http://comune-info.net/ 13 gennaio 2016
Difesa disarmata di Paolo Cacciari
Sono solo 3 milioni l’anno, briciole se paragonati ai 17 miliardi che lo Stato spende per le forze armate, ma il primo finanziamento al Servizio civile nei Corpi Civili di Pace è comunque una vittoria dei movimenti per la pace
Anche in Italia, dopo la Germania, i giovani potranno scegliere di svolgere il Servizio civile nei Corpi Civili di Pace (Ccp). Dopo vent’anni anni di proposte e pressioni delle associazioni pacifiste e nonviolente, riunite nel Tavolo Interventi Civili di Pace (www.interventicivilidipace.org), il 30 dicembre il governo ha finalmente compiuto un primo passo concreto: la pubblicazione del bando aperto agli enti che vorranno presentare progetti per attività di pacificazione in aree di conflitto. Poi, a giugno, ci sarà il bando per selezionare i primi duecento volontari e avviare un impegnativo percorso di formazione. Si concretizza così la visione di Alex Langer del peacebuilding civile formulata nel mezzo della tragedia delle guerre nell’ex Jugoslavia: la messa in campo di una forza di pace che: “Proverà a rimuovere l’incomprensione, a promuovere i contatti nella locale società civile. Negozierà con le autorità locali. Faciliterà il ritorno dei rifugiati, cercherà di evitare con il dialogo la distruzione delle case, il saccheggio e la persecuzione delle persone. Promuoverà l’educazione e la comunicazione tra le comunità. Combatterà contro i pregiudizi e l’odio. Incoraggerà il mutuo rispetto fra gli individui”. Per ora si tratta di un sperimentazione triennale che vedrà l’impegno di ragazze e ragazzi per dodici mesi all’estero in situazioni di conflitto e in Italia di emergenze ambientali. L’importo finanziario, 3 milioni all’anno, è esiguo se paragonato ai 17 miliardi che lo stato spende per le forze armate, ma può rappresentare l’inizio di un capovolgimento epocale. Da sempre, infatti, il pacifismo nonviolento attivo che si ispira a Gandhi, Capitini, Gene Sharp, Johan Galtung… sostiene che l’interposizione non armata tra le popolazioni in conflitto, l’emersione delle cause profonde dell’odio, l’azione di riconciliazione e tutte le altre pratiche che possono riallacciare relazioni umane dirette tra le persone in lotta siano più efficaci di qualsiasi intervento militare. Tonio Dell’Olio di Mosaico di pace ha scritto: “Se in Afghanistan avessimo bombardato le popolazioni col pane invece che con le bombe, forse avremmo conquistato intere popolazioni alle ragioni della pace”. Massimo Valpiana di Azione nonviolenta, ci ha detto: “Gli interventi militari hanno clamorosamente fallito. Siamo dentro una tragica spirale: guerra, terrorismo, guerra terrorismo. Per spezzarla la strada maestra è quella di prendere sul serio e di cominciare a praticare la nonviolenza attiva e coraggiosa”. Il Tavolo delle associazioni ha fatto presente che vi sono ancora intoppi burocratici e reticenze nei ministeri coinvolti (Esteri e Cooperazione Internazionale), ragione per cui sarà necessario seguire con attenzione la concreta realizzazione del nuovo modello di intervento civile e nonviolento. |