Fonte: http://maximechaix.info https://aurorasito.wordpress.com Gennaio 24, 2016
Operazione “Legno di platano”: la guerra segreta della CIA in Siria finanziata dai Saud di Maxime Chaix Traduzione di Alessandro Lattanzio
Un articolo del New York Times ha appena rivelato il nome in codice della guerra segreta multinazionale della CIA in Siria: il caso dell’Operazione Legno di Platano (“Timber Sycamore“). Nel 1992, i ricercatori siriani Ibrahim Nahal e Rahmi Adib avevano pubblicato uno studio secondo cui “La larghezza dell’anello è influenzata da fattori ambientali, il legno di platano orientale può essere classificato per la relativamente rapida crescita rispetto al faggio o al rovere”. I gruppi ribelli per lo più jihadisti, moltiplicatisi in Siria dall’estate 2011, potrebbero essere considerati “platani orientali” per la “crescita relativamente veloce”, senza pensare necessariamente a un collegamento tra il nome in codice di tale operazione segreta della CIA e questo fenomeno biologico. In sostanza, il New York Times ha rivelato che l’Arabia Saudita ha finanziato per “diversi miliardi” la guerra segreta della CIA in Siria. Altri collaboratori di tale operazione dell’Agenzia sono citati dal giornale. Questi sono Turchia, Giordania e Qatar. Tuttavia, anche se l’importo esatto dei contributi dei singoli Stati coinvolti in queste operazioni non è noto, il Times dice che l’Arabia Saudita è stata la principale finanziatrice. Secondo il giornale, “alti funzionari statunitensi non hanno rivelato l’importo del contributo saudita, di gran lunga il maggior finanziamento estero del programma di armamento dei ribelli che combattono le forze del Presidente Bashar Assad. Tuttavia, le stime indicano che il costo totale del finanziamento e dell’addestramento (dei terroristi) ha raggiunto diversi miliardi di dollari”. Times e Washington Post hanno confermato le informazioni che analizzai un paio di settimane prima degli attacchi del 13 novembre. Infatti, nel giugno 2015, il giornale rivelava che la CIA aveva “effettuato dal 2013 contro il regime di Assad” una delle più grandi operazioni segrete”, con un finanziamento annuale di circa un miliardo di dollari. Secondo il giornale, l’operazione segreta (…) fa parte di uno “grande sforzo da diversi miliardi di dollari di Arabia Saudita, Qatar e Turchia“, vale a dire, i tre Stati notori per sostenere le fazioni estremiste in Siria. Grazie al New York Times, ora sappiamo che l’Arabia Saudita è “di gran lunga” il principale stato a sostenere tale guerra segreta, in particolare attraverso acquisto e consegne massicce dai servizi speciali sauditi (GID) di missili anticarro TOW della Raytheon ai gruppi affiliati ad al-Qaida, come l’Esercito della Conquista (Jaysh al-Fatah). Sempre secondo il Times, il capo della stazione CIA svolge un ruolo diplomatico maggiore dell’ambasciatore degli USA in Arabia Saudita. Così, tra il GID e la CIA “l’alleanza rimane forte, perché rinforzata dal legame tra le principali spie. Il ministro degli Interni saudita, principe Muhamad bin Nayaf, sostituì il principe Bandar nel fornire armi ai terroristi (in Siria). Conosce l’attuale direttore della CIA John O. Brennan dai tempi in cui era capo della stazione dell’Agenzia a Riyadh negli anni ’90. Ex-colleghi dicono che costoro sono rimasti vicini (…) la posizione che aveva Brennan a Riyadh è molto più importante di quella dell’ambasciatore degli Stati Uniti; era il vero legame tra potere statale statunitense e regno (dei Saud). Ex-diplomatici ricordano che le discussioni più importanti vennero sistematicamente effettuate tramite il capo della stazione della CIA (nella capitale saudita)“. Le informazioni del New York Times rafforzano il concetto di “Stato profondo sovranazionale” tra i vertici dei servizi speciali degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita, come spiega Peter Dale Scott nel suo ultimo libro. Così, l’autore dimostra che le relazioni statunitensi-saudite sono la vera “scatola nera”: “Negli anni ’80, William Casey, direttore della CIA, prese decisioni cruciali nella guerra segreta in Afghanistan. Tuttavia, furono prese al di fuori del quadro burocratico dell’Agenzia, essendo state preparate con i direttori dei servizi d’intelligence sauditi, prima Qamal Adham e poi principe Faysal bin Turqi. Tra tali decisioni