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http://www.intelligence-info.com 26 Mars 2016
La strategia di Israele in Siria rivelata dalla posta di Hillary Clinton
Nel suo articolo pubblicato il 23 febbraio 2016 su Politico, Robert Kennedy Jr. aveva ritratto il conflitto in Siria come una guerra globale per il controllo delle risorse energetiche nella regione, con, da un lato, gli Stati Uniti, l'Unione Europa, Israele, i paesi del Golfo e la Turchia a sostenere l'opposizione ad Assad, dall'altra, la Russia, la Cina e l'Iran, a sostenere il regime. RFK Jr. insistiteva soprattutto sull'azione di Stati Uniti, Qatar e Arabia Saudita nel sostenere la rivolta. Certo, aveva sottolineato che Israele era determinato anche a far deragliare la "Pipeline islamica", scelta da Assad nel luglio 2011, che avrebbe arricchito l'Iran e la Siria e i loro alleati, Hezbollah e Hamas. Tuttavia, alcuni giocatori sono stati in grado di stimare che il posto di Israele in questo conflitto meritava un’analisi un pò più spinta. Le e-mail di Hillary Clinton, molti messaggi di posta elettronica che Wikileaks ha recentemente pubblicato, ci parlano proprio degli interessi e della strategia di Israele in questa guerra. Gli interessi di ciascuno dei belligeranti conosciuti, ci chiediamo se il mito dei ribelli moderati, che sta per essere sepolto, non era esattamente un trucco del movimento anti-Assad per focalizzare l'attenzione del pubblico sull'unico stato islamico, lasciando le mani libere alle forze principali, infatti, per cinque anni, hanno insidiato lo stato siriano. L'occasione ancora una volta di mettere in guardia contro la disinformazione dilagante in questa guerra, come in ogni guerra.
Assad caduto, l’Iran isolato, Israele al sicuro di James Rubin
Il 16 Marzo 2016, WikiLeaks ha lanciato un motore di ricerca per esplorare l’archivio di 30.322 e-mail e gli allegati, inviati dal server di posta elettronica privato Hillary Clinton, nel momento in cui quest'ultima era Segretario di Stato, dal 30 giugno 2010 al 12 agosto 2014. In questa massa di scambi, si trova una lettera inviata il 30 aprile 2012 da James P. Rubin a Hillary Clinton. Per informazioni, James Rubin è stato assistente segretario di stato per le relazioni pubbliche e capo portavoce del Dipartimento di Stato tra il 1997 e il maggio 2000. Nell’amministrazione Clinton, era considerato il braccio destro del Segretario di Stato Madeleine Albright (una donna che ha dichiarato nel 1996 che la morte di 500.000 bambini iracheni, vittime dell'embargo imposto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, valeva la pena). Rubin è stato anche un membro della squadra della Clinton nella campagna per la sua nomina nel contesto delle elezioni presidenziali del 2008.
Ecco l'essenza del suo messaggio: "Buona Fortuna per il Suo Viaggio in Cina": "Ho voluto trasmetterle qualcosa che ho intenzione di pubblicare su Siria e Iran, perché penso che valga la pena di provare a sollecitare il Presidente e i suoi consiglieri politici ad agire. [...] Come si vedrà in allegato, credo che l'azione in Siria impedirà il pericolo più grande all'orizzonte, che Israele lanci un attacco a sorpresa contro gli impianti nucleari iraniani. Anche se la pressione è ora diminuita per molti motivi, risorgerà. D'altra parte, l'azione di Washington sulla Siria, rimuoverà di molto, credo, l'urgenza dell'azione israeliana. In altre parole, una politica più aggressiva in Siria [...] alleggerirebbe notevolmente la pressione su Israele che potrebbe portare ad attaccare l'Iran scatenando, forse, una guerra più ampia in Medio Oriente [...]. Lo so che voi non potete essere d'accordo, ma ho pensato che fosse meglio condividere questo con voi come un nuovo modo di affrontare il problema."
L'email si conclude: "Tutti il meglio, il tuo amico, Jamie," mostrando grande familiarità tra i due protagonisti. Scopriamo il titolo dell'allegato in un'altra e-mail inviata poche ore più tardi da Hillary Clinton a Robert Russo, chiedendogli di stampare il testo: "per favore stampalo"
Robert Russo è stato al servizio del successo di Hillary Clinton per dieci anni, come si apprende dal suo profilo su Linkedin. Attualmente è direttore della corrispondenza e dei briefing per il sito web della campagna: Hillary per l'America. Ha prestato servizio come assistente speciale del Segretario di Stato tra il gennaio 2009 e febbraio 2013.
Ecco la sostanza del testo di James Rubin, "Nuovo Iran e Siria 2.doc" "Il modo migliore per aiutare Israele ad affrontare le crescenti capacità nucleari dell'Iran, è quello di aiutare il popolo della Siria a rovesciare il regime di Bashar Assad. I negoziati per limitare il programma nucleare iraniano non risolveranno il dilemma della sicurezza di Israele. [...] Nella migliore delle ipotesi, i colloqui [...] permetteranno a Israele di rinviare di qualche mese la sua decisione di lanciare un attacco contro l'Iran, che potrebbe causare una guerra in Medio Oriente. Il programma nucleare iraniano e la guerra civile in Siria possono sembrare non collegati, ma lo sono. Per i leader israeliani, la vera minaccia di un Iran dotato di armi nucleari non è la prospettiva di un leader iraniano folle che lancia un attacco nucleare intenzionale su Israele, che porterebbe alla distruzione di entrambi i paesi. Ciò che veramente preoccupa l'esercito israeliano, ma non si può dire, è il fatto che sta perdendo il suo monopolio nucleare. Una capacità iraniana in materia di armi nucleari [...] potrebbe anche incoraggiare altri avversari, come l'Arabia Saudita e l'Egitto ad andare verso il nucleare, nello stesso modo. Il risultato sarebbe un equilibrio nucleare precario in cui Israele non potrà più rispondere alle provocazioni con attacchi militari convenzionali in Siria e Libano, come può oggi. Se l'Iran acquisisse lo status di potenza nucleare, per Teheran sarebbe più facile chiedere ai suoi alleati Siria e Hezbollah di colpire Israele, sapendo che le sue armi nucleari servirebbero come deterrente per impedire a Israele di rispondere contro l'Iran stesso.
Torniamo in Siria. Questa è la relazione strategica tra l'Iran e il regime di Bashar Assad che, in Siria, permette all'Iran di minare la sicurezza di Israele, non attraverso un attacco diretto, in trent’anni di ostilità tra Iran e Israele non si è mai prodotto, ma attraverso i suoi procuratori in Libano come Hezbollah, che è sostenuto, armato e addestrato dall'Iran attraverso la Siria. La fine del regime di Assad porrebbe fine a questa pericolosa alleanza. Il potere, in Israele, capisce bene perché la sconfitta di Assad sia ora nel suo interesse [Rubin cita una dichiarazione del ministro della Difesa israeliano Ehud Barak fatta alla CNN la scorsa settimana, in tal senso].
Con Assad andato, e l'Iran divenuto incapace di minacciare Israele attraverso i suoi procuratori, sarebbe diventato possibile per gli Stati Uniti e Israele concordare una linea rossa che indichi quando, il programma iraniano, raggiunga una soglia inaccettabile. Washington dovrebbe iniziare esprimendo la sua volontà di cooperare con gli alleati regionali, come la Turchia, l'Arabia Saudita e il Qatar, per organizzare, addestrare e armare le forze ribelli siriane. L'annuncio di una decisione del genere causerebbe probabilmente, di per sé, defezioni sostanziali in seno all'esercito siriano. Quindi, utilizzando i territori in Turchia e forse anche in Giordania, diplomatici statunitensi e funzionari del Pentagono cominceranno a rafforzare l'opposizione. Questo richiederà tempo. Ma la ribellione è destinata a durare a lungo, con o senza il coinvolgimento degli Stati Uniti.
Il secondo passo è quello di sviluppare il sostegno internazionale per una coalizione dedicata principalmente alle operazioni di volo. [...] Armare i ribelli siriani e utilizzare la forza aerea occidentale per impedire agli elicotteri siriani e agli aerei di volare è un approccio economico ad alto valore aggiunto. [...] La vittoria non verrà rapidamente ne facilmente, ma arriverà. E la ricompensa sarà. Un Iran strategicamente isolato e incapace di esercitare la sua influenza in Medio Oriente. Il nuovo regime in Siria vedrà gli Stati Uniti come un amico, non un nemico. Washington avrebbe vinto un importante riconoscimento combattendo per la gente nel mondo arabo, e non per dei regimi corrotti."
James Rubin, in quanto si riferisce nella sua e-mail a Hillary Clinton, farà poi pubblicare il testo, appena rielaborato su Foreign Policy, il 4 giugno 2012. L'articolo sarà intitolato "The Real Reason to Intervene in Syria"
In sintesi, Rubin ritiene che, per scongiurare il pericolo più grande che si osserva in Medio Oriente, vale a dire un attacco da parte di Israele contro gli impianti nucleari iraniani, si debba lavorare per dissuadere Israele dall’agire. In effetti, il suo intervento potrebbe essere l'inizio di una guerra di grande portata. Per raggiungere questo obiettivo, occorre riuscire ad abbassare la pressione percepita da Israele, indebolendo le organizzazioni terroristiche che lo minacciano direttamente (Hezbollah in Libano, Hamas e Jihad islamica palestinese a Gaza), che sono prossime all’Iran, che le sostiene attraverso la Siria. Rompendo il legame tra l'Iran e la Siria, questi alleati diventano inoperativi. E per rompere questo legame, dobbiamo spezzare il suo anello più debole: il regime di Bashar Assad. Dobbiamo quindi sostenere la ribellione contro di lui, fino a che non è caduto. Con Assad caduto, e i proxy iraniani resi praticamente innocui, Israele sospenderebbe la sua intenzione di bombardare l'Iran. E un più pacifico negoziato sul programma nucleare iraniano potrebbe riprendere con l'appoggio degli Stati Uniti.
