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14 settembre 2016

 

“Il libraio di Kabul”

di Beatrice Tauro

 

“Pensa se nascesse un’altra femmina! Una nuova, piccola catastrofe nella famiglia Kahn”.

Con questa frase si chiude “Il libraio di Kabul”, un reportage scritto dalla giornalista norvegese Asne Seierstad e che si legge come fosse un romanzo.

Sfortunatamente però le vicende narrate dalla reporter non sono frutto di fantasia, bensì il resoconto della realtà quotidiana dell’Afghanistan all’indomani della caduta del regime dei talebani.

La Seierstad entra nella vita della famiglia Kahn e per oltre un anno ne racconta le vicende, mettendo a fuoco gli aspetti salienti della società afgana.

In particolare l’autrice mette in risalto la condizione femminile all’interno delle famiglie, sottolineando come le donne, prive dei fondamentali diritti della persona, siano ridotte a serve e macchine per la riproduzione, divenendo – nell’immaginario maschile – addirittura responsabili anche del sesso del nascituro.

Il quadro che emerge è desolatamente triste: donne fantasma sotto i loro burqa, ridotte a vivere esistenze fatte di umiliazioni e violenze, fisiche e psicologiche, quasi sempre perpetrate dagli stessi familiari.

Tutto ciò avviene anche in una famiglia come quella di Sultan Kahn di professione libraio, il quale si professa liberale, sogna un Afghanistan moderno, dove si raggiunga la parità fra i sessi. Tutto questo in linea teorica e fuori di casa. Ma fra le mura domestiche tornano i maschi a comandare, con i figli che danno ordini alle madri, maltrattano le sorelle, disprezzandole ed umiliandole come fossero le peggiori nemiche. Dove sono i maschi che decidono chi sposa chi e anche quale vita tocca vivere.

La caduta del regime talebano, sebbene abbia riportato un po’ di luce nell’oscura società afgana, di fatto non ha ancora prodotto quella svolta di civiltà che ci si aspettava.

La strada appare ancora lunga e a percorrerne i tratti più difficoltosi sono ancora soprattutto le donne.

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