possiamo citare la creazione di una Legione Straniera con il compito di aiutare i mujahidin afghani a combattere i sovietici. Chiaramente, fu l’istituzione di un sistema di supporto operativo conosciuto come al-Qaida dopo la fine della guerra dell’URSS in Afghanistan. Casey espose i dettagli del piano con i due capi dell’intelligenza saudita, e con il direttore della Banca di Credito e Commercio Internazionale (BCCI), la banca pakistano saudita di cui erano azionisti Qamal Adham e Faysal bin Turqi. In tal modo, Casey guidò una seconda agenzia, o i canali esterni alla CIA, costruendo con i sauditi la futura al-Qaida in Pakistan, mentre la gerarchia ufficiale dell’Agenzia a Langley “pensava che fosse imprudente”. Ne La macchina da guerra statunitense, posi Safari Club e BCCI nella serie di accordi in virtù di una “CIA alternativa” o “seconda CIA”, risalente alla creazione, nel 1948, dell’Ufficio del coordinamento politico (OPC per Ufficio di coordinamento delle politiche). Così è comprensibile che George Tenet, direttore della CIA di George W. Bush, seguisse il precedente di (William) Casey (direttore dell’Agenzia sotto Reagan) incontrando una volta al mese il principe Bandar, l’ambasciatore saudita negli Stati Uniti, ma senza rivelare il contenuto delle discussioni ufficiali della CIA sulle questioni saudite“. Nell’articolo del Times, il principe Bandar è presentato come il principale artefice della politica a sostegno della ribellione in Siria. In effetti, il giornale conferma che “gli sforzi sauditi furono guidati dal focoso principe Bandar bin Sultan, allora capo dei servizi segreti (del regno) che chiese che le spie saudite acquistassero migliaia di (fucili) AK-47 e milioni di munizioni in Europa orientale per i ribelli (in Siria). La CIA facilitò alcuni di tali acquisti dei sauditi, tra cui un grande accordo con la Croazia nel 2012. Nell’estate dello stesso anno queste operazioni sembravano fuori controllo, sul confine tra Turchia e Siria, e le nazioni del Golfo inviavano denaro e armi ai gruppi ribelli, compresi i gruppi che gli alti responsabili statunitensi temevano collegati ad organizzazioni estremiste come al-Qaida“. Così, la guerra segreta della CIA e dei partner stranieri in Siria ha fortemente incoraggiato l’ascesa dello SIIL, che Pentagono ed alleati bombardano da settembre 2014 senza molta efficienza e su un sfondo polemico. Dal luglio 2012, attraverso la politica profonda del principe Bandar, il “platano” jihadista in Siria subì una “crescita relativamente veloce” con il sostegno attivo della CIA e dei suoi partner. Ma Bandar era così vicino all’agenzia che non può essere dissociato dalle azioni clandestine dei servizi speciali statunitensi, almeno quando era ambasciatore dell’Arabia Saudita a Washington (1983-2005) e poi direttore dell’intelligence saudita (2012-2014). Dieci giorni prima degli attacchi del 13 novembre, pubblicai un articolo intitolato “La guerra segreta multinazionale della CIA in Siria“, in cui ho scritto: “Nel luglio 2012, il principe Bandar fu nominato capo dei servizi segreti sauditi, visto da molti esperti come segno dell’indurimento della politica siriana dell’Arabia Saudita. Soprannominato “Bandar Bush” per la sua vicinanza alla medesima dinastia presidenziale, fu ambasciatore a Washington al momento degli attacchi dell’11 settembre. Per molti anni questo uomo intimamente legato alla CIA fu accusato da un’ex-senatore della Florida di aver sostenuto alcuni dei dirottatori accusati di quegli attacchi. Fin quando non fu dimesso nell’aprile 2014, The Guardian sottolineò che “Bandar guidava gli sforzi sauditi nel coordinare meglio le forniture di armi ai ribelli che combattono Assad in Siria. Tuttavia, fu criticato per aver sostenuto i gruppi estremisti islamici, rischiando lo stesso “boomerang” dei combattenti del saudita Usama bin Ladin di ritorno dopo la jihad contro i sovietici in Afghanistan negli anni ’80, una guerra santa ufficialmente autorizzata. (…) Nel 2014, un parlamentare statunitense disse che la CIA era “ben consapevole che molte armi in dotazione (all’agenzia) fossero nelle mani sbagliate”. Nell’ottobre 2015, il massimo esperto sulla Siria Joshua Landis dichiarò che “tra il 60 e l’80% delle armi che gli Stati Uniti hanno introdotto (in questo Paese) è andato ad al-Qaida e gruppi