Per contestualizzare queste parole, ricordate che in quel momento il conflitto in Siria era iniziato da oltre un anno, e Mahmoud Ahmadinejad, bestia nera di Stati Uniti e Israele, era ancora al potere in Iran. E vi rimase fino al 3 agosto 2013. James Rubin ha anticipato il rifiuto russo di tale operazione, cosa che ha interdetto il passaggio attraverso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e la riluttanza di alcuni Stati europei, il che rende anche più difficile usare la NATO. L'operazione non avrà luogo, secondo lui, se non con l'accordo dei paesi occidentali e del Medio Oriente, in particolare Arabia Saudita e Turchia. Rubin sembra ignorare che quando fa le sue raccomandazioni, la CIA sostiene già l'opposizione siriana dal 2006, e che Turchia, Qatar e Arabia Saudita armano, addestrano e fiannziano già i jihadisti combattenti sunniti provenienti da Siria, Iraq e altrove, per rovesciare il regime di Assad. Il suo testo mette in luce quindi principalmente gli interessi di Israele nel tentativo corrente di rovesciare il regime siriano.
Israele e l'arte della guerra di Sidney Blumenthal
Un'altra e-mail interessante è stata inviata a Hillary Clinton da Sidney Blumenthal, il 23 luglio 2012. L'ex assistente e consigliere speciale del presidente Bill Clinton, un giornalista specializzato in Stati Uniti e politica internazionale. Blumenthal è un amico di lunga data e confidente di Hillary Clinton. Nel novembre 2007, era diventato il principale consigliere per la sua campagna presidenziale. Il Daily Caller del 7 Marzo 2016 ci ricorda che tra le decine di note informative inviate a Hillary Clinton quando era Segretario di Stato, 23 di queste contenevano informazioni classificate come confidenziale o segreto. Questo rende Blumenthal uno dei più prolifici condivisori di informazioni classificate con la Clinton. Le sue note sono particolarmente intriganti, nella misura in cui l'uomo non lavorava per il governo. Durante il periodo in cui inviava le sue note alla Clinton, lavorava per la Fondazione Clinton, così come per le varie organizzazioni non-profit con stretti legami con Hillary Clinton. Durante una parte di questo periodo, ha lavorato anche come editor, per The Daily Beast.
Nella sua e-mail, non classificate, Sidney Blumenthal stabilisce una relazione informativa che emana da diverse fonti vicine ai servizi segreti (egli non emette pareri personali). Ecco la sostanza stessa del testo, "Siria, Turchia, Israele, Iran"
"1. Secondo un individuo con accesso ai più alti livelli dei governi europei, i servizi segreti di questi paesi riferiscono ai loro dirigenti che i capi dell'esercito israeliano e la comunità di intelligence ritengono che la guerra civile in Siria potrebbe estendersi ai paesi vicini; Libano, Giordania e Turchia. Questi funzionari europei sono preoccupati che il conflitto in corso in Siria possa portare a rivolte in questi paesi, che vedrebbero al potere regimi islamici sempre più conservatori, da sostituire con gli attuali regimi laici o moderati. Questi individui aggiungono che i responsabili della sicurezza di Israele pensano che il primo ministro Benjamin Netanyahu sia convinto che questi sviluppi li renderebbero più vulnerabili, avendo con solo nemici sui loro confini.
2. Nelle conversazioni private, rappresentanti di alto livello dei servizi segreti e dell'esercito israeliano dicono ai loro partner europei che hanno, a lungo, visto il regime del presidente siriano Bashar Assad, anche se ostile, come un valore per la sicurezza e un cuscinetto tra Israele e i paesi musulmani più militanti, una situazione che è ora minacciata dal crescente successo dai ribelle dell’esercito libero siriano. Questa fonte ritiene che questi leader israeliani stanno ora sviluppando piani di emergenza per trattare con una struttura regionale, nel momento in cui i nuovi regimi rivoluzionari che includono questi paesi saranno controllati dai Fratelli Musulmani e gruppi forse anche più problematici come Al Qaeda, che non presagisce nulla di buono per gli israeliani.
3. [...] i leader europei ricevono rapporti che indicano che, se Israele dovesse attaccare gli impianti nucleari iraniani in questo momento, non farebbe che aggravare le sue relazioni con i paesi vicini. [...]
4. Secondo una fonte, con accesso diretto, i capi dell'esercito turco hanno detto, nelle discussioni private con le più alte autorità del loro governo, che l'attacco di Israele contro l'Iran scatenerebbe sicuramente una guerra regionale "prima che il primo attacco aereo Israeliano facesse ritorno alla sua base." Valutazioni dell’intelligence turca, supportate dai loro ufficiali di collegamento nei servizi segreti dell'Europa occidentale, informano che migliaia di missili e razzi cadrebbero su Israele lanciati da Iran, Libano, Siria e Gaza. [...]
7. Una fonte particolare afferma che i servizi segreti britannici e francesi credono che i loro omologhi israeliani siano convinti che ci sia un aspetto positivo nella guerra civile in Siria; se il regime di Assad cade, l'Iran perderebbe il suo unico alleato in Medio Oriente e sarebbe isolato. Allo stesso tempo, la caduta di Assad potrebbe provocare una guerra settaria tra gli sciiti e la maggioranza sunnita nella regione, che si estenderebbe fino all'Iran, cosa che, dal punto di vista i leader israeliani, non sarebbe un brutto sviluppo per Israele e i suoi alleati occidentali. Inoltre, un tale scenario distoglierebbe l'Iran dalle sue attività nucleari e potrebbe ostacolarle per un lungo periodo di tempo. Alcuni alti analisti dell’intelligence israeliana ritengono che questo stato di cose potrebbe anche rivelarsi un fattore decisivo nella caduta finale dell'attuale governo dell'Iran. [...]
9. Allo stesso tempo, una fonte sensibile separata ha aggiunto che i servizi di sicurezza europei sono preoccupati che questa strategia politica del rischio calcolato possa portare ad errori che potrebbero, a loro volta, portare ad una guerra regionale. A questo proposito, questi servizi europei rimangono in stretto contatto con i loro omologhi israeliani, che stanno cercando di manipolare gli eventi, evitando un conflitto generale in questo momento. Questo individuo ha dichiarato che un ufficiale anziano dell’esercito israeliano ha descritto l’attuale situazione nella prospettiva israeliana citando Sun Tzu L'arte della guerra: Vincerà chi sa quando combattere e quando non combattere."
In sintesi, vediamo due opposte valutazioni espresse sulla guerra in Siria, il punto di vista israeliano. Il primo consiste nel timore che questa guerra civile si diffonda verso i paesi circostanti, dando luogo ad un’acquisizione di potere da parte di forze islamiche radicali, che costituirebbero tanti nemici mortali per Israele. Inoltre, si afferma che Bashar Assad, anche se ostile a Israele, rappresenta un male minore, una forza moderatrice nella regione. La seconda valutazione vede la guerra in Siria la possibilità di invertire l'unico sostegno dell'Iran in Medio Oriente. Questa volta la guerra regionale tra sunniti e sciiti, che la caduta di Assad potrebbe causare, è vista positivamente perchè devierebbe per lungo tempo le attività nucleari dell'Iran; e potrebbe anche portare alla caduta del governo di Ahmadinejad.
Ricordiamo che dal 14 giugno 2013, è il moderato Hassan Rohani, al potere in Iran. Ciò suggerirebbe che quest'ultima valutazione abbia quindi perso la sua rilevanza (queste parole risalgono all’estate 2012); tuttavia, Hassan Rouhani non è eterno e un governo più radicale e ferocemente ostile a Israele, probabilmente potrebbe, un giorno, ritornare al lavoro. In sostanza, il rapporto di Sidney Blumenthal non ci permette di conoscere con sicurezza la strategia di Israele; ma possiamo immaginare che lo Stato ebraico stia giocando con il fuoco, sperando che sia la guerra ad abbattere Assad, isolando in modo permanente l'Iran, il suo principale nemico, pregando che l'operazione non comporti l'accesso al potere di regimi islamisti tutt’intorno ai suoi confini. Molto più ostili anche rispetto a quello che può essere l’attuale regime in vigore a Damasco. Come ci suggerisce la citazione di Sun Tzu, la guerra in Siria permette ad Israele di non combattere direttamente contro l'Iran, per ora, facendo presagire, un tale confronto, gravi rappresaglie. Lasciando marcire la situazione in Siria e in tutta la regione, Israele, in una posizione di attesa, combatte indirettamente i suoi nemici.
Siamo d'accordo con il concetto di guerra per procura, sviluppato da Robert Kennedy Jr., e ripetuto recentemente dall'economista Jeffrey Sachs, consulente speciale di Ban Ki-moon alle Nazioni Unite. Inoltre, così come in Siria, sono l'Iran e la Russia, i suoi potenti alleati, che affrontano gli Stati Uniti, attraverso la Siria, è l'Iran che affronta essenzialmente Israele. Ricordiamo che Sachs ha dichiarato: "E' proprio la dipendenza del regime di Assad nel suo sostegno russo e iraniano, che ha determinato l'interesse degli Stati Uniti per la sua partenza. Il rovesciamento di Assad, pensano i funzionari della sicurezza degli Stati Uniti, indebolirà l'Iran, Hezbollah e resstringerà il campo geopolitico alla portata della Russia".
Per quanto riguarda la Turchia, l'Arabia Saudita e il Qatar, che stavano scommettendo di sostituire il regime alawita in Siria con una leadership sunnita. Una tale inversione avrebbe indebolito il loro rivale regionale, l'Iran e, più in generale, riduce l'influenza sciita in Medio Oriente.
