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27 aprile 2016

 

Hillary, la perla rara di Wall Street

di Pepe Escobar

traduzione di Giuseppe Volpe

 

Dunque Zeus ha il via per lanciare il tuono. La Neo-Atena – salvo che per la saggezza – Hillary Clinton, Regina del Caos, Dea della Guerra, Imperatrice della Smorfietta Permanente alla fine avrà la sua possibilità di diventare presidente degli Stati Uniti. Dopo la Battaglia di New York è al primo posto per numero di voti, numero di stati, numero di delegati e numero di super-delegati.

Sembra inevitabile come la morte e i conti all’estero. “Non penso che sarà incriminata”; così parlò Donald Trump a Fox News riguardo al Servergate. “Il Partito Democratico la proteggerà”. E tuttavia, nel caso ottenga la presidenza, Trump ha affermato che citerebbe Hillary in giudizio per il suo server di email clandestino.

Charles Koch, per parte sua, adesso ammette che Hillary potrebbe essere un presidente migliore di, beh, Trump o di qualsiasi altro Repubblicano (“E’ possibile, è possibile”), così come, per certi aspetti, ritiene che Bill sia stato un presidente migliore di George W. Bush. Dunque i miliardi dei Koch appoggeranno Hillary? “Dovremmo ritenere che le sue azioni saranno molto diverse dalla sua retorica”.

Il che ci porta a Hillary come Regina del Neoliberismo Turbo d’Azzardo. E ancora una volta le evidenze insistono a suggerire che le sue azioni non corrispondono esattamente alla sua retorica.

Hillary non fa prigionieri quando si tratta di imprimere nell’opinione pubblica l’idea che lei è un’apostola devota dell’etica del “Nessuna banca è troppo grande per fallire”, e che è pienamente impegnata alla “riforma” delle banche. Può aver vinto la Battaglia di Wall Street, almeno per quanto riguarda il Partito Democratico. Ma non c’è mai stata una battaglia.

Entrano di nuovo in scena quei tre discorsi ormai famosi di Hillary Clinton ai dirigenti della Goldman Sachs nell’autunno del 2013, che si sono tradotti in un robusto aumento da 675.000 dollari al salvadanaio di Hillary.

Può trattarsi – o anche no – di un vaso di Pandora. Uno dei discorsi (225.000 dollari) è stato a un vertice in Arizona, dove Hillary sembra essere stata impegnata a impersonare un direttore generale della Goldman Sachs. Brilla, Goldman, brilla. Altri discorsi sono stati, al minimo, “amichevoli”.

Hillary si è ripetutamente rifiutata di rendere pubbliche le trascrizioni dei discorsi. Dunque tocca ad almeno un altro discorso offrire un indizio obliquo. Ecco Hillary che parla a dirigenti della Goldman Sachs – compreso l’amministratore delegato Lloyd Blankfein – nel settembre del 2014, durante l’assemblea annuale dell’Iniziativa Globale Clinton (CGI) a New York. La Goldman Sachs è, prevedibilmente, uno dei massimi sponsor della CGI.

La mia macchina è troppo grande per fallire

I pericolosi legami tra la macchina dei Clinton e la Goldman Sachs risalgono ai primi anni ’90 a go-go, quando Bubba non era nemmeno alla Casa Bianca. La maggior parte della pista è materia di pubblico dominio. Bob Rubin – allora co-associato anziano della Goldman Sachs – che si innamora di Bill e diventa il consigliere economico della sua campagna presidenziale del 1992; Rubin che organizza la frenesia di liberalizzazioni che ci ha dato le CDO tossiche e i derivati apocalittici; la Goldman Sachs come una delle maggiori finanziatrici, seconda solo a Citigroup, della campagna di Hillary per il Senato nel 2000; Bill che intasca 650.000 dollari per quattro discorsi tra dicembre 2004 e giugno 2005 (di nuovo: nessuna trascrizione) e che poi intasca altri 600.000 dollari tra il 2006 e il 2014.

Nel 2011 la Fondazione Clinton si è trasferita in un nuovo quartier generale nel centro di Manhattan, opportunamente in un edificio della Goldman Sachs. Nella primavera del 2014 i maggiori donatori della Fondazione Clinton hanno discusso di un brillante futuro nella direzione generale della Goldman Sachs. Gary Gensler, già della Goldman Sachs e anche ex presidente della Commissione sulle Transazioni in Operazioni a Termine sulle Materie Prime, è il principale funzionario finanziario della campagna di Hillary Clinton.

Come estesamente esaminato, la storia dichiara specificamente la Goldman Sachs come il contribuente di Wall Street numero uno de “i Clinton”, sulla base di compensi per discorsi, donazioni a opere di beneficenza e contributi alla campagna elettorale”, le tre fondazioni di quello che Simon Head ha scelto di chiamare, appropriatamente, il Sistema Clinton.

Dunque scordatevi le pratiche sospette diffusamente documentate della Goldman Sachs prima, durante e dopo la crisi finanziaria del 2008. Scordatevi del fatto che alla Goldman Sachs è stato ordinato di pagare considerevoli 5 miliardi di dollari per il suo racket dei mutui (Hillary: nessun commento).

La storia mostra che per il Sistema Clinton la Goldman Sachs è una vacca sacra. Di qui gli sfarzosi discorsi, le brillanti pubbliche relazioni, la porta girevole sempre aperta. Non è esattamente una giustizia poetica stabilire che il sistema (Clintoniano e altrui), così come la fedele sostenitrice Goldman Sachs, sono Troppo Grandi Per Fallire. Non occorre essere Leibniz per sapere che questo è il migliore dei mondi possibili per la Perla Rara della Goldman Sachs.

 


Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Originale: http://www.counterpunch.org/2016/04/27/hillary-wall-streets-golden-girl/

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