affiliati“. In altre parole, la CIA e gli alleati turchi e petromonarchici decisamente promossero la nascita di tali gruppi estremisti in Siria, tra cui al-Qaida e SIIL. Tuttavia, tale politica profonda multinazionale fu deliberatamente scelta dalla Casa Bianca? La risposta non è ovvia. Come sottolineai nell’agosto 2015, l’ex-direttore dei servizi segreti militari del Pentagono (DIA), Michael Flynn, denunciò su al-Jazeera l’irrazionalità sconcertante della Casa Bianca sulla questione siriana. In quell’occasione, rivelò che i funzionari dell’amministrazione Obama presero la “decisione deliberata” di “fare quello che fanno in Siria“; in altre parole, avrebbero scelto di sostenere le milizie anti-Assad che la DIA descrisse nel 2012 come infiltrate e dominate da forze jihadiste. Da quell’anno, Flynn e la sua agenzia informarono la Casa Bianca del rischio della comparsa di uno “Stato islamico” tra Iraq e la Siria grazie al sostegno occidentale, turco e petromonarchico alla ribellione. Per chiarirne l’intervento, poi disse a un giornale russo che il governo statunitense aveva finora sostenuto “tante diverse fazioni (anti-Assad) che è impossibile capire chi siano e per chi lavorano. La composizione dell’opposizione armata siriana, sempre più complessa, ha reso notevolmente più difficile qualsiasi identificazione. Perciò (…) per gli interessi statunitensi bisogna (…) fare un passo indietro e sottoporre la nostra strategia a un esame critico. A causa della possibilità, molto reale, di sostenere forze legate allo Stato islamico (…) insieme ad altre forze anti-Assad in Siria. “Il generale Flynn, quando dirigeva la DIA al Pentagono, vide circa 1200 gruppi in lotta (in Siria). Di conseguenza“, il generale Flynn pensò “in realtà nessuno, compresa la Russia, ha una chiara idea con cosa abbiamo a che fare, ma tatticamente è davvero importante capirlo. Una visione unilaterale della situazione in Siria e Iraq sarebbe un errore”. A tale terreno complesso si aggiunse la procedura tradizionale dell’Agenzia della “negazione plausibile”, con l’obiettivo di cancellare qualsiasi incriminazione del governo degli Stati Uniti ricorrendo ad agenti esteri e/o privati. Nel mio articolo sulla guerra segreta della CIA in Siria, notai che “Le operazioni multinazionali anti-Assad furono anche una grande fonte di confusione. In primo luogo, anche se molti servizi occidentali e mediorientali sono coinvolti in tale conflitto, è difficile pensare a questa guerra segreta da una prospettiva multinazionale. In effetti, media ed esperti ebbero la tendenza a dissociare le politiche siriane dei diversi Stati illegalmente impegnati a destabilizzare la Siria. E’ vero che la rinuncia degli Stati Uniti d’intervenire direttamente provocò taglienti tensioni diplomatiche con Turchia e Arabia Saudita. Inoltre, l’ostilità di re Abdullah contro i Fratelli musulmani generò gravi divisioni tra, da un lato il regno saudita, dall’altra Qatar e Turchia; tali tensioni sono aggravate da Salman dopo l’intronizzazione a re nel gennaio 2015. A causa di tali differenze, le politiche siriane degli Stati ostili al regime di Assad sono state scarsamente analizzate sotto la prospettiva multinazionale. Piuttosto, le operazioni occidentali furono distinte da quelle dei Paesi del Medio Oriente. Ma i servizi speciali dei diversi Stati condussero azioni finora comuni e coordinate nell’opacità abissale della segretezza. Nel gennaio 2012, CIA e MI6 lanciarono operazioni clandestine per armare i terroristi tra Libia, Turchia e Siria, con l’aiuto dei turchi e il finanziamento di Arabia Saudita e Qatar. (…) E’ dimostrato che tali armi furono consegnate “quasi esclusivamente” a fazioni jihadiste, secondo il parlamentare inglese Lord Ashdown. Secondo il giornalista Seymour Hersh, “il coinvolgimento dell’MI6 permise alla CIA di eludere la legge qualificando la sua missione come operazione di collegamento“. Le azioni dell’Agenzia in Siria sono meglio controllate oggi? La questione rimane aperta, ma la dottrina della “negazione plausibile” tradizionalmente attuata dalla CIA potrebbe essere una risposta. (…) Anche se tale procedura tende a confondere le acque, il ruolo centrale della CIA nella guerra segreta multinazionale (in Siria) non è più dubbio. Nell’ottobre 2015, il New York Times spiegò che “I missili anticarro TOW di