La sfortuna di essere l'anello debole Alcune e-mail di Sidney Blumenthal sono state recensite dalla stampa alternativa, come su Sputnik il 18 marzo, ma senza menzionare che le informazioni di cui al punto 7, che sono sicuramente le più inquietanti. Stessa cosa con Waqar Rizvi, un giornalista sul canale televisivo iraniano Press TV, ripreso e commentato da Jean Bricmont su Facebook. Tuttavia, Gilad Atzmon ha notato la doppia opzione israeliana su Global Research il 19 marzo: "Queste e-mail ci permettono di osservare un dibattito politico vivace che ha avuto luogo nel 2012. Lo stato ebraico ha dovuto decidere che era necessario distruggere il popolo siriano solo per indebolire l'Iran o distruggere l'Iran per la distruzione dell'Iran. La storia suggerisce che la decisione presa, è stata di distruggere prima i siriani. E il risultato deve essere deludente per Israele, infatti, oggi l’Iran è più forte che mai."
Tuttavia, Atzmon si sbaglia nell'attribuire la posta di James Rubin, che abbiamo notato qui sopra, ad Hillary Clinton stessa; il suo errore riguarda anche la data: "Incredibilmente, alla fine del 2015, dopo tre anni di disastrosa guerra civile siriana, con centinaia di migliaia di morti e milioni di sfollati, la Clinton sembra essere ancora aggrappata alle preoccupazioni di Israele nei confronti dell'Iran, che dovrebbero essere trattate a spese del popolo siriano. In una e-mail che la candidata alla presidenza degli Stati Uniti, Hillary Clinton, ha inviato ad un account sconosciuto il 30 novembre 2015, ha scritto: "Il modo migliore per aiutare Israele ad affrontare le crescenti capacità nucleari dell'Iran, è quello di aiutare il popolo della Siria a rovesciare il regime di Bashar al-Assad."
L'errore è stato fatto da altri siti piuttosto orientati, come Fort Russ. Semplice errore o manipolazione? Impossibile dirlo. La data del 30 novembre 2015 è infatti quella che il Dipartimento di Stato ha rilasciato con questa e-mail, inviata il 30 aprile 2012. In ogni caso, Hillary Clinton non ha bisogno di consigli da James Rubin o Sidney Blumenthal per dichiarare, il 18 agosto 2011 che Assad dovrebbe lasciare il potere in Siria. Sotto la pressione di Israele? La domanda può sorgere. Infatti, un'altra e-mail da Sidney Blumenthal, del 28 marzo 2010, ci dice che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva fatto commenti molto irrispettoso verso il segretario di stato in una riunione o sessione a porte chiuse dell’APAIC, questa potente lobby a sostegno di Israele negli Stati Uniti: riferendo, come riportato da Ynet e Forward del 1 marzo 2016: "Se non riusciamo a dormire, nemmeno Hillary dormirà", quindi ha anche chiesto ai partecipanti alla riunione di fare pressioni agli Stati Uniti per essere più aggressivi nei confronti dell'Iran e del suo programma nucleare. La fonte di queste informazioni, è un ex dipendente del Dipartimento di Stato, che ha lavorato per 30 anni, e ha trovato, ci viene detto, "tutto questo molto preoccupante."
Questo 21 marzo 2016, Hillary Clinton ha offerto tutti gli impegni necessari in occasione della conferenza annuale dell'AIPAC, ribadendo, naturalmente, che la sicurezza di Israele "non è negoziabile", ma soprattutto che non esiterebbe ad usare la forza contro l'Iran, se fosse necessario. "Il prossimo presidente dovrà essere in grado [...] di imporre conseguenze reali per qualsiasi violazione dell'accordo" entrato in vigore nel mese di gennaio. "Useremo la forza se necessario", ha promesso davanti ad un pubblico affascinato. Di fronte a Trump, ha smorzato il calore, lcon a voglia di rimanere neutrale nel conflitto israelo-palestinese, la Clinton ha lanciato al suo pubblico che c’era "una grande differenza tra dire che Teheran deve render conto e farlo veramente".
Infine, nel conflitto siriano, per cui vi è una duplice motivazione tra gli oppositori di Bashar al-Assad: alcuni belligeranti per delega, come l'Arabia Saudita e il Qatar, agiscono per mantenere la supremazia sull'Iran come esportatori di energia verso il mercato europeo; altri hanno lo scopo di contenere l'Iran principalmente per garantire la sicurezza di Israele. Nel primo caso, la Siria paga il suo rifiuto alla conduttura del Qatar nel 2009 e la sua scelta del gasdotto iraniano nel 2011; nel secondo, paga la sua alleanza, unica in Medio Oriente, con l'Iran, più potente e pericoloso di se stessa per attaccare a testa alta. "Tu sei l'anello più debole, arrivederci", o quando la geopolitica del Medio Oriente potrebbe praticamente essere spiegati con l'unica forma cinica e sadica di Laurence Boccolini.
Il mito ribelli moderati e il richiamo di Daesh di Caroline Galacteros
In questo gioco idiota, uno ha il diritto di chiedersi; come Caroline Galactéros, dottoressa in scienze politiche, colonnello della riserva operativa, direttore dell’ASAF e giornalista al Point, se l'attenzione dei media sul gruppo dello Stato Islamico, non abbia la funzione di farci dimenticare gli altri gruppi, anch’essi terroristi, che lavorano instancabilmente allo smembramento dello stato siriano. In un articolo del 6 marzo 2016, pubblicato sul sito del ASAF, ha sepolto in profondità, sulla base di quello che il generale Castres ha proposto, "il mito dei ribelli moderati." Un articolo sorprendente che merita di essere ampiamente citato: "La verità finisce sempre per essere rivelata. Questi sono, all’inizio, dei semplici segnali deboli [...] e altri di basso rumore che diventano poco a poco sempre più visibili, fino ad irrigare completamente il dibattito pubblico e, infine, raggiungere il nucleo delle tesi ufficiali. Si tratta dei ribelli siriani, gentilmente qualificati negli ultimi anni come "moderati", siamo ancora nella fase dei segnali deboli, ma la situazione si sta evolvendo nella giusta direzione. Possiamo solo dare il benvenuto al ([...] in onda su France 2 il 18 febbraio) rapporto "Un occhio sulla Siria" che finalmente presenta una riflessione sul conflitto siriano ... cinque anni dopo la sua nascita. [...]
Così, il generale Didier Castres, Vice Capo di Stato Maggiore delle operazioni dell'Esercito, che è stato ascoltato il 16 dicembre 2015, dal Consiglio Affari Esteri della Difesa e delle Forze Armate del Senato. Ecco ciò che l’ufficiale francese ha apertamente rivelato: "Le forze di combattimento di Daesh sono stimate in un punto di forza di 30.000 in Siria e in Iraq, il 40% dei combattenti sono stranieri. Si oppongono a 140.000 curdi nel nord dell'Iraq, 7.000 curdi siriani e 130.000 membri delle forze di sicurezza irachene. In aggiunta, ci sono in Siria una costellazione di combattenti molto diversi fra loro, di circa 100 000 persone, la Francia ritiene che 80.000 di loro appartengano sia a gruppi terroristici così designati dalle Nazioni Unite o a gruppi estremisti salafiti".
[...] In primo luogo: la potenza di Daesh è notevolmente sovrastimata dai nostri médias. Con solo 30.000 uomini (altre fonti parlano di 50.000) in Iraq e Siria, lo Stato islamico non è un peso marcato sul piano militare. La sua espansione territoriale in tre anni mostra che diversi osservatori siriani (tra cui l'Arcivescovo di Aleppo) hanno aspramente denunciato: gli occidentali ne hanno parlato molto, ma stranamente pochi hanno agito per distruggere questa Idra verde scuro.
In secondo luogo: se i membri dello Stato Islamico sono distribuiti in modo equilibrato tra l'Iraq e la Siria, si può considerare che ci sono tra i 15 e i 20 mila combattenti Daesh presenti soprattutto intorno a Raqqa. Molto meno dunque rispetto ad altri terroristi islamici in Siria che, il generale Castres, ci dice essere probabilmente circa 80.000 nelle aree che i nostri media e i nostri rappresentanti politici facilmente descrivono come ribelli. Quindi abbiamo un rapporto di 1 a 4 tra gli islamisti dello Stato islamico e gli altri, tra cui una schiacciante maggioranza, intorno al Fronte al-Nusrah, formalmente o informalmente affiliato ad al-Qaeda, culla originaria ... di Daesh). I governi occidentali, se hanno preso in considerazione i dati forniti loro dall'intelligence militare, dovrebbero quindi avere dati molto più realisti di quelli detenuti da Sergei Lavrov ... o dallo stesso Assad.
[...] Terza informazione: restano quasi 20.000 ribelli chiamati "moderati", dopo l’aggiornamento dell'intelligenza militare francese. Sono pochi ... dal momento che stanno combattendo nelle stesse aree dove sono gli 80.000 "terroristi", quindi sono di fatto alleati sul terreno. [...] Il giorno prima dell'edificante udienza del generale Castres, il 15 dicembre 2015, il ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian è stato lui stesso ad essere sentito da questa stessa Commissione del Senato. Se si incrociano le due relazioni, dato il fatto che il nostro ministro non poteva ignorare le informazioni dell’intelligence militare, la grande differenza diviene inquietante.
[...] Come incrociare [...] la dichiarazione del ministro della Difesa sul rafforzamento dell’assistenza ai ribelli e quella del generale Castres sugli 80.000 terroristi tra i "ribelli" 100.000 ribelli, senza trovare la manifesta impossibilità di un tale incrocio ... salvo comprendere che la Francia e i paesi occidentali, direttamente o indirettamente, supportano il terrorismo islamista.
