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17/11/2016

 

Gerusalemme, la legge che legalizza il sequestro di terre ai palestinesi

 

La Knesset ha approvato in prima lettura la norma dell’estrema destra che legalizza il sequestro di terre di privati palestinesi. Per il voto finale serve la maggioranza assoluta. Peace Now: “Netanyahu è concentrato sulla lotta di potere interna”. Bernard Sabella: “Contro la legge essenziale l’intervento dell’Europa e l’unità fra palestinesi”. I dubbi su Trump e le politiche Usa. Il tramonto del progetto di "due popoli, due Stati".

 

Legalizzare il furto, consegnare la linea politica del Paese ai coloni, archiviare per sempre la nascita di uno Stato palestinese, ignorare le disposizioni del diritto internazionale e le sentenze della stessa magistratura israeliana. Contattati da AsiaNews attivisti israeliani e leader politici palestinesi non nascondo la preoccupazione all’indomani del voto [preliminare] della Knesset che, di fatto, legalizza il sequestro di terre di privati cittadini palestinesi e mette la parola fine alla soluzione dei due Stati. E attaccano il governo di Benjamin Netanyahu che, per pur di restare al potere, viola “lo Stato di diritto”. 

Ieri il Parlamento israeliano ha dato il via libera preliminare all’approvazione di una legge che legalizza migliaia di insediamenti in Cisgiordania, a fronte di un compenso per i palestinesi. La norma, che ha ricevuto nei giorni scorsi il via libera da parte di un comitato ministeriale a nome del governo, mostra in tutta la sua portata il potere e l’influenza esercitati dalla lobby dei coloni. 

Con l’entrata in vigore, la norma sancirebbe anche l’esistenza dell’avamposto di Amona; un’entità territoriale considerata illegale dalla stessa magistratura israeliana, che ne ha disposto lo sgombero [e la successiva demolizione] entro il 25 dicembre.

La legge, che si applica a circa 2/3mila case di coloni ebraici, necessita dell’approvazione della maggioranza assoluta dei deputati della Knesset. In prima lettura la controversa norma ha ricevuto 58 voti favorevoli e 50 contrari; ne mancano dunque solo tre per arrivare a 61 [l’esecutivo è sostenuto da 66 parlamentati, ndr] e garantire così il via libera alla legge. Fonti parlamentari, dietro anonimato, riferiscono di un possibile accordo dietro le quinte per mettere in stallo la norma che ha ricevuto il voto favorevole anche del premier israeliano. 

Interpellata da AsiaNews Anat Ben Nun, direttore delle relazioni esterne di Peace Now, Ong israeliana in prima linea contro l’occupazione, sottolinea che la “politica” di Netanyahu per legalizzare gli insediamenti  “è iniziata durante i precedenti mandati”. Queste scelte, aggiunge l’attivista, mostrano che egli “non è davvero interessato alla soluzione dei due Stati”, ma è concentrato solo sulla lotta di potere interna al Paese, in particolare “con il ministro [Naftali] Bennet e “deve far fronte a questa pressione”.

In risposta al voto parlamentare, l’amministrazione americana guidata da Barack Obama ha espresso “profonda preoccupazione”.

Vi è pure incertezza attorno alle politiche future del nuovo presidente Donald Trump, che si insedierà il prossimo 20 gennaio alla Casa Bianca. Secondo alcuni tali incertezze sono sfruttate dalla destra israeliana per promuovere l’occupazione. “La destra israeliana ha troppa fretta nel celebrare la vittoria di Donald Trump” spiega la portavoce di Peace Now. “Nel corso di tutta la campagna elettorale - prosegue - Trump ha fatto dichiarazioni contrastanti su Israele e Palestina. E data la sua natura imprevedibile, nessuno può dire ora quali saranno le politiche nella regione”. Per questo “la soluzione dei due Stati va mantenuta in vita”, afferma Anat Ben Nun, ed è “compito nostro e della comunità internazionale” assicurare che siano difesi “i diritti di milioni di palestinesi”.

Bernard Sabella, cattolico, rappresentante di Fatah per Gerusalemme e segretario esecutivo del servizio ai rifugiati palestinesi del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, sottolinea che la legge conferma le “ambizioni” della destra israeliana, la quale “vuole annettere tutta la Cisgiordania”. Sono convinti che Trump “darà loro mano libera” nelle politiche verso i palestinesi e la regione. “Non so cosa succederà - spiega il leader cattolico ad AsiaNews - ma in questo momento è essenziale l’intervento dell’Europa” per fermare l’escalation. Bruxelles, aggiunge, “non può restare inerte, sarebbe un disastro” perché qui “non sono in gioco le simpatie o la vicinanza politica a Israele, ma il diritto internazionale”. 

Secondo il leader palestinese una parte della destra israeliana ritiene di possedere una “legittimazione non solo politica, ma anche religiosa” a fare ciò che vuole, incuranti delle leggi e del diritto. “Un atteggiamento pericolosissimo - aggiunge - perché pone Israele sopra la legge e le norme internazionali”. “Si tratta di un gruppo minoritario - prosegue - ma che è molto organizzato e riesce a imporsi sulla maggioranza del Paese. E quanti si oppongono, fra cui attivisti e Ong pro diritti umani, vengono accusati di lavorare al soldo di agende straniere o sentimenti anti-israeliani”. Serve una soluzione politica che restituisca “dignità umana” anche ai palestinesi, conclude Sabella, secondo cui “è essenziale che la leadership palestinese ritrovi unità e coesione per difendere con maggiore forza e vigore i diritti del suo popolo”. 

Secondo Peace Now nel 2016 l’amministrazione israeliana - in mano ai militari - che controlla i territori della Cisgiordania ha dato il via libera a 2.623 nuovi insediamenti. Fra questi vi sono 756 case abusive e “legalizzate” a posteriori. Ad oggi almeno 570mila cittadini israeliani vivono in oltre 130 insediamenti costruiti da Israele a partire dal 1967, data di inizio dell’occupazione.

Il diritto internazionale considera illegali questi insediamenti; una posizione contestata dal governo israeliano, che negli ultimi anni ha sempre più rafforzato la politica espansionista. Agli insediamenti si aggiungono anche almeno 97 avamposti, considerati illegali non solo dal diritti internazionale ma dallo stesso governo israeliano. 

I colloqui di pace fra Israele e Palestina si sono interrotti nel 2014, innescando una escalation di violenze. (DS)

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