fabbricazione statunitense apparvero nella regione nel 2013, attraverso un programma clandestino (della CIA) guidato da Stati Uniti, Arabia Saudita e altri alleati, allo scopo di aiutare i gruppi di insorti “scelti” dall’Agenzia nella lotta al governo siriano. Tali armi sono consegnate sul campo dagli alleati degli Stati Uniti, ma gli Stati Uniti ne approvano l’assegnazione. (…) I capi ribelli risero quando li interrogarono sulla consegna di 500 TOW dall’Arabia Saudita, dicendo che era un numero ridicolo rispetto a ciò che era effettivamente disponibile. Nel 2013 l’Arabia Saudita ordinò (a Washington) più di 13000 (TOW)”. (…) A seguito dello scoppio del conflitto con la Russia, l’ex-consigliere del Pentagono confermò al Washington Post che l’utilizzo di partner stranieri ha comportato la “negazione plausibile”, coprendo le operazioni della CIA in Siria: “missili (TOW) prodotti dalla Raytheon provengono principalmente dalle scorte governative saudite, che ne acquistarono 13795 nel 2013 (…) Poiché gli accordi di vendita prevedono che l’acquirente informi gli Stati Uniti sulla loro destinazione finale, l’approvazione (di Washington) è implicita secondo Shahbandar, ex-consigliere del Pentagono. Secondo lui, non è richiesta alcuna decisione dall’amministrazione Obama sul prosieguo del programma. “Non c’è bisogno di un via libero statunitense. Una luce ambrata basta”. “Questo è un (programma) illegale e tecnicamente può essere negato, ma è caratteristico delle guerre per procura”. “Così, con la dottrina della “negazione plausibile” che coinvolge terzi che si possono biasimare sembra spiegarne il motivo, il ruolo della CIA e dei suoi alleati occidentali nella guerra segreta (a questo punto) viene insabbiato, distorto o minimizzato”. In questo articolo aggiunsi che “contrariamente al mito dell'”inazione” (militare) occidentale contro il regime di Bashar al-Assad, la CIA fu fortemente coinvolta in Siria, nell’ambito di un’oprazione illegale sovvenzionata da budget classificati e anche stranieri. Tuttavia con tali fondi esteri e i miliardi di dollari mobilitati e non controllati dal Congresso degli Stati Uniti, l’istituzione non ha il potere di esercitare il controllo su bilanci o politiche esteri. “Secondo le dichiarazioni di un parlamentare statunitense, il New York Times confermò tale assenza di trasparenza dovuta all’utilizzo di fondi esteri: “Mentre l’amministrazione Obama ha visto la coalizione come argomento seducente per il Congresso, alcuni legislatori, come il senatore democratico dell’Oregon Ron Wyden, hanno chiesto perché la CIA avesse bisogno del denaro saudita per finanziare l’operazione, secondo un ex-funzionario statunitense. Wyden ha rifiutato di rispondere alle nostre domande, ma la sua squadra ha rilasciato una dichiarazione chiedendo maggiore trasparenza: “ex-funzionari del governo hanno detto che gli Stati Uniti rafforzano le capacità operative dell’opposizione militare anti-Assad. Tuttavia, i cittadini non furono informati sui termini della politica che coinvolge le agenzie degli Stati Uniti, o partner stranieri con i cui queste istituzioni collaborano“.” Alla luce delle rivelazioni del New York Times sull’operazione Legno di platano, e sapendo che il sostegno di CIA ed alleati ad al-Qaida in Siria è ormai di dominio pubblico, anche in Italia, è essenziale che i cittadini occidentali chiedano responsabilità ai loro parlamentari. Come coraggiosamente denunciò il parlamentare statunitense Tulsi Gabbard tre settimane prima degli attacchi del 13 novembre, “le armi degli Stati Uniti vanno nelle mani dei nostri nemici, al-Qaida e altri gruppi estremisti islamici, nostri nemici giurati. Sono i gruppi che ci attaccarono l’11 settembre e che cerchiamo di sconfiggere, ma noi li sosteniamo armandoli per rovesciare il governo siriano. (…) Non voglio che il governo degli Stati Uniti fornisca armi ad al-Qaida, estremisti islamici, nostri nemici. Penso che sia un concetto molto semplice: è impossibile sconfiggere i tuoi nemici se, allo stesso tempo, li armi e aiuti. Cosa assolutamente senza senso per me“. E’ pertanto urgente che le potenze occidentali sviluppino e attuino politiche più razionali e pragmatiche per lottare efficacemente contro il terrorismo, altrimenti questa foresta di “platani” continuerà ad espandersi pericolosamente. |