[...] Come non mettere in discussione la funzione di "adescatore" dello Stato islamico? Daesh e le modalità di azione terrificanti e spettacolari non sono forse, almeno parzialmente, lo schermo terrificante che cristallizza l’attenzione popolare, i media e la politica, deviando la molto più grave e profonda destabilizzazione della regione e del mondo. Daesh fa dimenticare al-Qaeda che agiva dietro un sipario sotterraneo e strisciante. I suoi molteplici avatar ora etichettati "ribelli", "insorgenti" o "islamici moderati" sono invece ritornati frequentabili e continuano il loro smembramento metodico dello stato."
Focalizzando l'attenzione del pubblico sulla lotta (piuttosto morbida) delle forze occidentali contro Daesh, e mantenendo il mito di ribelli "moderati" (anche se esistenti, ma molto minoritari e collaboranti con realtà islamiste) è stata abilmente dimenticata la maggior parte degli "insorti", come si sostiene, che sono affiliati con al Qaeda. Daesh quindi consentito di oscurare il lavoro di fiaccare la Siria guidato dai cosiddetti "ribelli", composti in realtà lal'80% da terroristi riconosciuti in quanto tali.
Altri articoli sono apparsi di recente, che torcono il collo di questa propaganda. Il 15 marzo 2016, Jamal Maarouf, ex membro del Free Syrian Army, ha detto a Le Monde, che essa era ormai "sotto il controllo di Al-Nusra" "I leader attuali della FSA sono costretti a trattare con al Nusra, che preleva una parte degli aiuti umanitari e militari inviati loro. I capi di al Nosra gli lasciano i loro missili TOW perché non sono stupidi. Sanno che se li trattenessero, le spedizioni cesserabbero immediatamente. E hanno bisogno di quei missili per distruggere i carri armati del regime. Fondamentalmente al Nusra dice al FSA dove e come usarli."
Anche RFK Jr., da parte sua, ha denunciato il delirante ritratto realizzato dalla stampa del Free Syrian Army, composto da battaglioni apparentemente uniti di siriani se dicenti "moderati". Il 21 dicembre 2015, è stato segnalato in Belgio, sulle pagine de Le Vif, che "la maggioranza dei ribelli siriani erano favorevoli all’ideologia dello Stato Islamico." L'informazione proviene da un rapporto del Centro think tank su religione e geopolitica, ed è stato trasmesso da diversi media britannici, come il Guardian il 20 dicembre 2015. Estratto: "Almeno 15 miliziani, che rappresentano circa 65.000 combattenti, potrebbero riempire un vuoto lasciato dallo Stato Islamico. L'Occidente rischia di fare un errore strategico concentrandosi solo sulla lotta contro lo Stato Islamico. Annullarne l'organizzazione militare non metterebbe fine al jihadismo globale [...]", ha concluso il think tank, che è parte de la Faith Foundation, dell'ex primo ministro Tony Blair. "Il pericolo più grande per la comunità internazionale sono i gruppi che condividono l'ideologia dello Stato Islamico, ma vengono ignorati nella battaglia per sconfiggere l'organizzazione terroristica", aggiunge il Centro su Religione e Geopolitica. "
Ma ancora prima, del 29 ottobre 2015, è la deputata non-iscritta della Vandea, (Dipartimento francese della regione dei Paesi della Loira - ndr), Véronique Besse, che, al suo ritorno dalla Siria, dove ha incontrato con altri due deputati Assad, aveva osato dichiarare: "la Francia sostiene i gruppi moderati, i cosiddetti moderati, ma che sono vicini ad al Qaeda e così vicini anche allo Stato Islamico. La Francia sostiene in particolare Al-Nusra". I suoi commenti hanno attirato l'ira del presidente della commissione per gli affari esteri dell'Assemblea Nazionale, Elisabeth Guigou. Quest'ultima aveva infatti "fortemente condannato le scandalose accuse, indegne, che erano prove dirette di manipolazione da parte del leader del regime siriano, co-responsabile per la prosecuzione della guerra e per la sua continua atrocità".
Una retorica logora, consumata, che ha deplorato anche Carolina Galactéros nel suo articolo, sottolineando che "la negazione della realtà è un peccato molto diffuso e che rimane facile accusare i giornalisti di France 2 perchè riprendono la propaganda del regime siriano, piuttosto che ammettere un pregiudizio politico o un deficit di intelligenza delle circostanze, come era anche più facile nelle ultime settimane, accusando i giornalisti di Canal + di riprendere la propaganda del Cremlino nella loro relazione sulla rivoluzione Maidan e la guerra civile ucraina nel Donbas".
Dalla propaganda organizzato alla satira mascherata: una disinformazione poliedrica La prima vittima della guerra, si sente dire e a volte questa è la verità. In effetti, ogni parte esce con la disinformazione per ingannare il nemico, e la propaganda per portare l'opinione pubblica dalla sua parte. Chi dice la verità può essere facilmente screditato sostenendo che riprende la propaganda del nemico. Spalmare il messaggero per evitare di dover prendere in considerazione il suo messaggio: la tecnica è conosciuta.
Abbiamo anche visto come, con e-mail pubblicate da Wikileaks, che l’errata interpretazione dell'autore del messaggio o della data, fosse possibile, il che costituisce un modello di disinformazione addizionale, prendendo, ognuno per suo conto, l’interpretazione errata. E questo senza contare i siti specificamente dedicati alla propaganda, che non sempre rilevano a prima vista, come abbiamo visto in un precedente articolo, con il caso di AWD News.
E' così facile rimanere intrappolati che è quello che è successo al famoso filosofo sloveno Slavoj Žižek, in un articolo pubblicato il 9 dicembre 2015 su New Statesman, dal titolo "Abbiamo bisogno di parlare di Turchia". Ecco cosa scriveva Žižek: "Nel mese di ottobre 2015, Hakan Fidan, il capo dell'Organizzazione Nazionale d’Informazione e l'alleato più fedele del presidente turco ha condannato l'intervento russo in Siria, accusando Mosca di cercare di sopprimere la rivoluzione islamica siriana." L’Isis è una realtà e dobbiamo accettare il fatto che non siamo in grado di distruggerla, lo Stato Islamico è una creazione ben organizzata e popolare, quindi mi raccomando ai miei colleghi occidentali di riconsiderare la loro mentalità sui temi correnti delle politiche islamiche, mettere da parte la loro mentalità cinica e contrastare Putin che prevede di schiacciare i rivoluzionari islamici siriani", ha detto Domenica Fidan, secondo Anadolu News Agency."
Infatti, se si fa clic sul link censurato, si torna alla Anadolu News Agency, e ci si imbatte in una sezione della inevitabile AWD Notizie del 18 ottobre 2015, che, come al solito, non si riferisce alla presunta fonte originale. In questo caso, la prima fonte non esiste: la dichiarazione di Hakan Fidan è una pura invenzione di AWD News. Il sito News Statesman ha rapidamente corretto l’errore, in modo trasparente, con una nota alla fine di questo articolo. L’agenzia di stampa turca ha voluto denunciare la disinformazione.
“Disclaimer” – World News Daily Report Ancora più comico, di recente possiamo leggere, nella deviazione di un sito dissidente, che si presenta come "un gruppo di pensiero strategico a beneficio di tutte le organizzazioni patriottiche, con l'obiettivo di far emergere le nuove élite", un articolo dal titolo accattivante, "Edward Snowden afferma che Bin Laden è ancora vivo", e la fonte è, questa volta non può essere inventata, AWD News del 18 marzo. Dopo una rapida ricerca su Google si recupera la fonte otiginale, che è in realtà una sezione del sito del World Daily News Report, del 25 agosto 2015, firmato Barbara Johnson. La presentazione della giornalista, lanciatrice di scoop, non manca di sapore: "Barbara Johnson è una giovane giornalista che si è fatta un nome con la sua accurata ricerca e lo stile di scrittura sostenuta. L'ex porno star, ha raggiunto rapidamente il top nella sua nuova professione con la sua bellezza e le sue competenze sociali." L’avrete compreso anche voi, Barbara Johnson, l'ex porno star riconvertita con successo al giornalismo attraverso i suoi talenti relazionali, non esiste ... e World News Daily Report si rivela essere un sito web satirico al 100%. Certo bisogna scavare il piccolo angolo di un sito per scoprire la verità nascosta; si tratta di un breve paragrafo nella rubrica «Dementi» qui ci avverte: "WNDR si assume [...] la piena responsabilità della natura satirica dei suoi prodotti e la natura fittizia del loro contenuto. Tutti i personaggi che compaiono negli articoli di questo sito, anche quelli basati su persone reali, sono del tutto inventati e qualsiasi somiglianza tra di loro e qualsiasi persona, viva, morta, o morta-vivente è puramente miracoloso."
Questo sito, discretamente pazzoide, è regolarmente preso come una fonte affidabile, come ha fatto il sito alternativo Il Nuovo Ordine Mondiale il 26 agosto 2015, diffondendo la pseudo rivelazione di Snowden su bin Laden. Per credere alle statistiche mostrate sotto l’articolo, ci sarebbero stati 31.000 volte “Mi Piace” e condiviso 93.800 volte su Facebook (cifre colossali), e retweettato 644 volte, il che rende sospetta una totale mancanza di verifica di quegli utenti che non hanno ancora acquisito buoni riflessi. Tra coloro che hanno fatto circolare la disinformazione su Twitter, troviamo stranamente, non un filosofo famoso, ma un noto scrittore Régis Jauffret.
