http://znetitaly.altervista.org/ 19 ottobre 2016
Evitate che il prossimo presidente dichiari la prossima guerra di Zoltan Grossman
Ora Hillary Clinton dice che la sua “priorità numero uno” in Siria è la rimozione di Bashar al-Assad, mettendoci così sulla strada della guerra con la Siria e la Russia il prossimo anno. Sia che votiate o non votiate per lei, dovreste impegnarvi a impedirle questa follia che il presidente Obama ha saggiamente evitato nel 2013. Di fatto la Siria e la Russia stanno commettendo crimini di guerra ad Aleppo, ma se siete tentati di prendere per buona una “zona di interdizione ai voli” o un “intervento umanitario” contro le forze siriane, russe e iraniane, considerate questi dieci fatti e osservazioni: 1/Non sentiamo mai parlare di atrocità commesse dalle forze sunnite ribelli appoggiate dagli Stati Uniti, compresi gli islamisti allineati ad al-Qaida che sono ora tacitamente inclusi nei ranghi ribelli. Un improvviso cambiamento di regime in Siria avrà come conseguenza che queste forze saranno preposte e che si combatteranno tra di loro per il potere. Alcuni ribelli vittoriosi compirebbero una pulizia etnica e religiosa contro Alawiti, Cristiani e Curdi, facendo in modo che queste e altre minoranze abbiano paura dei ribelli tanto quanto la maggioranza sunnita teme Assad. Sì, la guerra potrà diventare anche peggiore con ulteriore intervento esterno. 2/Qualsiasi zona di interdizione ai voli sulla Siria sarà certamente seguita dall’abbattimento di jet sia russi che americani, in una imprevedibile escalation che potrebbe facilmente estendersi altrove nella regione o nel mondo. Bombardare le forze siriane/russe avrà come conseguenza più morti di civili, non meno morti di civili. In una trascrizione trapelata nel 2013, Hillary ammetteva: “Per avere una zona interdetta ai volisi deve eliminare tutta la difesa aerea, gran parte della quale è collocata in zone popolate. I nostri missili, quindi, anche se sono missili standoff, (cioè in grado di colpire un obiettivo distante, dopo essere stato lanciati da un velivolo al di fuori della portata delle difese missilistiche) in modo da non mettere in pericolo i nostri piloti, uccideranno un sacco di siriani.” 3/ Gli Stati Uniti stanno attivamente aiutando i bombardamenti sauditi contro i ribelli Houthi in Yemen, provocando devastazione e morti di civili che differiscono poco dal bombardamento di Aleppo. Gli Stati Uniti hanno lanciato direttamente missili contro gli Houthi, coinvolgendoci in una parte molto pericolosa della guerra regionale per procura tra Arabia Saudita e Iran. Il portavoce del Dipartimento di Stato, John Kirby, è rimasto muto quando i giornalisti gli hanno chiesto di definire la differenza tra i russi in Siria e i sauditi in Yemen. 4/ Gli Stati Uniti hanno circa 800 basi militari straniere nel mondo. La Russia ha esattamente due basi al di fuori del territorio ex sovietico –entrambe in Siria. Putin sta cercando di emulare ciò che gli Stati Uniti hanno fatto in Iraq e in Afghanistan, stabilendo la Russia come potenza regionale e globale. La Russia sta facendo esattamente ciò che gli Stati Uniti hanno fatto a Panama, cioè intervenire spavaldamente negli affari di un paese che ospita le sue basi. Gli Stati Uniti hanno legittimità zero di criticare l’ultimo arrivato nell’imperialismo globale, o di demonizzare la Russia per aver commesso le stesse atrocità che le forze armate americane hanno compiuto a Fallujah e altrove. 5/ La Russia non cederà se cominceremo ad abbattere i suoi aerei. Putin è stato il “Macellaio di Grozny” in Cecenia (dato che l’Occidente ha fatto finta di non vedere), ed è intervenuto contro i governi nazionalisti in Georgia e in Ucraina. Farà perno in qualche altro posto del mondo, armando l’Iran, stabilendo una base navale in Egitto o minacciando la Lettonia. Una maniera di diminuire la sua attrattiva popolare è smettere di alimentare la sua propaganda nazionalista con cui la NATO sta circondando la Russia e che sta tacitamente appoggiando i fascisti e i nazionalisti sui suoi confini. Politicamente, prospera soltanto quando aumenta la pressione militare dell’Occidente e può presentarsi come la persona che si confronta con la NATO. Anche la Russia e l’Iran prosperano quando le minacce di guerra di Stati Uniti e Israele fanno crescere i prezzi del petrolio nel mondo. 