Fonte: Katehon http://www.controinformazione.info/ Nov 30, 2016
Gli USA e le conseguenze inintenzionali delle proprie azioni di Brutus Cursor
Le conseguenze inintenzionali delle proprie azioni. È la morale che gli americani dovrebbero trarre dall’attuale scenario mediorientale. Quando i conflitti si saranno sedati, è molto probabile che ci ritroveremo in un contesto che vedrà rafforzata la presenza russa in tutta l’area.
Mentre, sia la guerra in Siria che i cambi di regime in Libia ed Egitto erano originariamente legati anche all’idea americana di ridimensionare la Russia. Mosca, infatti, si è sempre considerata la garante del regime di Assad in Siria, dove esistono le strategiche basi militari russe a Latakia e Tartus. Tradizionalmente positive erano anche le relazioni fra Russia ed Egitto. Infine, proprio grazie al ruolo dell’Italia in Libia, all’epoca dell’ultimo governo Berlusconi, Gazprom aveva spuntato la possibilità di sfruttare i giacimenti libici Eni di Elephant Field, una mossa strategica che ha probabilmente segnato la sorte sia di Berlusconi che di Gheddafi.
Nel 2011, l’obiettivo degli americani era indebolire la posizione dominante della Russia dal punto di vista energetico in Europa, aprendo una nuova via per i gasdotti verso il Caspio che passassero dall’Azerbaijan, filo turco, dunque vicino all’alleanza atlantica, puntando al contempo a spingere sempre più verso la Ue sia l’Ucraina che il Kazakistan. Contrariamente alle previsioni di Washington, la Russia riusciva invece a portare avanti un nuovo gasdotto, South Stream, che rafforzava la propria posizione nell’Est, mentre il progetto targato Ue, Nabucco, naufragava. Inoltre, attraverso l’operazione Elephant Field con Eni, Mosca si proiettava anche nel Mediterraneo. Per questi motivi, gli Stati Uniti hanno visto di buon occhio sia la volontà francese di eliminare Gheddafi per sostituirsi all’Italia in Libia, che il tentativo dei sauditi di rovesciare la Siria filo Iran e di estendere la propria influenza allo stesso Egitto, attraverso la Fratellanza Musulmana che diventava protagonista della “primavera egiziana”.
In questo momento, invece, le previsioni americane si sono rovesciate. Mosca ha riallacciato buoni rapporti con la Turchia; in Iraq, sta sconfiggendo l’Isis grazie alle milizie sciite filo iraniane. Ottime sono le relazioni di Mosca con Al Sisi; Haftar sta, infine, vincendo la sua guerra, grazie alla collaborazione di Mosca; e già si parla di una possibile nuova base extraterritoriale russa in Libia. Come se ciò non bastasse, le ex repubbliche sovietiche centro asiatiche del Turkestan, che sono fisiologicamente sottoposte al potere destabilizzante delle limitrofe Cina, Iran, Turchia, stanno reiterando la loro adesione all’area di influenza di Mosca, senza creare attriti con le altre potenze regionali. Anche la Moldova, la cui adesione Nato era stata promessa dell’ex presidente filo Ue Filip, si sta riallineando all’Est. Dunque, se l’America voleva ridimensionare Mosca, si ritrova oggi con una Russia rafforzata.
La morale da trarre è che era irrealistico pensare di ridurre l’area di influenza di Mosca, soltanto perché la Russia non è una potenza economica, ignorando il dato che è comunque una potenza militare. Ora spetterà alla Russia dimostrare di saper giocare un ruolo di riequilibrio nello scacchiere euroasiatico, senza pestare i piedi alle legittime ambizioni di Cina e Turchia. L’Europa rischia di essere ridotta all’irrilevanza, se il suo progetto comune dovesse naufragare. Se ciò dovesse accadere, la crisi dell’Unione potrà essere spiegata anche con il tentativo di utilizzarla come ariete da parte degli Usa contro la Russia. |