Tra le rivelazioni che abbondano sulla rete, guastate da tanta disinformazione, la morale del funambolo è invariabilmente la nostra bussola più affidabile. Dell’audacia che si confronta con il conformismo, certo, ma anche della riserva nei confronti di qualsiasi informazione che ci si adatta troppo bene, perché sensazionale, rivelando un oscuro segreto, o ciò che già sò ... non c'è un sostituto pratico, che ammorbidisce gradualmente la mente e la rende sempre più in grado di affrontare i pericoli. Si forma nel cammino, al proprio ritmo, il vigile cittadino incubo e pilastro della democrazia.
http://www.intelligence-info.com 26 Mars 2016
La Stratégie d'Israël en Syrie révélée par les mails d'Hillary Clinton
Dans son article paru le 23 février 2016 dans Politico, Robert Kennedy Jr. avait dépeint le conflit en Syrie comme une guerre globale pour le contrôle des ressources énergétiques de la région, avec, d'un côté, les États-Unis, l'Union européenne, Israël, les pays du Golfe et la Turquie, supportant l'opposition à Bachar el-Assad, de l'autre, la Russie, la Chine et l'Iran, soutenant le régime. RFK Jr. insistait surtout sur l'action des États-Unis, du Qatar et de l'Arabie saoudite dans le soutien à l'insurrection. Certes, il avait bien souligné qu'Israël était également déterminé à faire dérailler le « pipeline islamique », choisi par Assad en juillet 2011, qui aurait enrichi l'Iran et la Syrie, ainsi que leurs « proxys », le Hezbollah et le Hamas ; cependant, certains lecteurs ont pu estimer que la place d'Israël dans ce conflit méritait une analyse un peu plus poussée. La messagerie électronique d'Hillary Clinton, dont WikiLeaks a récemment mis en ligne de très nombreux e-mails, nous renseigne justement sur les intérêts et la stratégie d'Israël dans cette guerre.
Les intérêts de chacun des belligérants connus, nous nous demanderons si le mythe des rebelles « modérés », en passe d'être enterré, n'était précisément pas une ruse des anti-Assad visant à focaliser l'attention publique sur le seul État islamique et à laisser les mains libres aux principales forces qui, de fait, durant cinq ans, ont sapé l'État syrien. L'occasion, une nouvelle fois, de mettre en garde contre la désinformation galopante dans cette guerre – comme dans toute guerre.
Assad tombé, Iran isolé, Israël sécurisé par James Rubin
Le 16 mars 2016, WikiLeaks a lancé un moteur de recherche pour explorer des archives contenant 30.322 e-mails et pièces jointes, envoyés vers ou par le serveur de courrier électronique privé d'Hillary Clinton, à l'époque où celle-ci était secrétaire d'État, du 30 juin 2010 au 12 août 2014. Dans cette masse d'échanges, se trouve un courrier envoyé le 30 avril 2012 par James P. Rubin à Hillary Clinton. Pour information, James Rubin était secrétaire d'État adjoint pour les relations publiques et porte-parole en chef du Département d'État entre 1997 et mai 2000. Dans l'administration Clinton, il était considéré comme le bras droit de la secrétaire d'État Madeleine Albright (une femme qui déclarait, en 1996, que la mort de 500.000 enfants irakiens, victimes de l'embargo décidé par le Conseil de sécurité de l'ONU, valait la peine). Rubin a également été membre de l'équipe de campagne d'Hillary Clinton pour sa nomination par le Parti démocrate dans l'optique de l'élection présidentielle de 2008. Voici l'essentiel de son message « BEST OF LUCK ON CHINA TRIP » traduit : « J'ai voulu transmettre quelque chose que j'ai l'intention de publier sur la Syrie et l'Iran, parce que je pense qu'il vaut la peine d'essayer de presser le Président et ses conseillers politiques à agir. [...] Comme vous verrez dans la pièce jointe, je crois qu'une action en Syrie préviendra le plus grand danger à l'horizon, à savoir qu'Israël lance une attaque surprise sur les installations nucléaires iraniennes. Bien que la pression ait maintenant baissé pour de multiples raisons, elle reviendra. D'autre part, l'action de Washington sur la Syrie éliminera pour une bonne part, je pense, le caractère d'urgence de l'action israélienne. Autrement dit, une politique plus agressive en Syrie [...] atténuera considérablement la pression sur Israël pouvant le conduire à attaquer l'Iran et à déclencher peut-être une guerre plus large au Moyen-Orient [...]. Je sais que vous pouvez ne pas être d'accord, mais j'ai pensé qu'il était mieux de partager cela avec vous comme au moins une façon nouvelle d'aborder le problème. »
L'e-mail se conclut ainsi : « All best, your friend, Jamie », montrant la grande familiarité entre les deux protagonistes. On découvre le titre de la pièce jointe dans un autre e-mail adressé quelques heures plus tard par Hillary Clinton à Robert Russo, lui demandant d'imprimer ce texte : « Please print ». Robert Russo est au service de la réussite d'Hillary Clinton depuis dix ans, comme nous l'apprend son profil sur Linkedin. Actuellement directeur de la correspondance et des briefings pour le site de campagne Hillary for America, il a notamment été adjoint spécial auprès de la secrétaire d'État entre janvier 2009 et février 2013. Voici la substantifique moelle de ce texte de James Rubin, « NEW IRAN AND SYRIA 2.DOC » : « La meilleure manière d'aider Israël à traiter la capacité nucléaire croissante de l'Iran, c'est d'aider le peuple de Syrie à renverser le régime de Bachar el-Assad. Les négociations pour limiter le programme nucléaire iranien ne résoudront pas le dilemme de sécurité d'Israël. [...] Au mieux, les pourparlers [...] permettront à Israël de reporter de quelques mois sa décision de lancer une attaque contre l'Iran, qui pourrait provoquer une guerre majeure au Moyen-Orient.
Le programme nucléaire iranien et la guerre civile en Syrie pourraient sembler sans rapport, mais ils sont liés. Pour les chefs israéliens, la réelle menace d'un Iran doté de l'arme nucléaire n'est pas la perspective d'un chef iranien fou lançant une attaque nucléaire délibérée sur Israël, qui conduirait à l'annihilation des deux pays. Ce que les militaires israéliens redoutent vraiment — mais sans pouvoir le dire — c'est de perdre leur monopole nucléaire. Une capacité iranienne en matière d'armes nucléaires [...] pourrait aussi inciter d'autres adversaires, comme l'Arabie saoudite et l'Égypte, à se nucléariser de la même façon. Le résultat serait un équilibre nucléaire précaire, dans lequel Israël ne pourrait pas répondre aux provocations avec des frappes militaires conventionnelles en Syrie et au Liban, comme il le peut aujourd'hui. Si l'Iran acquerrait le statut d'État doté de l'arme nucléaire, Téhéran trouverait plus aisé d'appeler ses alliés en Syrie et au Hezbollah à frapper Israël, sachant que ses armes nucléaires lui serviraient de force de dissuasion pour empêcher Israël de répondre contre l'Iran lui-même. Revenons à la Syrie. C'est la relation stratégique entre l'Iran et le régime de Bachar el-Assad en Syrie qui permet à l'Iran de saper la sécurité d'Israël — non à travers une attaque directe qui, en trente ans d'hostilité entre l'Iran et Israël, ne s'est jamais produite, mais à travers ses proxies au Liban, comme le Hezbollah, qui sont soutenus, armés et entraînés par l'Iran via la Syrie. La fin du régime d'Assad mettrait fin à cette dangereuse alliance. Le pouvoir en Israël comprend bien pourquoi vaincre Assad est maintenant dans ses intérêts [Rubin cite une déclaration du ministre de la Défense israélien, Ehud Barak, faite sur CNN la semaine précédente, allant dans ce sens].
Avec Assad parti, et un Iran devenu incapable de menacer Israël à travers ses proxies, il deviendrait possible pour les États-Unis et Israël de se mettre d'accord sur la ligne rouge qui indiquerait à quel moment le programme de l'Iran aurait atteint un seuil inacceptable. Washington devrait commencer par exprimer sa volonté de coopérer avec des alliés régionaux, comme la Turquie, l'Arabie saoudite et le Qatar, pour organiser, entraîner et armer les forces rebelles syriennes. L'annonce d'une telle décision pourrait probablement causer, par elle-même, des défections substantielles au sein de l'armée syrienne. Ensuite, utilisant des territoires en Turquie et peut-être en Jordanie, des diplomates américains et des officiels du Pentagone pourront commencer à renforcer l'opposition. Cela prendra du temps. Mais la rébellion est partie pour durer un long moment, avec ou sans l'implication des États-Unis.
La seconde étape consiste à développer un soutien international pour une coalition menant des opérations aériennes. [...] Armer les rebelles syriens et utiliser la force aérienne occidentale pour empêcher les hélicoptères et les avions syriens de voler est une approche peu coûteuse et à forte valeur ajoutée. [...] La victoire ne viendra pas rapidement ou facilement, mais elle viendra. Et la récompense sera importante. L'Iran sera isolé stratégiquement, incapable d'exercer son influence au Moyen-Orient. Le nouveau régime en Syrie verra les États-Unis comme un ami, pas un ennemi. Washington remporterait une reconnaissance importante en se battant pour le peuple dans le monde arabe, et pas pour des régimes corrompus. »
James Rubin, comme il y fait référence dans son e-mail à Hillary Clinton, fera par la suite publier ce texte, à peine remanié, dans Foreign Policy, le 4 juin 2012. L'article s'intitule « The Real Reason to Intervene in Syria ». En résumé, Rubin considère que, pour parer au plus grand danger qui guette le Moyen-Orient, à savoir une attaque d'Israël contre les installations nucléaires iraniennes, il faut œuvrer pour dissuader Israël de passer à l'action. En effet, son intervention pourrait constituer les prémices à une guerre de très grande ampleur. Pour atteindre cet objectif, il faut parvenir à faire baisser la pression que ressent Israël, en affaiblissant les organisations terroristes qui le menacent directement (Hezbollah au Liban, Hamas et Jihad islamique palestinien à Gaza), et qui se trouvent être des proxies de l'Iran, qu'il soutient via la Syrie. En rompant le lien entre l'Iran et la Syrie, ces proxies deviendraient inopérants. Et, pour rompre ce lien, il faut briser son maillon le plus faible : le régime de Bachar el-Assad. Il faut donc soutenir la rébellion contre lui, jusqu'à ce qu'il tombe. Assad tombé, les proxies iraniens rendus quasi inoffensifs, Israël pourrait suspendre son intention de bombarder l'Iran. Et des négociations plus apaisées sur le programme nucléaire iranien pourraient reprendre avec le soutien des États-Unis.