6/ La pratica dello “intervento umanitario” sostiene le due morali che mettono in risalto soltanto le atrocità compiute dall’altra parte e non dagli alleati degli Stati Uniti. I bombardamenti di Bill Clinton in Bosnia e in Kossovo hanno fermato la pulizia etnica compiuta dalle forze armate serbe, ma hanno reso attivamente possibile la pulizia etnica da parte delle milizie croate e albanesi. Il bombardamento di Obama della Libia per “salvare” ipoteticamente Bengasi, ha finto con il trasformare la Libia in una zona militare senza restrizioni per l’uso di armi e esplosivi. Non significava intervenire come partito neutrale, ma stare da una determinata parte in una guerra civile e prolungarla. Un vero “intervento umanitario” darebbe ordine a tutte le parti di bloccarsi, non di attaccare un paese che viola i diritti umani a favore di un altro. 7/ Gli Stati Uniti sembra che vogliano approvare automaticamente la spartizione della Siria in enclave di tipo etnico/e basato sulle sette religiose come parte di un “insediamento”, proprio come avevano fatto in Jugoslavia e in larga misura in Iraq. Le spartizioni non portano una pace durevole, come dimostrano gli esempi di Palestina e India. L’autonomia regionale è utile per costruire la pace, ma le comunità e anche le famiglie sono troppo mischiate insieme storicamente per permettere una separazione territoriale “pulita” senza forme di violenza massiccia e di pulizia etnico/religiosa genocida. Aiuta, però, il capitale neoliberale, avere grandi stati multi etnici divisi in mini-stati più facilmente controllabili. 8/ Ci sono state molte vie non seguite per portare la pace in Siria fin da quando la cominciò la genuina rivoluzione democratica contro Assad nel 2011. Non c’è stata mai una scelta tra “fare qualchecosa” e “non fare niente”. Gli Stati Uniti e Israele potevano smettere di appoggiare i sunniti islamisti ribelli avendo in cambio che la Russia e l’Iran contenessero le peggiori atrocità condotte dalle forze armate di Assad, con la guida degli Alawiti, e vice versa. Potevano entrambi appoggiare la coraggiosa difesa contro l’ISIS, invece di “svenderli” (ancora una volta) all’esercito turco. Potevano impegnarsi con la società civile siriana che ha cominciato la rivoluzione, invece di armare soltanto l’esercito e la milizia. Potevano negoziare per una riduzione regionale e per un governo di coalizione che garantisse diritti alle minoranze e permettesse ai siriani di concentrarsi sulle reali minacce dell’ISIS e sulla rovina economica provocata dalla guerra. 9/ Il cambiamento di regime in Iraq sembrerà una sciocchezza, se la nuova Amministrazione convincerà con l’inganno gli Americani a permettere un cosiddetto “intervento umanitario” in Siria. Potremmo essere rapidamente coinvolti in una guerra regionale conclamata con Stati Uniti Arabia Saudita, Israele, Stati del Golfo, Sunniti siriani, iracheni, and yemeniti da una parte, e Russia, Iran, Siria, Sciiti iracheni, Hezbollah, and Houthi dall’altra. La regione è una polveriera, con alleanze aggrovigliate, quasi come l’Europa alla vigilia della I Guerra Mondiale. Non ci vorrebbe molto perché quell’incubo si trasformi in uno scontro nucleare. La Russia si sta chiaramente mobilitando per un probabile conflitto e sta segnalando i suoi avvisi tramite i media statali e le esercitazioni di difesa civile, ma non ci è stato detto dai nostri leader quanto sia diventata rischiosa la situazione. 10/ C’è molto di più in gioco in Siria nel 2017 che in Iraq nel 2003 La guerra in Iraq non ha mai avuto la possibilità di intensificarsi fino a diventare una guerra conclamata con la Russia e l’Iran o di scatenare un conflitto nucleare. Inoltre, dal momento che sia Hillary Clinton che Donald Trump accettano in modo acritico il punto di vista di Benjamin Netanyahu dell’Iran come il principale nemico in Medio Oriente, Israele e gli Stati del Golfo verranno scatenati il prossimo anno per ricominciare la politica del rischio calcolato con l’Iran che potrebbe portare anche noi alle porte dell’inferno. E’ possibile essere contro Assad e Putin e comunque opporsi alle guerre dichiarate dalla Clinton o da Trump che infiammeranno il Medio Oriente. Chiunque vinca l’8 novembre, i nomi dei candidati perdenti svaniranno rapidamente. La nostra “priorità numero uno”, il giorno successivo, dovrebbe e essere di impedire al nuovo presidente di portarci lungo la strada di una nuova seria guerra.
Zoltán Grossman è professore di Geografia e di Studi Indigeni presso l’Evergreen State College a Olympia, stato di Washington che è stato nei movimenti per la pace, la giustizia e l’ambiente negli scorsi 35 anni. Il suo sito web è: http://academic.evergreen.edu/g/grossmaz. Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/stop-the-next-president-from-waging-the-next-war |