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20/12/2016

 

Deputato ucraino celebra l’assassino dell’ambasciatore russo in Turchia: ”E’ un eroe”

di Eugenio Cipolla

 

Che la russofobia si stia diffondendo sempre più a macchia d’olio in tutta Europa è ormai un dato di fatto incontrovertibile. Le origini di questo sentimento sono molto antiche e profonde, ma negli ultimi tre anni, complice un’efferata campagna mediatica della stampa occidentale, l’ostilità verso tutto ciò che è russo solo perché tale è cresciuta a dismisura.  

 

Culla di questo odio è senza dubbio l’Ucraina, dove le autorità, dopo la rivolta di Maidan e l’inizio della guerra in Donbass, spinte dai governi e dalle istituzioni occidentali, hanno scaricato la rabbia sociale della popolazione sulla Russia e Vladimir Putin. Gli effetti nefasti di questa azione si vedono quotidianamente, nelle parole pronunciate dalla gente nei mercati del paese e nei concetti diffusi dalle tv nazionali: tutto ciò che è russo è negativo, dunque va eliminato. L’apoteosi di questo sistematico odio nei confronti di Mosca e dintorni, lo si è raggiunto ieri, subito dopo l’assassinio del 62enne ambasciatore russo ad Ankara, Andrej Karlov, per mano di Mer Alintas, poliziotto turco di 22 anni.

 

Episodio che ha spinto il deputato ucraino Volodymyr Parasiuk a scrivere un post dai contorni inquietanti su Facebook. “Quando una persona è disposta a perdere la propria vita per le proprie idee e per amore della verità – ha affermato Parasiuk - allora possiamo dire con certezze che è un eroe”. Sotto il membro della Rada ha allegato due foto: una dell’attentatore turco Mer Alintas, l’altra di Mykola Lemyk, personaggio controverso ed esponente del nazionalismo ucraino a cavallo tra gli anni ’30 e ’40.

 

E’ proprio il paragone tra queste due figure a rendere ancora più chiaro il post di Parasiuk.

 

emyk, infatti, fu uno dei massimi esponenti e attivisti dell’OUN, l’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini nata su impulso di gruppi di estrema destra alla fine degli anni venti. Nel 1933 a Lemyk fu ordinato di uccidere Alexei Mailov, un agente dei servizi sovietici e segretario del Consolato dell’Urss a Lviv, che in quel periodo era ancora sotto la giurisdizione polacca, in segno di protesta contro l’Holodomor, la carestia ucraina causata dalle politiche economico-sociali di Mosca, che nel biennio 1932-33 portò alla morte di 7-10 milioni di persone.

 

Nel dicembre di quello stesso anno, la corte polacca di Lviv lo condannò alla pena di morte, commutata in ergastolo. Ma alla fine della seconda guerra mondiale, Lemyk venne liberato. Nel 1941 divenne comandante regionale dell’OUN-M, guidata da Andriy Melnyk (l’OUN nel frattempo si era divisa in M e B. La B, con a capo Stepan Bandera era considerata più estremista), e a ottobre venne catturato e ucciso dalla Gestapo. Non certo un personaggio qualunque.

 

Nemmeno Parasiuk in realtà è uno qualsiasi. Classe 1987, di Lviv, Ucraina occidentale, è stato uno dei maggiori attivisti di Maidan, grazie al quale è diventato famoso nel febbraio 2014, quando dal palco in Piazza Indipendenza lanciò un ultimatum a Yanukovich. Parasiuk ha combattuto in Donbass tra le file del Battaglione Dnipro ed è stato prigioniero dei miliziani filorussi durante la battaglia di Ilovaisk, una delle più cruente dall’inizio della guerra in Donbass. In Parlamento è arrivato da indipendente, vincendo il seggio nel collegio elettorale di Yaroviv con il 56,56% dei voti. Quello dove la NATO e gli Usa hanno tenuto le ultime esercitazioni congiunte assieme all’esercito ucraino. Ovviamente, un “caso”.

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