Pour contextualiser ces propos, rappelons qu'à cette époque le conflit en Syrie a commencé depuis plus d'un an, et que Mahmoud Ahmadinejad, bête noire des États-Unis et d'Israël, est encore au pouvoir en Iran. Il y restera jusqu'au 3 août 2013. James Rubin a anticipé le refus russe d'une telle opération, ce qui interdit de passer par le Conseil de sécurité des Nations unies, ainsi que la réticence de certains États européens, ce qui rend également difficile le recours à l'OTAN. L'opération ne pourra résulter, selon lui, que de l'accord de pays occidentaux et du Moyen-Orient, en particulier l'Arabie saoudite et la Turquie. Rubin semble ignorer qu'au moment où il fait ses préconisations, la CIA soutient déjà l'opposition syrienne depuis 2006, et que la Turquie, le Qatar et l'Arabie saoudite arment, entraînent et financent déjà des combattants jihadistes sunnites venus de Syrie, d'Irak et d'ailleurs pour renverser le régime d'Assad. Son texte nous éclaire donc essentiellement sur l'intérêt d'Israël dans la tentative en cours du renversement du régime syrien.
Israël et l'art de la guerre par Sidney Blumenthal
Un autre e-mail intéressant a été envoyé à Hillary Clinton par Sidney Blumenthal le 23 juillet 2012. Ancien assistant et conseiller spécial du président Bill Clinton, journaliste spécialisé en politique américaine et internationale, Blumenthal est un ami et confident de longue date d'Hillary Clinton. En novembre 2007, il était devenu le « conseiller principal » de sa campagne présidentielle. The Daily Caller du 7 mars 2016 nous rappelle que, sur les dizaines de notes des Renseignements qu'il a envoyées à Hillary Clinton alors qu'elle était secrétaire d'État, 23 contenaient de l'information classifiée comme « confidentielle » ou « secrète ». Ceci fait de Blumenthal l'un des partageurs les plus prolifiques d'informations classifiées avec Clinton. Ses notes sont « particulièrement intrigantes », dans la mesure où l'homme n'a pas travaillé pour le gouvernement. Pendant la période où il envoyait ses notes à Clinton, il travaillait pour la Fondation Clinton, aussi bien que pour diverses organisations à but non lucratif entretenant des liens étroits avec Hillary Clinton. Il a aussi travaillé, durant une partie de cette période, comme rédacteur pour The Daily Beast. Dans son e-mail, non classifié, Sidney Blumenthal établit un rapport d'informations émanant de plusieurs sources proches de différents services de renseignement (il n'émet pas d'avis personnel). Voici la substantifique moelle de ce texte, « SYRIA, TURKEY, ISRAEL, IRAN » :
« 1. Selon un individu ayant accès aux plus hauts niveaux des gouvernements européens, les services de renseignement de ces pays rapportent à leurs directeurs que les chefs de l'armée israélienne et de la communauté du renseignement pensent que la guerre civile en Syrie est en train de s'étendre aux pays voisins, notamment le Liban, la Jordanie et la Turquie. Ces officiels européens sont inquiets que le conflit en cours en Syrie puisse mener à des soulèvements dans ces pays qui amèneront au pouvoir des régimes islamiques de plus en plus conservateurs, remplaçant les régimes laïcs ou modérés actuels. Ces individus ajoutent que les responsables de la sécurité israélienne pensent que le Premier ministre Benjamin Netanyahu est convaincu que ces développements les rendront plus vulnérables, avec uniquement des ennemis à leurs frontières.
2. Dans des conversations privées, de hauts représentants du renseignement et de l'armée israélienne déclarent à leurs associés européens qu'ils ont longtemps vu le régime du président syrien Bashar el-Assad, bien qu'hostile, comme une valeur sûre et un amortisseur entre Israël et les pays musulmans plus militants, une situation qui est menacée par les succès croissants des forces rebelles de l'Armée syrienne libre. Cette source est convaincue que ces chefs israéliens sont maintenant en train d'élaborer des plans d'urgence pour traiter avec une structure régionale où les nouveaux régimes révolutionnaires qui reprennent ces différents pays seront contrôlés par les Frères musulmans et peut-être des groupes plus problématiques comme Al Qaïda, ce qui ne présage rien de bon pour les Israéliens.
3. [...] ces chefs d'État européens reçoivent des rapports indiquant que si Israël devait attaquer les installations nucléaires iraniennes en ce moment, cela ne ferait qu'aggraver ses relations avec ses voisins. [...]
4. Selon une source ayant un accès direct, les chefs de l'armée turque ont déclaré dans des discussions privées avec les plus hautes autorités de leur gouvernement qu'une attaque d'Israël sur l'Iran déclenchera sûrement une guerre régionale "avant que la première attaque aérienne d'Israël ne soit retournée à sa base". Les évaluations du renseignement turc, supportées par leurs agents de liaison dans les services de renseignement d'Europe de l'Ouest, informent que des milliers de missiles et de roquettes tomberont sur Israël lancées d'Iran, du Liban, de Syrie et de Gaza. [...]
7. Une source particulière déclare que les services de renseignement britanniques et français pensent que leurs homologues israéliens sont convaincus qu'il y a un aspect positif à la guerre civile en Syrie ; si le régime d'Assad tombe, l'Iran perdrait son unique allié au Moyen-Orient et serait isolé. En même temps, la chute de la Maison Assad pourrait bien provoquerune guerre sectaire entre les chiites et la majorité sunnite de la région, s'étirant jusqu'en Iran, qui, du point de vue des chefs israéliens, ne serait pas une mauvaise chose pour Israël et ses alliés occidentaux.D'après cet individu,un tel scénario distrairait l'Iran de ses activités nucléaires et pourrait les entraver pendant beaucoup de temps. De plus, certains analystes supérieurs du renseignement israéliens pensent que cette tournure des événements pourrait même s'avérer être un facteur dans la chute finale du gouvernement actuel d'Iran. [...] 9. En même temps, une source sensible distincte a ajouté que les services de sécurité européens sont inquiets que cette stratégie de la corde raide puisse mener à des fautes qui pourraient, à leur tour, conduire à une guerre régionale. A cet égard, ces services européens restent en rapport étroit avec leurs homologues israéliens, qui tentent de manipuler les événements tout en évitant un conflit général en ce moment. Cet individu déclare qu'un officier supérieur de l'armée israélienne a décrit la situation actuelle dans la perspective israélienne en citant Sun Tzu dans L'ART DE LA GUERRE : "Il gagnera celui qui sait quand combattre et quand ne pas combattre." »
En résumé, nous voyons s'exprimer deux appréciations opposées concernant la guerre en Syrie, du point de vue israélien. La première consiste à craindre que cette guerre civile ne s'étende aux pays alentours, conduisant ainsi à une prise de pouvoir de forces islamiques radicales, qui constitueraient autant d'ennemis mortels pour Israël. En outre, il est précisé que Bachar el-Assad, bien qu'hostile à Israël, représente un moindre mal, une force modératrice dans la région. La seconde appréciation voit dans la guerre en Syrie l'opportunité de renverser l'unique soutien de l'Iran au Moyen-Orient. Cette fois, la guerre régionale entre sunnites et chiites, que la chute d'Assad pourrait provoquer, est vue positivement, car elle détournerait pour un long moment l'Iran de ses activités nucléaires ; elle pourrait même conduire à la chute du gouvernement d'Ahmadinejad. Depuis le 14 juin 2013, rappelons-le, c'est le modéré Hassan Rohani qui est au pouvoir en Iran. On pourrait ainsi penser que la seconde appréciation a dès lors perdu de sa pertinence (ces propos datant de l'été 2012) ; pour autant, Hassan Rohani n'est pas éternel et un gouvernement plus radical et plus farouchement hostile à Israël reviendra vraisemblablement un jour aux affaires. Au fond, le rapport de Sidney Blumenthal ne nous permet pas de connaître à coup sûr la stratégie d'Israël ; mais on peut deviner que l'État hébreu joue avec le feu, en espérant que la guerre fera tomber Assad et isolera durablement l'Iran, son principal ennemi, tout en priant pour que l'opération n'aboutisse pas à l'accession au pouvoir partout autour de ses frontières de régimes islamistes, bien plus hostiles encore que ne peut l'être celui actuellement en place à Damas. Comme nous le fait saisir la citation de Sun Tzu, la guerre en Syrie permet à Israël de ne pas combattre pour le moment directement l'Iran, un tel affrontement lui faisant présager de graves représailles. En laissant la situation pourrir en Syrie et dans toute la région, Israël, dans une situation d'attente, combat indirectement son ennemi.
Nous rejoignons la notion de « guerre par procuration », développée par Robert Kennedy Jr., et reprise à son compte par l'économiste Jeffrey Sachs, consultant spécial de Ban Ki-moon à l'ONU. D'ailleurs, de même qu'à travers la Syrie, c'est en fait l'Iran et la Russie, ses puissants alliés, que visaient les États-Unis, à travers la Syrie, c'est l'Iran que vise essentiellement Israël. Rappelons ce que déclarait Sachs: «C’est précisément la dépendance du régime d’Assad à ses soutiens russes et iraniens qui a déterminé l’intérêt des États-Unis à son départ. Le renversement d’Assad, pensaient les responsables américains de la sécurité, affaiblirait l’Iran, discréditerait le Hezbollah et restreindrait le champ d’action géopolitique de la Russie.»
