Ahrar al-Sham e Jaysh al-Islam. Ad opporsi (per ora invano) alla loro presenza sono stati, oltre a Damasco, la Russia e l’Iran. Tra l’altro il leader di Jaysh al-Islam, Zahran Alloush, è rimasto ucciso in un raid russo il 25 dicembre proprio perché considerato un terrorista, ed oggi il fratello Mohammed vorrebbe essere incluso nei negoziati.
L’esclusione di una parte dei 32 gruppi dell’Hnc potrebbe arrivare dagli incontri preparatori con Staffan de Mistura, il quale è chiamato ad individuare una formula di equilibrio tra le rappresentanze tale da salvare le trattative.
A Ginevra sono giunti anche rappresentanze delle opposizioni non facenti parte dell’Hnc, come il Gruppo del Cairo, gradito da Mosca, e i rappresentati della minoranza cristiana.
Il primo a muoversi è stato l’Hnc, il cui portavoce Salim Muslet ha chiesto “l’immediato rilascio di donne e bambini prigionieri, la fine dei raid aerei russi e del regime e la fine dell’assedio delle città”, pur precisando che tali richieste non rappresentano delle “precondizioni”. Il leader dell’Hnc, Riad Hijab, non presente a Ginevra, ha però precisato che le trattative non hanno senso “se il regime continua a commettere questi crimini”.
In realtà il caos siriano, in cui – non dimentichiamo – c’è chi ha sostenuto e continua a sostenere al-Qaeda (Jabat al-Nusra) e persino l’Isis, ha visto e vede crimini da entrambe le parti, basti pensare che come l’esercito e gli hezbollah hanno assediato e costretto alla fame Madaya, altrettanto hanno fatto i ribelli e gli alleati qaedisti con al-Fuah e Kafaya, nel nord del paese. |
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02 Feb 2016
I colloqui per la pace in Siria iniziano ufficialmente
Staffan de Mistura dice che la durata dei colloqui di Ginevra, complicato e difficili, dipenderà dalla determinazione di entrambe le parti.
L’inviato delle Nazioni Unite, Staffan de Mistura, ha detto che i colloqui per porre fine alla guerra civile in Siria sono ufficialmente iniziati, dopo la resistenza iniziale da parte del blocco di opposizione principale del paese. Parlando ai giornalisti Lunedi a Ginevra, dopo l'incontro con i delegati del blocco di opposizione, de Mistura ha detto: "Stiamo iniziando ufficialmente i colloqui di Ginevra ... Le discussioni iniziano"
Il diplomatico svedese-italiano ha detto di aspettarsi che i colloqui siano complicati e difficili, ma che il popolo di Siria meritava di "vedere qualcosa di concreto, a parte una lunga e dolorosa trattativa. Il primo obiettivo immediato è quello di assicurarsi che i colloqui continuino e che tutti siano a bordo", ha aggiunto di non poter commentare su quanto tempo si aspetta che duri il primo round di colloqui, ma ha detto di sperare di ottenere qualcosa entro l'11 febbraio. "La durata dei negoziati dipende dalla volontà e la determinazione di entrambe le parti".
L'annuncio è arrivato ore dopo che l'Onu aveva detto che il governo del presidente Bashar al Assad approvava, in linea di principio, di consentire gli aiuti da consegnare alle città siriane assediate di Madaya, al-Foua e Kefraya. Salim al-Muslet, il portavoce dell’HNC ha dichiarato: "Siamo venuti qui per discutere con l'inviato speciale le risoluzione delle Nazioni Unite 2254, che vengano levati gli assedi e si fermino i crimini fatti dagli attacchi aerei russi in Siria, e crediamo di aver ricevuto messaggi positivi."
L'incontro preliminare tra l’HNC e De Mistura è avvenuto, mentre l'ONU segnalava, altri otto morti per cure mediche insufficenti, in una delle tante città assediate da governi o forze ribelli. L’HNC ha insistito sul fatto che gli aiuti umanitari raggiungano le città sotto assedio come precondizione per entrare nel vivo dei colloqui indiretti con il governo di Assad, che sono in programma per una durata di sei mesi.
I colloqui fanno parte della più grande spinta realizzata fino ad oggi per tracciare una via d'uscita dall’intricata guerra siriana che ha ucciso più di 260.000 persone e costretto milioni a fuggire dalle loro case, da quando è iniziata la violenza, nel marzo 2011.
L'urgenza di trovare una soluzione è stata portata a casa Domenica quando gli attacchi rivendicati dallo Stato Islamico dell'Iraq e il gruppo Levante (ISIL) hanno ucciso 71 persone vicino ad un santuario sciita venerato fuori della capitale Damasco. I nuovi decessi segnalati ??Lunedi dall'organizzazione umanitaria delle Nazioni Unite (OCHA) hanno avuto luogo in Moadimayet al-Sham a sud ovest di Damasco, il sito di un attacco di armi chimiche nel 2013. L’OCHA ha detto che vi era stato un forte deterioramento della situazione umanitaria in città, assediata dalle forze di Assad fin dal 2012, anche se le condizioni sono migliorate dopo una breve tregua nel 2014. |