http://www.startmag.it/ 19 gennaio 2015
Caucaso e Caspio, l’energia nel Grande Gioco senza fine di Michele Guerriero
Caucaso, Caspio ed energia, un destino inseparabile, che fa di questa grande area lo scenario di quello che storicamente è stato definito il Grande Gioco. Ecco perchè Uno scacchiere di Stati, popoli, lingue e religioni incastonato tra l’Europa, il Medio Oriente, la Russia e la Cina. Così si presenta la regione del Caucaso e dell’Asia Centrale.Coacervo di popoli e crocevia di antichi commerci, punto focale della storia dell’umanità – a partire dal monte Ararat, quello dove, secondo la tradizione, Noè giunse con la sua arca percorrendo tutta l’antica Via della Seta. I Paesi di quest’area, molto variegata, non hanno accesso a grandi mari, se non al Mar Nero e al Mar Caspio: quest’ultimo da sempre causa di tanti contenziosi, per il suo status giuridico, legati allo sfruttamento delle immani risorse di idrocarburi che vi si trovano. Quello che gli storici hanno rivisto in questa grande regione è il cosiddetto “Grande Gioco” (un tempo, nell’Ottocento, il Grande Gioco vedeva di fronte l’impero britannico e quello russo per il predominio sull’area transcaucasica e caspica), ovvero la nuova riproposizione nella contesa tra le grandi potenze mondiali del Terzo Millennio – gli Usa, la Cina, la Russia e l’Europa – interessate soprattutto a stabilire rapporti privilegiati con i singoli Stati per ragioni legate allo sfruttamento non solo di gas e di petrolio, ma anche di materie prime.
Una regione, ma molte anime. Mosca pesa ancora Si farebbe certamente un errore se si volesse trattare questa grande regione come un tutt’uno, ma non vi è dubbio che il motivo principale di una riedizione del Grande Gioco si deve agli immensi giacimenti petroliferi e gassiferi che fanno gola alle grandi potenze mondiali. Una delle preoccupazioni maggiori che ultimamente ha espresso il Fondo monetario internazionale è legata al rallentamento dell’economia russa, che rischia di pesare sulla crescita dei Paesi del Caucaso e dell’Asia Centrale. L’Fmi ha tagliato, per questo, le stime di crescita per il prossimo anno nella regione, di 0,8 punti percentuali, attestandole al 5,6%. La mancata crescita si deve ad un rallentamento dell’economia russa, essendo la Russia un partner commerciale importantissimo di Paesi come il Kazakistan, l’Uzbekistan, la Georgia o il Kirghizistan. D’altronde, non potevano non pesare le sanzioni che l’Occidente ha deciso di infliggere a Mosca in seguito alla questione ucraina. Queste preoccupazioni che le tensioni presenti in Ucraina possano dilagare in tutto il Caucaso – per esempio in Georgia, in questi anni una vera e propria polveriera – sono state ammesse pubblicamente dalla cancelliera tedesca, Angela Merkel, a Sidney, in occasione dell’ultimo G20.
Caucaso: il miraggio della libertà Charles King, docente di International Affairs and Government alla Georgetown University di Washington, ha da poco scritto un volume interessante che ricostruisce la storia del Caucaso, negli ultimi duecento anni. Il titolo è molto significativo: “Il miraggio della libertà. Storia del Caucaso”. Il senso del libro si può sintetizzare brevemente nel fatto che i Paesi del Caucaso sono sempre stati oggetto di interesse degli imperi: quello ottomano, quello persiano e quello russo. La storia di questi Paesi è stata sempre all’insegna della ricerca della libertà. Libertà che, appena è stata acquisita, si è sempre rivelata un miraggio. Tutt’ora la storia recente del Caucaso è scandita da guerre, mai del tutto sopite, come in Cecenia, o come nel Nagorno-Karabah, regione contesa tra Armenia e Azerbaijan, causa di guerra negli Anni Novanta. Che oggi rischia di risvegliarsi prepotentemente. Tutti i Paesi di questa grande area, sia quelli caucasici che quelli a ridosso del Caspio, hanno sofferto una grande crisi economica all’indomani della dissoluzione dell’Unione Sovietica, nel 1991. O perché l’Unione sovietica acquistava materie prime a buon prezzo o perché finanziava direttamente l’economia. Da circa un ventennio queste economie hanno dovuto fare i conti con il mercato e la globalizzazione, non essendone affatto preparate.
Gli idrocarburi motore dell’economia sul Caspio Per alcuni Paesi, come l’Azerbaijan, il Kazakistan, il Turkmenistan e anche l’Uzbekistan, una grande leva per lo sviluppo economico è stata costituita dal settore degli idrocarburi. L’Azerbaijan – paradossalmente tra i tre Stati caucasici quello meno ambizioso di intrattenere rapporti con l’Europa, quello storicamente considerato dall’Urss l’avamposto verso il mondo asiatico – è diventato oggi un punto di riferimento per l’Europa, in vista della costruzione del Corridoio Sud, che porterà in Europa il gas scoperto nel giacimento di Shah Deniz 2.
La Georgia e l’Armenia, che non si contraddistinguono per la ricchezza di giacimenti petroliferi e di gas, sono sempre state invece desiderose di integrarsi con l’Europa, ma non sempre sono state corrisposte. Nel 2004 una ricerca statistica rilevava che due terzi della popolazione armena avrebbero visto di buon occhio un’entrata nell’Unione europea di Erevan. Oggi, però, l’Armenia fa parte dell’Unione doganale euroasiatica proposta da Mosca. La Georgia, dal canto suo, aspira ad entrare nella Nato, idea avanzata anche dagli Stati Uniti. Al di là del Caspio, i Paesi che un tempo facevano parte del blocco sovietico hanno sviluppato una politica estera multidirezionale o multivettoriale, a partire proprio dalle risorse energetiche. Il caso meglio riuscito in questo caso è quello del Kazakistan, un Paese che ha mantenuto buone relazioni con la Russia, ma non solo. Anche Usa e Cina sono in buoni rapporti con Astana, senza dimenticare l’Europa, con la quale i kazaki intrattengono molte relazioni commerciali, a cominciare proprio dall’Italia. (continua)
Articolo tratto da uno Speciale pubblicato su www.abo.net |