Quant à la Turquie, à l'Arabie saoudite et au Qatar, ils pariaient sur le remplacement du régime alaouite en Syrie par une direction sunnite. Un tel renversement aurait affaibli leur concurrent régional, l’Iran, et, plus largement, réduit l’influence chiite au Moyen-Orient.
Du malheur d'être le maillon faible L'e-mail de Sidney Blumenthal a fait l'objet de quelques recensions dans la presse alternative, comme dans Sputnik le 18 mars, mais en n'en mentionnant que les informations contenues dans son point 7, qui sont certes les plus dérangeantes. Idem avec Waqar Rizvi, journaliste sur la chaîne de télévision iranienne Press TV, repris et commenté par Jean Bricmont sur Facebook. En revanche, Gilad Atzmon a bien noté la double option israélienne dans Global Research le 19 mars : « Cet e-mail nous permet d'observer un vif débat politique qui a eu lieu en 2012. L'État juif avait à décider d'il fallait détruire le peuple syrien juste pour affaiblir l'Iran ou bien détruire l'Iran pour la destruction de l'Iran. L'Histoire suggère qu'une décision a été prise pour détruire les Syriens d'abord. Et le résultat doit être décevant pour Israël — l'Iran est maintenant plus fort que jamais. »
Pour autant, Atzmon se trompe lorsqu'il attribue l'e-mail de James Rubin, que nous avons relevé plus haut, à Hillary Clinton elle-même ; son erreur concerne également sa date : « De manière choquante, à la fin 2015, après trois ans de guerre civile syrienne désastreuse, avec des centaines de milliers de morts et des millions de personnes déplacées, Clinton semble toujours cramponnée à la formule selon laquelle l'inquiétude d'Israël vis-à-vis de l'Iran devrait être traitée aux dépens du peuple syrien. Dans un courrier électronique que la candidate à la présidence des États-Unis, Hillary Clinton, a envoyé à un compte inconnu le 30 novembre 2015, celle-ci écrit : "La meilleure manière d'aider Israël à traiter la capacité nucléaire croissante de l'Iran, c'est d'aider le peuple de Syrie à renverser le régime de Bachar el-Assad." »
L'erreur a été commise par d'autres sites assez orientés, comme Fort Russ. Simple erreur ou manipulation ? Impossible à dire. La date du 30 novembre 2015 est en réalité celle à laquelle le Département d'État a rendu public cet e-mail, envoyé le 30 avril 2012. Quoi qu'il en soit, Hillary Clinton n'avait pas besoin des conseils de James Rubin ou des rapports de Sidney Blumenthal pour déclarer, dès le 18 août 2011, qu'Assad devait quitter le pouvoir en Syrie. Sous la pression d'Israël ? La question peut se poser. En effet, un autre e-mail de Sidney Blumenthal, daté du 28 mars 2010, nous apprend que le Premier ministre israélien Benjamin Netanyahu avait tenu des propos fort irrespectueux à l'endroit de la secrétaire d'État américaine lors d'une réunion à huis-clos de l'APAIC, ce puissant lobby visant à soutenir Israël aux États-Unis : il aurait déclaré, comme le rapportent Ynet et Forward le 1er mars 2016 : « Si nous ne pouvons pas dormir, Hillary ne dormira pas », alors même qu'il demandait aux participants à cette réunion de faire pression sur les États-Unis afin qu'ils soient plus agressifs envers l'Iran et son programme nucléaire. La source de cette information, un ancien employé du Département d'État, qui y a travaillé durant 30 ans, trouva, nous dit-on, « tout cela très inquiétant ».
Ce 21 mars 2016, Hillary Clinton a donné tous les gages nécessaires à l'occasion de la conférence annuelle de l'AIPAC, réaffirmant, bien entendu, que la sécurité d'Israël n'était « pas négociable », mais surtout qu'elle n'hésiterait pas à recourir à la force contre l'Iran si nécessaire. « Le prochain président devra être capable [...] d'imposer de vraies conséquences à la moindre violation de (l')accord » sur la politique nucléaire de l'Iran entré en vigueur en janvier. « Nous emploierons la force si besoin », a-t-elle promis devant un public conquis. Face à Trump, dont elle a stigmatisé la tiédeur, la volonté de rester neutre dans le conflit israélo-palestinien, Clinton a lancé à son auditoire qu'il y avait « une grande différence entre dire que Téhéran doit rendre des comptes et le faire vraiment ». Au final, dans ce conflit syrien, on observe donc une double motivation chez les opposants à Bachar el-Assad : certains des belligérants par procuration, tels l'Arabie saoudite et le Qatar, agissent pour maintenir leur domination sur l'Iran en tant qu'exportateurs d'énergies en direction du marché européen ; d'autres visent à contenir l'Iran principalement pour assurer la sécurité d'Israël. Dans le premier cas de figure, la Syrie paie son refus du pipeline qatari en 2009 et son choix du pipeline iranien en 2011 ; dans le second, elle paie son alliance, unique au Moyen-Orient, avec l'Iran, plus puissant qu'elle et dangereux à attaquer de front. « Tu es le maillon faible, au revoir », ou quand la géopolitique du Moyen-Orient pourrait pratiquement s'expliquer avec la seule formule cynique et sadique de Laurence Boccolini.
Le « mythe » des rebelles modérés et le « leurre » de Daech par Caroline Galacteros
Dans ce jeu de dupes, on est en droit de se demander, avec Caroline Galactéros, docteur en sciences politiques, colonel de la réserve opérationnelle, administratrice de l'ASAF et journaliste au Point, si la focalisation médiatique sur le groupe État islamique n'a pas pour fonction de nous faire oublier les autres groupes, tout aussi terroristes, qui œuvrent inlassablement au démembrement de l'État syrien. Dans un article du 6 mars 2016, publié sur le site de l'ASAF, elle enterrait profondément, en s'appuyant sur les propos du général Castres, « le mythe des rebelles modérés ».
Un article décoiffant qui mérite d'être largement cité : « La vérité finit toujours par être dévoilée. Ce sont au départ de simples “signaux faibles” [...] et autres “bas bruits” qui deviennent peu à peu visibles jusqu’à irriguer entièrement le débat public et atteindre enfin le noyau dur des thèses officielles. S’agissant des rebelles syriens, aimablement qualifiés depuis quelques années de “modérés”, nous en sommes encore au stade des “signaux faibles”, mais la situation évolue dans le bon sens. On ne peut que se réjouir du reportage “Un œil sur la Syrie” ([...] diffusé sur France 2 le 18 février) qui présente enfin un regard neuf sur le conflit syrien… cinq ans après son commencement. [...] Ainsi, le général Didier Castres, Sous-chef opérations de l’État major des Armées, a-t-il été auditionné le 16 décembre 2015 par la Commission des Affaires étrangères, de la Défense et des Forces armées du Sénat. Voici ce que l’officier français révèle au grand jour : “Les forces combattantes de Daech sont estimées à un effectif de 30.000 en Syrie et en Irak, dont 40 % de combattants étrangers. Ils sont opposés à 140.000 Kurdes du nord de l'Irak, 7.000 Kurdes syriens et 130.000 membres des forces de sécurité irakiennes. En outre, il existe en Syrie une constellation de combattants très divers de l'ordre de 100 000 personnes, dont la France estime que 80.000 d'entre eux appartiennent soit à des groupes terroristes désignés comme tels par les Nations unies, soit à des groupes salafistes extrémistes.”
[...] Première information : la puissance de Daesh est largement surestimée dans nos médias.Avec seulement 30.000 hommes (d’autres sources parlent de 50.000) en Irak et en Syrie, l’Etat islamique n’est pas d’un poids considérable sur un plan militaire. Son expansion territoriale depuis trois ans montre ce que plusieurs observateurs syriens (dont l’archevêque d’Alep) ont déjà amèrement dénoncé : les Occidentaux ont beaucoup parlé, mais étrangement peu agi pour détruire cette hydre vert foncé. Seconde information : si les membres de l’EI sont répartis de façon à peu près équilibrée entre l’Irak et la Syrie, on peut considérer qu’il y a entre 15 et 20 000 combattants de Daech présents principalement autour de Raqqa. C’est donc bien moins que les autres terroristes islamistes présents en Syrie, dont le général Castres nous dit qu’ils sont probablement autour de 80.000 dans les zones que nos médias et nos représentants politiques qualifient facilement de “rebelles”. On a donc un rapport de 1 à 4 entre les islamistes de l’État islamique et les “autres” (dont une écrasante majorité, autour du Front al-Nosrah, sont affiliés officiellement ou officieusement à al-Qaïda, berceau originel... de Daech). Les chancelleries occidentales, si elles tenaient compte des chiffres que leur fournit le renseignement notamment militaire, devraient en conséquence tenir des propos beaucoup plus proches de ceux tenus par Sergeï Lavrov ou… Bachar el-Assad lui-même.
[...] Troisième information : il reste donc à peu près 20.000 rebelles dits “modérés” d’après le renseignement militaire français. C’est peu… d’autant qu’ils combattent dans les mêmes zones que les 80.000 “terroristes”, dont ils sont de facto les alliés sur le terrain. [...] La veille de cette édifiante audition du Général Castres, le 15 décembre 2015, le ministre de la Défense Jean-Yves Le Drian était lui-même auditionné devant cette même Commission du Sénat. Si l’on croise leurs deux déclarations, et compte tenu du fait que notre ministre ne pouvait ignorer ces informations du renseignement militaire, le grand écart devient inquiétant.
[...] comment croiser [...] la déclaration du ministre de la Défense sur le renforcement de l’aide aux “insurgés” et celle du général Castres sur les 80.000 terroristes parmi les 100.000 “rebelles” sans conclure à l’impossibilité manifeste d’un tel croisement… sauf à comprendre que la France et les pays occidentaux soutiennent directement ou indirectement le terrorisme islamiste.
