http://comune-info.net 6 aprile 2016
Il mondo che vorrei e il referendum di Daniele Previtali
In questi giorni si parla tanto del Referendum abrogativo del 17 aprile, non molto (e male) in Tv (ovviamente), mentre sui social bisogna dire che c’è una discreta attenzione. Quasi ogni giorno si diffonde in modo virale qualche articolo o immagine che porta le ragioni dei favorevoli e dei contrari al blocco delle trivellazioni in mare entro le dodici miglia dalla costa. Premettendo che sono tra i favorevoli al blocco (quindi voterò Sì), vorrei portare il mio punto di vista cercando di svincolarmi il più possibile dalle fonti lette finora. Perché sento questa necessità? Perché purtroppo leggo il diffondersi di posizioni basate su una visione molto parziale del mondo in cui viviamo e soprattutto sull’idea per cui Noi poco possiamo fare e dovrebbe essere il governo a far svoltare il paese verso le Rinnovabili. Innanzitutto va chiarito che il tema del referendum non è “continuiamo o smettiamo di usare il petrolio”, bensì semplicemente “vogliamo o no permettere ancora le trivellazioni vicino le nostre coste”? Molti sui social hanno lamentato che non ci sono sufficienti informazioni per giungere ad una scelta consapevole, io sostengo non solo che ci sono, ma anche che non sono neanche necessarie, basta osservare come va il mondo e pensare alle conseguenze di entrambe i possibili risultati. Nel caso vinca l’astensionismo è facile, tutto rimarrà come è ora. Cosa accadrebbe nel caso vinca invece il Sì? Anche chi è sfavorevole alle trivellazioni pensa che non cambierebbe nulla. Analizziamo alcune delle contestazioni: 1) Il capo del governo dice che si perderebbero solo posti di lavoro. Bene, ragioniamoci… Sappiamo che il petrolio non è infinito, prima o poi finirà, forse non saranno gli attuali lavoratori a perdere il lavoro ma prima o poi chi ci lavora lo perderà. Inoltre il lavoro in un settore inquinante come l’estrazione petrolifera non è proprio cosa da incentivare. Quindi la domanda diventa: per aumentare stabilmente l’occupazione, ci interessano davvero dei posti di lavoro in un settore senza futuro? A Renzi interessa davvero creare benessere o solo aumentare un numeretto per poi far cadere comunque nel disagio queste famiglie fra qualche anno? Ci interessa in sostanza il “lavoro a qualunque costo” o il “lavoro utile”? Perché secondo Renzi noi dovremmo essere contenti anche se l’occupazione aumentasse grazie ad una maggiore produzione di armi, mentre sfido chiunque a dirmi di essere contento se l’occupazione italiana aumenta grazie a guerre e morti in altri paesi. Qualsiasi persona veramente interessata al bene del suo paese dovrebbe ragionare in questi termini e non in questo modo limitato e senza futuro. A me interessa il “lavoro utile”, cioè quello che produce effetti lunghi e positivi per la società e non danneggia l’ambiente. Siccome non voglio pensare che dietro alle affermazioni di Renzi ci sia altro, posso affermare con certezza che un individuo come lui, con tale limitatissima capacità di pensiero analitico, dovrebbe ricoprire incarichi ben meno importanti. Ma d’altra parte la metà degli italiani non riesce ad andare oltre una semplice relazione di causa-effetto (spesso neanche quella), per cui è normale che ragionando così si ottiene consenso.
2) Molti sostengono che anche bloccando le trivellazioni vicino la costa lo si farà altrove e che comunque oltre le dodici miglia già ci sono. Chi fa questo ragionamento guarda il dito e non la luna. Io mi chiedo: vogliamo o no cominciare da qualche parte? Oppure crediamo davvero che debbano essere i governi a fare i loro passi verso un modello sostenibile? Chi ragiona così, per analogia possiamo paragonarlo ad una persona che getta l’immondizia per terra fuori casa in quanto “tanto tutti i vicini lo fanno”, dicendo che è inutile tenere pulito il proprio pezzettino finché ci sono altri che sporcano. Cosa rispondere se non che hanno una visione davvero limitata del mondo, di come può cambiare e dell’importanza che ognuno di noi ha? Queste persone sono ancora stretti nella morsa della delega, pensano che debbano essere gli altri a cambiare le cose mentre noi siamo solo attori passivi.
