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Solar Impulse non è l’aereo del futuro di Gwynne Dyer Traduzione di Giusy Muzzopappa
Mentre scrivo queste righe il Solar Impulse 2 è già in volo, nell’ultima tappa di 48 ore del suo straordinario viaggio: il primo giro del mondo compiuto da un velivolo alimentato esclusivamente a energia solare. Quando leggerete questo articolo, il pilota Bertrand Piccard probabilmente sarà atterrato ad Abu Dhabi per essere acclamato da tutto il mondo. E io non posso fare a meno di chiedermi: questo è il futuro del volo? Ci sono circa centomila voli commerciali al giorno, e il settore aeronautico brucia ogni anno poco meno di 300 miliardi di litri di carburante. I velivoli commerciali sono responsabili del 2 per cento circa dell’anidride carbonica prodotta dagli uomini. Perciò i velivoli elettrici che non bruciano combustibili fossili potrebbero tornare molto utili, e Bertrand Piccard è davvero convinto che questo sia il futuro. “Scommetto che nel giro di dieci anni vedremo aeroplani elettrici volare con cinquanta passeggeri a bordo su brevi o medie tratte”, ha dichiarato. “Si può volare senza inquinare, e atterrare in aeroporti urbani senza disturbare i vicini con il rumore… E forse un giorno la gente dirà che tutto questo è partito dall’idea folle di fare il giro del mondo con un aeroplano a energia solare, e che gli effetti di quell’idea sono stati utili a tutti”.
Un volo di quindici mesi Tuttavia il Solar Impulse, con l’apertura alare di un Boeing 747, può trasportare soltanto una persona. Le cellule fotoelettriche sulle ali lo alimentano durante il giorno e ricaricano le batterie di notte (più o meno), ma la velocità media è di soli 75 chilometri orari e ci sono voluti 17 voli, cioè quindici mesi, per fare il giro del mondo. Siamo dunque lontani dalla terra promessa. Non si può semplicemente ingrandire il Solar Impulse e ottenere così un aereo commerciale a energia solare in grado di trasportare cinquanta persone, figuriamoci i cinquecento passeggeri che si possono ammassare in un 747 o in un A380 a lunga percorrenza. Il problema principale è ottenere delle batterie per trazione leggere e dalla capacità elevata, in grado di essere la principale fonte di energia per veicoli di grandi dimensioni per qualche ora. Su questo fronte, i progressi sono stati molto lenti. Le batterie per trazione oggi sono lontanissime dal rapporto peso/potenza che servirebbe per alimentare un aereo di linea e non ci sono segnali di svolte imminenti. Il Solar Impulse potrà anche avere le stesse dimensioni di un Boeing 747, ma pesa solo due tonnellate (un 747 vuoto pesa 129 tonnellate). Perciò non vedremo presto aerei di linea elettrici, e la gente di sicuro non smetterà volontariamente di spostarsi in aereo. C’è ancora qualche speranza? Forse sì. Il carburante per gli aerei è sempre stato ricavato dal petrolio perché nessun’altra fonte fornisce la stessa potenza per lo stesso peso (non ci sono aerei alimentati a carbone). I motori hanno bisogno solo di un combustibile ad alto numero di ottani, non importa da quale fonte provenga. Il combustibile potrebbe essere ricavato in altri due modi. Si possono coltivare alghe ad alto contenuto oleoso in tini giganteschi (riempiti con acqua salata o acqua di scarico) e schiacciarle per separare l’olio, che poi verrà raffinato per estrarne il combustibile. La Exxon Mobil e la la Synthetic Genomics dal 2009 hanno speso 100 milioni di dollari su questo progetto, ma hanno ancora molto lavoro da fare per creare le alghe a crescita rapida e ad alto contenuto oleoso che renderebbero quest’alternativa sostenibile dal punto di vista commerciale. In alternativa, si può prendere l’anidride carbonica direttamente dall’atmosfera e usare un catalizzatore per combinarla con l’idrogeno e ottenere il carburante. Diverse squadre stanno lavorando a prototipi per estrarre anidride carbonica dall’aria a un costo energetico modesto. L’idrogeno può essere ottenuto semplicemente rompendo le molecole d’acqua. In entrambi i casi bruciare il carburante produrrà anidride carbonica, ma si tratta dell’anidride carbonica presa in precedenza dall’atmosfera per combinarla con l’idrogeno o per alimentare le alghe, perciò il processo nel suo complesso sarebbe a impatto zero. Questo processo non richiederebbe la sostituzione o la modifica dell’intera flotta di 25mila velivoli commerciali, quindi è di sicuro più promettente nel breve e nel medio periodo.
Le scie di condensazione C’è un altro possibile problema ambientale legato ai velivoli che bruciano carburante, ossia le scie di condensazione che spesso si lasciano dietro. Le scie di condensazione sono formate da vapore acqueo proveniente dai gas di scarico dei motori degli aerei, che si raffredda quando la temperatura è bassa e c’è molta umidità, di solito nella parte più alta della troposfera. Possono durare a lungo e allargarsi fino a trasformarsi in cirri che coprono ampie porzioni di cielo. Queste nuvole fanno passare la maggior parte della luce solare, ma di notte riflettono il calore sulla superficie. Non è ancora chiaro quale sia l’impatto delle scie di condensazione sul riscaldamento globale, ma potrebbe essere pari a quello dell’anidride carbonica prodotta dai carburanti per gli aerei. Un velivolo convenzionale può evitare di produrre scie di condensazione solo volando a bassa quota, e questo significa consumare più carburante e andare incontro a maggiori turbolenze. I velivoli elettrici, invece, non lasciano scie di condensazione a nessuna altitudine. Perciò, congratulazioni a Bertrand Piccard e all’altro pilota del Solar Impulse 2, André Borshberg. Forse uno di questi giorni avremo degli aerei di linea elettrici, se solo qualcuno riuscisse a inventare la batteria giusta. Nel frattempo, però, dovremmo lavorare seriamente sul carburante a impatto zero.
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