[...] Comment ne pas s’interroger sur la fonction de “leurre” de l’État islamique? Daech et ses modes d’actions terrifiants et spectaculaires ne sont-ils pas au moins partiellement le paravent horrifiant qui cristallise l’attention populaire, médiatique et politique, la détournant ainsi d’une entreprise bien plus grave de déstabilisation profonde de la région et du monde. Daech fait oublier al-Qaïda qui agit en deuxième (et performant rideau), de manière rhizomique. Ses multiples avatars désormais labellisés “rebelles”, “insurgés”, ou “islamistes modérés” en sont par contraste, redevenus fréquentables et poursuivent leur démembrement méthodique de l’État. »
En focalisant l'attention publique sur le combat (assez mou) des forces occidentales contre Daech, et en entretenant le mythe de rebelles « modérés » (certes existants, mais très minoritaires et collaborant de fait avec les islamistes), on a habilement fait oublier le gros des « insurgés » que l'on soutient, et qui sont affiliés à Al-Qaïda. Daech a ainsi permis d'occulter le travail de sape mené en Syrie par les soi-disant « rebelles », composés en vérité à 80 % de terroristes reconnus comme tels. D'autres articles ont récemment paru, qui tordent le cou à cette propagande. Le 15 mars 2016, Jamal Maarouf, ancien membre de l’Armée syrienne libre, déclarait dans Le Monde, que celle-ci était désormais « sous la coupe d’Al-Nosra » : « Les chefs actuels de l’ASL sont obligés de composer avec Nosra, qui prélève une partie de l’aide humanitaire et militaire qui leur est envoyée.Les leaders de Nosra leur laissent les missiles TOW car ils ne sont pas bêtes. Ils savent que s’ils les saisissent, les livraisons cesseront aussitôt. Et ils ont besoin de ces missiles pour détruire les tanks du régime. En gros, Nosra dit à l’ASL où et comment les utiliser. »
RFK Jr. avait aussi, de son côté, dénoncé le portrait « délirant » fait par la presse de l'Armée syrienne libre, composée de bataillons unis de Syriens soi-disant modérés. Le 21 décembre 2015, on apprenait en Belgique, dans Le Vif, qu'« une majorité des rebelles syriens [étaient] favorables à l'idéologie de l'EI ». L'information émanait d'un rapport du think tank Centre on Religion and Geopolitics, et avait été relayée par plusieurs médias britanniques, comme le Guardian le 20 décembre 2015. Extrait : « Au moins 15 milices, représentant environ 65.000 combattants, pourraient combler un vide laissé par l'Etat Islamique. "L'Occident risque de réaliser une erreur stratégique en ne se focalisant que sur la lutte contre l'EI. Défaire l'organisation militairement ne mettrait pas un terme au jihadisme global [...]", estime le think tank, qui fait partie de la Faith Foundation de l'ancien Premier ministre Tony Blair. "Le plus grand danger pour la communauté internationale ce sont les groupes qui partagent l'idéologie de l'EI, mais sont ignorés dans la bataille pour défaire l'organisation terroriste", ajoute le Centre on Religion and Geopolitics. »
Mais, plus tôt encore, dès le 29 octobre 2015, c'est la députée non-inscrite de Vendée Véronique Besse, qui, à son retour de Syrie, où elle avait rencontré avec deux autres députés Bachar el-Assad, avait osé déclarer : « La France soutient des groupes modérés – soi-disant modérés – mais qui sont proches d'Al-Qaïda et donc proches de l'État islamique ». « La France soutient notamment Al-Nosra », avait-elle ajouté. Des propos qui lui avaient attiré les foudres de la présidente de la Commission des Affaires étrangères de l'Assemblée nationale, Elisabeth Guigou. Cette dernière avait en effet « condamné avec force [d]esallégations scandaleuses », « indignes », qui étaient « la preuve directe d'une instrumentalisation par le chef du régime syrien, co-responsable de la poursuite de la guerre et de son cortège d'atrocités ».
Une rhétorique usée jusqu'à la corde, que déplorait également Caroline Galactéros dans son article, en notant que « le déni de réalité est un pêché fort répandu et [qu']il reste plus facile d’accuser les journalistes de France 2 de reprendre la propagande du régime syrien que d’admettre un biais politique ou un déficit d’intelligence de situation (comme il fut d’ailleurs plus facile il y a quelques semaines d’accuser les journalistes de Canal + de reprendre la propagande du Kremlin dans leur reportage sur la révolution du Maïdan et la guerre civile ukrainienne dans le Donbass. »
De la propagande organisée à la satire déguisée : une désinformation multiforme La première victime de la guerre, entend-on parfois, c'est la vérité. En effet, chaque camp y va de sa désinformation pour tromper l'ennemi, et de sa propagande pour mettre les opinions publiques de son côté. Celui qui dit la vérité pourra ainsi facilement être discrédité en arguant qu'il reprend à son compte la propagande de l'ennemi. Salir le messager pour éviter d'avoir à considérer son message : la technique est connue. Nous avons aussi vu, avec les e-mails mis en ligne par WikiLeaks, que des erreurs d'interprétation (de l'auteur du message ou de sa date) étaient possibles, qui constituaient un motif supplémentaire de désinformation (chacun reprenant à son compte l'interprétation erronée). Et c'est sans compter sur les sites spécifiquement dédiés à la propagande, que l'on ne détecte pas toujours au premier coup d'œil, comme nous l'avons vu dans un précédent article avec le cas d'AWD News.
Il est si facile de se faire piéger que c'est ce qui est arrivé au célèbre philosophe slovène Slavoj Žižek, dans un article paru le 9 décembre 2015 dans News Statesman, et intitulé « We need to talk about Turkey ». Voici ce qu'écrivait Žižek : « En octobre 2015, Hakan Fidan, le chef de l'Organisation nationale du renseignement et l'allié le plus loyal du président turc, a condamné l'intervention russe en Syrie, accusant Moscou d'essayer de "réprimer" la révolution islamiste syrienne. "L'EIIL est une réalité et nous devons accepter que nous ne pouvons pas anéantir une création bien organisée et populaire telle que l'État islamique ; donc je recommande vivement à mes collègues occidentaux de revoir leur mentalité au sujet des courants politiques islamiques, mettre de côté leur mentalité cynique et contrecarrer les plans de Vladimir Poutine d'écraser les révolutionnaires islamistes syriens”, a déclaré Fidan dimanche, selon Anadolu News Agency. »
En fait, si l'on clique sur le lien censé renvoyer à l'Anadolu News Agency, on tombe sur un article de l'inévitable AWD News du 18 octobre 2015, qui, comme à l'accoutumée, ne renvoie pas vers la supposée source initiale. En l'espèce, cette source première n'existe pas : la déclaration d'Hakan Fidan est une pure invention de la part d'AWD News. Le site News Statesman a rapidement corrigé l'erreur, de manière transparente, avec une note au bas de l'article. L'agence de presse turque a également tenu à dénoncer cette désinformation.
« Disclaimer » - World News Daily Report Plus comique, on pouvait récemment lire au détour d'un site dissident, se présentant comme « un groupe de réflexion stratégique au profit de toutes les organisations patriotiques », qui « se donne pour objectif de faire émerger de nouvelles élites », un article au titre aguicheur : « Edward Snowden affirme que Ben Laden serait toujours en vie », et dont la source était, cela ne s'invente pas, AWD News en date du 18 mars. La source originale, qu'une rapide recherche sur Google permet de retrouver, est en fait un article du site World News Daily Report, daté du 25 août 2015 et signé Barbara Johnson. La présentation de la journaliste, lanceuse de scoops, ne manque pas de saveur : « Barbara Johnson est une jeune journaliste qui s'est fait un nom grâce à ses recherches minutieuses et son style d'écriture soutenu. Ancienne pornstar, elle a rapidement atteint le sommet dans sa nouvelle profession grâce à sa beauté et à ses compétences "sociales". » Vous l'aurez peut-être compris, Barbara Johnson, l'ancienne pornstar reconvertie avec succès dans le journalisme grâce à ses talents relationnels, n'existe pas... et World News Daily Report s'avère être un site 100 % satirique. Il faut certes fouiller un peu dans un recoin du site pour dénicher la vérité cachée ; c'est un court paragraphe dans la rubrique « Démenti » qui nous avertit : « WNDR assume [...] toute la responsabilité de la nature satirique de ses articles et de la nature fictive de leur contenu. Tous les personnages apparaissant dans les articles de ce site – même ceux basés sur des personnes réelles – sont entièrement fictifs et toute ressemblance entre eux et toute personne, vivante, morte, ou morte-vivante, serait purement miraculeuse. »
Ce site, discrètement loufoque, est régulièrement repris comme une source fiable, comme l'a fait le site alternatif Le Nouvel Ordre Mondial le 26 août 2015, en diffusant la pseudo révélation de Snowden sur Ben Laden. A en croire les statistiques affichés au-dessus de l'article, celui-ci aurait été « liké » 31.000 fois et partagé 93.800 fois sur Facebook (des chiffres colossaux), et retweeté 644 fois, ce qui fait suspecter une absence totale de vérification de la part de ces internautes, qui n'ont pas encore acquisles bons réflexes. Parmi les personnes qui ont fait circuler l'intox sur Twitter, on retrouve étrangement, non plus un philosophe star, mais un écrivain renommé : Régis Jauffret.
Au milieu des révélations qui abondent sur la Toile, entachées d'autant de désinformations, la morale du funambule s'affirme invariablement comme notre boussole la plus sûre. De l'audace face au conformisme, certes, mais de la réserve aussi face à toute information qui ne nous convient que trop bien, parce que sensationnelle, révélatrice d'un noir secret, ou que sais-je... Rien ne remplace la pratique, qui assouplit petit à petit l'esprit et le rend de plus en plus apte à affronter les périls. Sur le chemin, se forme – à son rythme – le citoyen vigilant, cauchemar des pouvoirs et pilier de la démocratie.
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