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13 settembre 2016

 

Siria, la tregua tiene. Il mondo spera

 

Sembra tenere la tregua entrata in vigore in Siria alle 19 di ieri (le 18 italiane), secondo quanto concordato da Stati Uniti e Russia. Come annunciato dall'esercito di Damasco, la tregua resterà in vigore per sette giorni, ovvero fino al prossimo 19 settembre.

 

Attuata per consentire la consegna di aiuti umanitari alla popolazione delle zone assediate compresa Aleppo, la tregua non riguarderà i jihadisti del Daesh e i miliziani legati ad al-Qaeda del gruppo noto come Fronte al-Nusra, che ora si fa chiamara Jabhat Fateh al-Sham.

 

Se la tregua reggerà per sette giorni, come ci si auspica, Mosca e Washington inizieranno a lanciare attacchi coordinati contro Daesh e Jabhat Fateh al-Sham. L'Esercito libero siriano (Els) si è detto pronto a "collaborare per la tregua", dicendosi comunque preoccupato per il giovamento che il governo di Damasco trarrà da questa pausa di sette giorni dei combattimenti.

 

VOCI DA ALEPPO.

È scarsa la fiducia che alcuni abitanti di Aleppo, città assediata dal 2012 nella Siria settentrionale, ripongono nella tregua. Ogni volta che una cessazione delle ostilità viene annunciata, raccontano all'agenzia di stampa Xinhua, i ribelli traggono vantaggio dalla situazione per aumentare i propri uomini e prendere nuove armi. Di conseguenza, fallisce qualsiasi tentativo di arrivare a una pace duratura. "Sono contro la tregua - afferma Ibrahim Khalil, 43 anni e padre di due figli - Ogni volta che c'è una tregua i ribelli si ricompattano, ottengono armi e poi riprendono a colpire Aleppo. Ogni volta che c'è una tregua, i civili sono quelli che ne pagano il prezzo". Per contro c'è chi, come il commerciante Muhammad Burri, dice di "sperare che la tregua venga rispettata e credo che lo sarà. È l'unico modo per uscire da questa violenza. Credo che andrà bene e che la tregua metterà fine a questa strage".

 

CINQUE ANNI DI GUERRA.

Dati ufficiali Onu indicano che la guerra esplosa nel marzo del 2011 in Siria ha causato la morte di oltre 250mila persone e ne ha costrette 4,8 milioni a lasciare il Paese. Ma il numero delle vittime, come ha fatto trapelare lo stesso inviato Onu per la Siria Staffan de Mistura, nella realtà è molto più alto.

 

TENSIONE CON ISRAELE.

È un giallo l'abbattimento, rivendicato dall'esercito siriano dopo un attacco alle sue posizioni, di un caccia e un drone israeliani, il primo nella provincia meridionale di Quneitra, ai confini con le alture del Golan occupato da Israele, il secondo a ovest di Saassaa, nella provincia di Damasco. Israele ha subito smentito, ma prima dell'annuncio di Damasco l'esercito aveva confermato di aver bombardato posizioni delle Forze armate siriane dopo la caduta di un razzo proveniente dal territorio siriano, nella parte delle alture del Golan sotto il suo controllo. Un portavoce dell'esercito ha poi sottolineato che probabilmente il razzo non è stato lanciato intenzionalmente contro Israele, ma è una "conseguenza del conflitto interno in Siria". Incidenti del genere sono abbastanza frequenti (è il quarto in nove giorni) e ogni volta che si verificano Israele punta il dito contro Damasco, indipendentemente dalla provenienza dei razzi.

 

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