3) Poi ci sono gli ipocriti che danno degli ipocriti a chi vorrebbe un mondo migliore, insomma quelli che dicono che il petrolio ci serve e che quindi non possiamo non trivellare perché sennò finiamo come col nucleare francese. Cosa rispondere? A parte che il nucleare è stato ed è ancora follia pura, le alternative ci sono e come! Certo, finché si pomperà petrolio nessuno avrà interesse ad adottarle seriamente, questo è lapalissiano. Ma per il semplice motivo che i nostri vicini usano fonti inquinanti non vuol dire che dobbiamo farlo anche noi. Perché secondo voi i paesi produttori di petrolio stanno investendo nel Solare Termodinamico? Mica sono stupidi, sanno che il petrolio finirà e quando accadrà vogliono essere pronti. E noi che facciamo? Se diamo retta a questa categoria di persone faremo una brutta fine. Il Solare Termodinamico è molto funzionale, sfrutta la concentrazione della luce del sole per scaldare un liquido che portato ad altissime temperature (diverse centinaia di gradi) viene usato per alimentare le turbine e produrre energia elettrica. E con l’energia elettrica possiamo fare tutto, cucinare, far andare mezzi di trasporto, ogni cosa. Questa tecnologia costa pochissimo, ha un impatto ambientale praticamente nullo, si adatta bene alle nostre latitudini, funziona anche di notte e con cielo nuvoloso e potrebbe essere distribuito in tanti piccoli impianti connessi in modo da rendere il sistema più robusto e funzionale. Perché non lo adottiamo? Perché buttiamo soldi in inutili opere e permettiamo ancora le trivellazioni nel Mediterraneo con il rischio di distruggere l’intero ecosistema in caso di incidente? Ci siamo dimenticati del disastro del Golfo del Messico di qualche anno fa? Per chi guardava l’Isola dei Famosi mentre milioni di barili di petrolio venivano sverzati in mare per 106 giorni, consiglio di consultare Google.
Conclusione: se vogliamo cambiare le cose dobbiamo usare ogni mezzo. Questo referendum è certamente solo un piccolo tassello, guardiamo la realtà, di certo non ci sarà alcun passaggio netto dal petrolio alle rinnovabili, ma se anche ognuno di noi inizia a fare la sua parte allora possiamo cambiare veramente. Oltre a votare il 17 aprile, iniziamo ad adottare uno stile di vita sempre meno dipendente dal petrolio, facciamo in modo di diminuire la richiesta, riduciamo gli sprechi, evitiamo la plastica, ottimizziamo l’uso dell’automobile, evitiamo di acquistare o tenere nell’armadio tanti vestiti inutili (per produrli serve molta energia, regaliamoli!), preferiamo il cibo crudo e riduciamo carne e latticini (che ci fa anche bene alla salute), installiamo stufe a legna (non pellet) per il riscaldamento di casa, eliminiamo (o almeno riduciamo) tabacco e alcolici, favoriamo il riuso di oggetti usati invece di acquistarne sempre di nuovi, acquistiamo cibo e prodotti da aziende che puntano sulla riduzione delle fonti fossili, non acquistiamo prodotti che arrivano da lontano (ad esempio la frutta tropicale), cerchiamo di autoprodurre in casa il più possibile usando ingredienti locali, favoriamo il turismo a basso impatto ambientale (ovvero in agriturismi o ecovillaggi che attuano pratiche di sostenibilità)… Possiamo fare davvero tanto, dobbiamo Evolverci cari amici, è inutile che ci giriamo intorno, il mondo e l’umanità hanno bisogno di un cambiamento, Gaia ce lo chiede, e se i nostri vicini non lo fanno facciamolo noi, è questo che conta. Gli interessi dei governi e delle multinazionali possono avvenire solo se Noi rimaniamo inermi. Il vero cambiamento è questo, ma sfruttiamo tutti gli strumenti che abbiamo, per cui intanto il 17 aprile diciamo con forza che su un pezzettino di mondo non si trivella più!
Leggi anche
Tutti i motivi per non trivellare
Bar, centri sociali e bicchieri di plastica
Come portare la nonna a votare
Daniele Previtali, insegnante-contadino, organizza laboratori di auto-produzione e dedica molto tempo all’agricoltura sinergica ma anche alla promozione culturale del patrimonio storico-archeologico del territorio dei Castelli Romani. È tra i responsabili del progetto Evoluzione Silenziosa, con cui ha pubblicato “Guida pratica all’orto sul balcone” |