http://www.affaritaliani.it/ Domenica, 26 giugno 2016
Gli scandali di Hillary di Mariella Colonna
Da Whitewater a Bengasi l’America non si merita la Clinton
La vita di Hillary Clinton è costellata da una lunga serie di scandali: da Whitewater a Troopergate, da Paola Jones a Monica Lewinsky, Travelgate, il suicidio di Vince Foster e Juanita Broadrick. E di conflitti di interessi.
Sbotta Leonardo Zangani, lobbista italoamericano nel mondo della finanza farmaceutica, che ha deciso di sostenere Donal Trump, candidato in pectore alle presidenziali dell’8 novembre, perché ‘una Nazione va governata come una realtà economica dove bisogna far quadrare i conti per scongiurare il fallimento, e non come una fonte di favoritismi e posizioni ben remunerate che non producono alcun risultato pratico ma costano soldi ai contribuenti e provocano una spirale distruttiva senza fine’. Ed elenca ad Affaritaliani una serie di questioni che mettono in luce gli abusi presunti o veritieri dei Clinton durante la loro non breve esperienza istituzionale.
È cronaca recente (la notizia è della ABC News) la nomina di Rajiv Fernando, finanziatore della Fondazione Clinton, nominato da Hillary membro del Collegio di consulenti del Dipartimento di Stato, poi destituito per l’evidente conflitto di interessi e la incompetenza in materia. Questa è una delle tante controversie che la circondano come una ragnatela di rapporti tra la sua Fondazione e le istituzioni governative. Ma non è tutto! Il Whitewater, investimento immobiliare fatto dai Clinton nel 1978, portò all’incriminazione per falso e intralcio alla giustizia di Bill Clinton.
L’emailgate è venuto a galla grazie ad una fotografia che ritraeva Hillary in volo nel suo ruolo di Segretario di Stato mentre inviava informazioni ‘sensibili’ da un cellulare non schermato sul server della sua abitazione. E dunque non protetto.
Le informazioni riguardavano Bengasi che in quel periodo era al centro del fuoco incrociato del terrorismo islamico che portò all’assassinio dell’ambasciatore Chris Stevens e di altre tre persone l’11 settembre 2012. È in corso un’indagine dell’Fbi e del Dipartimento di Giustizia che stabilirà se Hillary sapeva che le comunicazioni erano coperte dal segreto di Stato, in tal caso potrebbe essere incriminata per violazione del medesimo segreto. Secondo quanto riportato dal New York Times, nel rapporto consegnato al Congresso c'è scritto che la Clinton ‘aveva l'obbligo di discutere l'uso del suo account email personale per condurre attività ufficiali’ riferendo le sue intenzioni ai funzionari responsabili della sicurezza. Gli ispettori del Dipartimento di Stato, prosegue il rapporto, non hanno trovato ‘traccia’ di questa procedura. L'ispettore generale della sezione di spionaggio del Dipartimento di Stato ha testimoniato per lettera a gennaio scorso che alcune comunicazioni erano stampate ‘programma con accesso speciale’ quindi maggiormente soggette al segreto di Stato.
Ma non è ancora tutto! Cheryl Mills lavorava senza stipendio per la Clinton quando rivestiva l’incarico di Segretario di Stato, ed era impiegata all'università di New York con lo scopo di negoziare l’apertura di un campus all'Università di Abu Dhabi.
Huma Abedin, vicecapo di Stato maggiore di Hillary, è salita agli onori delle cronache a causa dell’emailgate che ha coinvolto la ex first lady. Il New York Times spulciando tra i messaggi di posta incriminati, ha scoperto un messaggio di Hillary rivolto a Huma: ‘bussa alla mia camera da letto se è chiusa’. Gossip a parte, la Abedin nel giugno 2012 ottenne che il suo ruolo fosse modificato in ‘impiegato speciale governativo’ andando a lavorare per la società di consulenze TENCO diretta da un vecchio amico di Bill mentre era ‘a libro paga’ della fondazione Clinton. Questa storia ha fatto sorgere sospetti sui probabili interessi della Tenco che potevano godere di trattamenti preferenziali lavorando con il Dipartimento di Stato.
Il giornalista Sidney Blumenthal ha lavorato per Bill Clinton durante la sua seconda presidenza ed è stato consulente di Hillary durante la campagna elettorale del 2008. Divenuta Segretario di Stato ha cercato di farlo assumere al Dipartimento di Stato, ma Obama si è opposto a causa degli attacchi a lui sferrati dallo stesso Blumenthal.
Ma Hillary non si è arresa e lo ha fatto ugualmente lavorare per lei stipendiato dalla Fondazione Clinton. A Blumenthal si deve la fallimentare strategia che ha giustificato l'attacco di Bengasi creando un grande imbarazzo sia ad Hillary sia ad Obama. Costui è stato l’artefice anche del fiasco dei rapporti tra Hillary e la Cina, l'Irlanda del Nord ed Israele.
Secondo alcune indiscrezioni, Bill e Hillary Clinton, quando hanno lasciato la Casa Bianca non avevano una situazione finanziaria rosea come quella attuale grazie alla Fondazione Clinton nella quale convergono tutte le parcelle (esentasse) dei loro interventi per convegni, congressi, apparizioni. Gli importi sono noti soltanto alla GoldmanSacks e alle banche di investimento di Wall Street che hanno rapporti diretti con la Fondazione di famiglia.
Ma è proprio su questa Fondazione che si intrecciano rapporti ambigui. Quando Hillary divenne Segretario di Stato promise di rendere noti particolari sull'amministrazione della fondazione. Non ancora rivelati! I più si chiedono come è possibile separare le attività di tipo umanitario svolte nel mondo con gli introiti economici delle ospitate. È noto che la fondazione dirotti fondi a società gestite e/o possedute da ‘amici’.
Può l’America puritana e bigotta farsi governare da una tale presidente? L’America si merita un personaggio di questo genere? Ribatte Zangani.
Hillary ha raggiunto il numero di delegati necessari per essere designata candidata ufficiale dei Democratici con la benedizione di Obama, sebbene averlo dalla sua parte può risultare controproducente. Soprattutto dopo che la Corte Suprema ha bloccato la sua riforma dell’immigrazione fatta a colpi di ordini esecutivi la quale prepara la strada a oltre 5milioni di irregolari che hanno figli nati negli States che rischiano di essere espulsi e separati dalla famiglia. E la sconfitta di Cameron che lui sosteneva per non uscire dall’Ue. |