L'Huffington Post

05/02/2016

 

Giulio Regeni arrestato con 40 oppositori e torturato per due giorni all'oscuro di Al Sisi

di Andrea Purgatori

Giornalista d'inchiesta

Per un giorno e mezzo, forse due, Giulio Regeni è rimasto drammaticamente nelle mani dei suoi aguzzini che lo hanno interrogato, picchiato, torturato fino ad ucciderlo. E le fonti interpellate dall’Huffington Post individuano i responsabili negli ambienti più oscuri e violenti della polizia politica o dei servizi segreti egiziani, il famigerato Mukhabarat. Che si siano resi conto di quello che stavano facendo ad un cittadino italiano e quali ripercussioni internazionali avrebbero provocato è ancora da stabilire. E qui gli scenari sono almeno due. Si è trattato di un’iniziativa di cui la filiera gerarchica era al corrente? Oppure il ragazzo è stato vittima di un complotto teso a screditare il presidente Abd al-Fattah al-Sisi?

 

Secondo quanto risulta all’Huffington Post, Giulio Regeni sarebbe stato fermato il 25 gennaio in un luogo non precisato, insieme ad una quarantina di oppositori dell’attuale governo che si stavano preparando a manifestare in piazza Tahrir in occasione del quinto anniversario della rivolta. Perché fosse lì, non è chiaro: un reportage, semplice curiosità? Subito dopo, il ragazzo sarebbe stato trasferito con tutti gli altri in una caserma della polizia o in una delle sedi del Mukhabarat. Regeni parlava l’arabo, e questo paradossalmente avrebbe peggiorato la sua situazione perché è stato ritenuto in grado di rispondere alle domande e quindi di fornire nomi e informazioni sulle altre persone che si trovavano insieme a lui.

 

Interrogatori e violenze sarebbero andate avanti fino alla sera di sabato, forse fino al giorno successivo. In un crescendo bestiale. Ci sono almeno tre versioni sulle condizioni in cui è stato ritrovato il corpo. Si parla di 31 ossa rotte, di bruciature di sigaretta, di un orecchio mozzato, certo di uno o più colpi alla testa che hanno causato emorragie e lesioni fatali. Tutto questo mentre la famiglia dava l’allarme per la scomparsa del ragazzo e le nostre autorità si attivavano con la controparte egiziana. Altre 24 ore di silenzio, sostengono alcune fonti, e il cadavere di Giulio sarebbe sparito per sempre. Ma il dossier su Giulio è finito sul tavolo di al-Sisi. E la faccenda ha preso un’altra piega. Politica, ma non solo.

 

Gli aguzzini si sono spaventati e si sono liberati del cadavere o lo hanno fatto su ordine dei superiori gerarchici. messi in moto dal presidente in persona? Di sicuro, la notizia dell’arresto di due persone non spiega ancora nulla di quelle 36-48 ore di agonia patite da Giulio Regeni. Dove? Come? Per mano di chi? E negli ambienti di governo egiziani sta già cominciando a circolare la voce tutta autodifensiva che questo delitto abbia sì un connotato politico, ma nella forma di una trappola organizzata da pezzi degli apparati di polizia o del Mukhabarat legati all’opposizione (i Fratelli musulmani) per sabotare le relazioni con l’Italia e in particolare il nostro ruolo nel negoziato tra Tripoli e Tobruk. Un intrigo troppo grande per spiegare un semplice, efferato assassinio per il quale, si dice al Cairo, pagheranno solo le ultime ruote del carro. Perché del vero regolamento di conti già aperto nel sistema degli apparati di sicurezza non sapremo mai nulla.

 

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