Una versione di questo articolo è stata pubblicata la prima volta su http://znetitaly.altervista.org/ 2 novembre 2016
I leader occidentali sono sordi alle violazioni di Israele di Jonathan Cook Traduzione di Maria Chiara Starace
Israele è appena emerso dalle tre settimane di giorni sacri, un periodo che in anni recenti è stato segnato da estremisti religiosi ebrei che hanno compiuto visite provocatorie nell’area della moschea al-Aqsa nella zona di Gersualemme Est occupata. Molti vi vanno a pregare, violando gli obblighi internazionali di Israele. La maggior parte di loro appartengono ai gruppi che cercano di arrivare alla distruzione della moschea e la sostituzione di questa con un tempio ebraico e che ora godono dell’appoggio dall’interno del parlamento, compreso il partito del primo ministro Netanyahu. Lo scorso autunno, un’ondata di tali visite ha indignato i palestinesi e ha scatenato una serie di attacchi di cosiddetti “lupi solitari” contro gli israeliani. Solo di recente tali attacchi si sono ridotti. Traendo vantaggio di questa rinnovata quiete, Israele ha permesso a un numero da record di ultranazionalisti di visitare la moschea, e le cifre diffuse a settimana scorsa mostrano che anche gruppi di soldati israeliani entrano nel sito religioso. Anche la polizia, il cui comandante di recente nominato è egli stesso della comunità di coloni estremisti, ha raccomandato che sia messa fine alle restrizioni per le visite da parte dei deputati israeliani che chiedono la sovranità di Israele sulla moschea. Il modo in cui Israele ha trattato questo sito sacro islamico di suprema importanza, simboleggia per i palestinesi la loro impotenza, oppressione e umiliazione quotidiana. Al contrario, un senso di impunità ha lasciato Israele avida di ancora più controllo sui palestinesi. Lo squilibrio enorme di potere è stato descritto in dettaglio il mese scorso durante un dibattito del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Hagai El-Ad, capo di B’Tselem *, che controlla l’occupazione, ha definito gli abusi di Israele: “violenza invisibile, burocratica, quotidiana” contro i palestinesi, esercitata dalla “culla alla tomba”. Ha fatto appello alla comunità internazionale per mettere fine ai suoi 5 anni di inazione. “ “Abbiamo bisogno del vostro aiuto… L’occupazione deve finire. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite deve agire. E questo è il momento,” ha detto. I politici israeliani erano furiosi. El-Ad aveva infranto una delle regole fondamentali di Israele: non si lavano i panni sporchi del paese all’estero. La maggior parte degli Israeliani considera l’occupazione della Palestina e la sua sofferenza una faccenda esclusivamente interna che deve essere decisa soltanto da loro. Netanyahu ha accusato il direttore di B’Tselem di cospirare con estranei per assoggettare Israele alla “coercizione internazionale”. Dato che gli Stati Uniti difendevano fiaccamente la libertà di parola di El-Ad, Netanyahu ha trovato un delegato per rilanciare l’attacco. David Bitan, presidente del suo partito, ha chiesto che El-Ad venisse privato della sua cittadinanza e ha proposto alla legislatura di dichiarare fuori legge le richieste di sanzioni contro Israele nei forum internazionali. Non sorprende che El-Had abbia affrontato una marea di minacce di morte. Nel frattempo, un altro forum dell’ONU aveva esaminato l’occupazione di Israele. Il suo organismo educativo, scientifico e culturale, cioè l’UNESCO [L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura], il mese scorso ha fatto passare una risoluzione che condanna le sistematiche violazioni da parte di Israele dei luoghi sacri palestinesi, specialmente di al-Aqsa. Di nuovo gli israeliani si sono infuriati per questo breve disturbo al loro macchinario ben lubrificato dell’oppressione. Le violazioni, documentata dall’Unesco sono state oscurate dalle proteste israeliane che la sua narrazione, basata sulla paranoia della sicurezza e sul titolo della Bibbia, non era il fulcro del problema. Mentre Israele esercita sempre più controllo fisico sui palestinesi, il suo credito morale si sta rapidamente esaurendo con le platee straniere che sono riuscite a capire che l’occupazione non è né benevola né temporanea. L’aumento dei media sociali ha accelerato questo risveglio che ha sua volta ha rafforzato le reazione della gente comune come il movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (BDS). Consapevole dei rischi, Israele ha preso di mira in maniera aggressiva tutte le forme di attivismo popolare. Facebook e Youtube sono sotto pressione implacabile per censurare i siti che criticano Israele. I governi occidentali che si sono uniti al coro di “Je suis Charlie” dopo l’attacco letale dell’ISIL all’ufficio di Parigi del settimanale Charlie Hebdo, dell’anno scorso, hanno inasprito i controlli sul movimento BDS. Paradossalmente, la Francia ha fatto da guida a mettere fuori legge questo tipo di attivismo, facendo eco alle affermazioni di Israele che sostiene che questo costituisce “istigazione”. E i movimenti sociali di sinistra che emergono in Europa affrontano forti accuse basate sul fatto che qualsiasi critica di Israele equivale a un attacco a tutti gli ebrei. In particolare, una commissione parlamentare britannica il mese scorso ha descritto come anti-semitiche delle parti del partito laburista guidato dal suo nuovo leader Jeremy Corbyn, un paladino dei diritti dei palestinesi. In questi modi, i governi europei – timorosi di sconvolgere il protettore di Israele a Washington, hanno cercato di tenere sotto controllo la rabbia popolare verso Israele aggressivo e incorreggibile. A illustrazione di questa cautela, la settimana scorsa l’UNESCO è stato costretto a votare una seconda volta per la sua risoluzione, eliminando, questa volta, la parola “occupazione” e, di nuovo, contrariamente alla prassi normale, dando pari status ai nomi dell’occupante per i luoghi minacciati dalla sua occupazione. Anche avendo rimosso la risoluzione, non è stato possibile ottenere il solito consenso dell’UNESCO. La risoluzione – spinta dai palestinesi e dagli stati arabi – è passata con una maggioranza sottilissima, mentre i governi europei e altri si sono astenuti. Israele e i suoi “facilitatori” hanno con successo praticato uno “svuotamento” del discorso ufficiale su Israele per mitigare anche la critica più blanda. Gradualmente, come il voto dell’Unesco e le esperienze di Corbyn nel Regno Unito evidenziano, le potenze occidentali stanno accettando le premesse doppiamente illogiche di Netanyahu, cioè che criticare l’occupazione è anti-israeliano, criticare Israele è anti-semita. Gradualmente, i leader occidentali, ammettono ora che qualsiasi critica delle politiche di Netanyahu – anche quando tenta di assicurare che l’occupazione diventa permanente – è proibita. El-Ad ha chiesto di avere coraggio al consiglio di sicurezza dell’ONU, ma le sue parole non sono state ascoltate. https://it.wikipedia.org/wiki/B%27Tselem Jonathan Cook ha vinto il Premio Speciale Martha Gellhorn per il Giornalismo. I suoi libri più recenti sono: “Israel and the Clash of Civilisations: Iraq, Iran and the Plan to Remake the Middle East” [ Israele e lo scontro di civiltà: Iraq, Iran e il piano per rifare il Medio Oriente] (Pluto Press) e Disappearing Palestine: Israel’s Experiments in Human Despair” [La Palestina che scompare: gli esperimenti di Israele di disperazione umana] (Zed Books). Il suo nuovo sito web è: www.jonathan-cook.net. Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/western-leaders-grow-deaf-to-israeli-abuses Originale: non indicato |