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24.09.2016

 

Fredda? È un concetto molto relativo

di Giulietto Chiesa

 

La maggior parte dei commentatori, da una parte e dall’altra dello schieramento, continuano a girare attorno all’interrogativo: siamo di nuovo alla “guerra fredda”?

 

Con varie accentuazioni che confermano il titolo di questa riflessione. Infatti che vuol dire "fredda"? Può essere dal molto fredda al quasi fredda. Addirittura potrebbe essere per qualcuno fredda, per altri calda, per altri ancora rovente. Dipende da dove ci si trova.

 

Se ci si trova nei pressi di Aleppo, Siria, sarà difficile definire la guerra in corso come fredda, o tiepida. Là si muore, in grande quantità, bruciati vivi. Ecco perché suggerisco di smetterla con queste generiche chiacchiere, per lo più messe su computers installati in comodi uffici dotati di ogni servizio. Una guerra fredda l'abbiamo conosciuta. Sappiamo che fu una guerra anche assai aspra. In molti punti del pianeta combattuta per interposta persona. In molti altri combattuta altrettanto aspramente, ma con altri mezzi, non militari. In cosa è simile a quella attuale? E dove è dissimile, al punto che in nessun modo può essere definita "fredda" (almeno non con gli stessi significati di quella)?

 

Io credo che, volendo, la differenza la si può vedere a occhio nudo. Allora tra est e ovest c'era una "differenza di sistema" che rendeva il quadro molto chiaro. Ai minimi termini della sua descrizione c'era la differenza — che fu riassunta da Ronald Reagan — tra l'Impero del Bene, l'Occidente, l'America, da un lato, e l'Impero del Male, rappresentato dal "comunismo" e cioè la Russia, tout court, perché allora non c'era altro e la Cina era ancora lontana.

 

I due sistemi erano talmente dissimili che non era necessario aggiungere altro. Chi stava da una parte e chi stava dall'altra. Posizioni intermedie non erano nemmeno pensabili. Adesso le cose stanno diversamente. E il fatto che non sia in corso una lotta tra sistemi non rende la situazione meno pericolosa. Al contrario la incattivisce e la rende insolubile con i mezzi tradizionali della politica e perfino della diplomazia.

 

E le differenze sono moltissime, una più spinosa dell'altra. Nessuno si azzarda a dire, per esempio, che Mosca è l'Impero del Male, ma c'è di mezzo il fatto che dieci anni fa l'Impero del Bene la considerò sparita dalla scena e ora reagisce furiosamente alla constatazione del fatto che essa è più presente di prima, e incute paura. Ma come combatterla ora, quando essa fa parte dello stesso "Mercato"? Ovvio che bisogna "demonizzarla" in altro modo. Ed ecco apparire la crisi ucraina, con migliaia di morti russi, di etnia russa, con l'entrata dell'Ucraina in Europa e nella Nato, modificando l'equilibrio strategico europeo. E modificando anche quello mondiale, mettendo in campo missili di nuovo tipo in Romania e in Polonia.

 

E poi ci sono i baltici e la Polonia, che cercano in ogni modo una rivincita postuma alla loro epoca di "cattività" sotto il regime sovietico (così, per lo meno, descrivono la fase di quella che chiamano l'occupazione sovietica). E ora dicono di fremere per il terrore di essere invasi dalla Russia. La quale non si vede perché mai dovrebbe invaderli, non essendo interessata a loro in nessun modo. Ma — vedi come dal nulla possa venire fuori qualche cosa — questo basta per realizzare l'occupazione del Baltico da parte cella Nato.

 

Dell'Ucraina si è già fatto cenno. Resta il dato inquietante che, in questo modo, la Russia viene trascinata in diverse confrontazioni dirette con le forze armate della Nato, cioè degli Stati Uniti d'America. Così nei cieli del Baltico, così nel Donbass che resiste all'occupazione nazista del paese, ormai trasformato in un protettorato americano. Così anche in Siria, dove ormai gli aerei americani e della "coalizione dei volonterosi" aiutanti e creatori dello Stato Islamico si sfiorano nei cieli di Aleppo. Basta un niente perché un incidente si verifichi e perché questa guerra "fredda" diventi molto calda.

Ma c'è un dato del tutto innovatore. Al tempo della guerra fredda l'Occidente era l'America.

 

L'Impero del Bene controllava i suoi sudditi con mano ferma e inflessibile. Poteva non piacere a qualcuno, ma alla fine si sapeva che aveva tirato la pietra all'Impero del Male, e costui, a seconda dei casi e delle necessità, veniva retribuito o redarguito. Dalla parte opposta il controllo era, se possibile, ancora più ferreo. Se si guarda bene, includendo Budapest 1956 e Praga 1968, l'Impero del Male regolava soprattutto i suoi problemi interni. Quando provò a mettere il naso al di fuori, in Afghanistan, mal gliene incolse.

 

Guardate ora che succede. L'America di Obama non controlla più i suoi sudditi. Nella crisi siriana (creata da Obama in persona) stiamo vedendo attori che disobbedisono all'Impero e/o fanno il doppio-gioco. Si veda la Turchia, Israele, l'Arabia Saudita. Un gregge disordinato e riottoso che non basterebbero dieci cani pastori a tenerlo in riga. E fosse solo questo il problema! Obama non controlla più nemmeno i suoi. Chi ha organizzato il golpe nazista a Kiev nel 2014? La Cia insieme ai servizi segreti polacchi, e con l'appoggio di quelli baltici. Ma non è detto affatto che queste squadre di avventurieri abbiano consultato il comandante in capo dell'Impero del Bene.

 

E in Siria, in questi giorni, chi ha mosso le pedine? Kerry si mette d'acccordo con Lavrov, ma partono gli aerei USA e bombardano le forze di Bashar el Assad. E' Obama che fa questi pasticci? Non credo. Credo semplicemente che Obama non comandi più l'Impero. Ed è questo che dovrebbe metterci sull'avviso del pericolo che incombe su tutti noi, dal momento che uno o più gruppi ristretti di dementi sono entrati in possesso degli strumenti per provocare una guerra più grande.

 

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