https://pierluigifagan.wordpress.com/ 11 Settembre 2016
Mille e una setta di Pierluigi Fagan
L’islam è un sistema basato sul concetto di unicità, quindi di unità ma da quando è nato ad oggi, non ha fatto altro che dividersi al suo interno. Altresì vorrebbe essere un sistema in cui il religioso è l’ordinatore primo, quello a cui il sociale, l’economico, il militare ed il politico sono subordinati ma da tempo ormai si assiste, in diversi casi, all’inversione della subordinazione. Ne nasce una certa dinamica, un movimento che è difficile da leggere e capire, soprattutto per noi occidentali che usiamo un ben diverso sistema di immagine di mondo. Arrivano in questi giorni, due notizie che segnalano un certo movimento nella tettonica a placche dell’islam. La prima è stata inspiegabilmente ignorata in occidente ed è il pronunciamento (fatwa), di un certo numero di ulema sunniti, riunitosi a Grozny in Cecenia, a fine Agosto. La seconda è la polemica al calor bianco tra sauditi ed iraniani a proposito della gestione del tradizionale hajj, il pellegrinaggio rituale a Mecca e dintorni, il quinto pilastro della fede islamica, che si terrà il prossimo 10 settembre. Partiamo da quest’ultima. Com’è noto, l’Arabia Saudita è sunnita e l’Iran è sciita ma l’hajj è precetto tanto dei sunniti che degli sciiti. Teheran ha esplicitamente lanciato l’idea di togliere ai sauditi la gestione dell’hajj. Mecca e Medina dovrebbe esser poste sotto una tutela più neutra che non quella di uno stato che: a) è militarmente e politicamente attivo, direttamente ed indirettamente, in guerre intestine all’islam (Siria, Iraq, Yemen); b) è seriamente sospettato di collusione (se non peggio) con gruppi terroristi che hanno prodotto decine di migliaia di vittime il cui 95% circa è musulmano; c) sposa una interpretazione specifica dell’islam sunnita, il wahhabismo, che non è praticato in alcuna altra parte del mondo islamico e che non è una corrente storica (nasce nel XIX° secolo) della tradizione, spostata sullo spettro delle interpretazioni verso i gradi più estremi e radicali. Ci sarebbero poi le accuse già a suo tempo lanciate da Bin Laden e di recente rilanciate dall’ayatollah Ali Khamenei, sulle collusioni tra sauditi ed americani che noi leggiamo dal punto di vista politico ma in stretti termini religiosi, effettivamente configurano una possibile trasgressione della sacralità del dar al-Islam, la terra sacra dei musulmani, sulla quale sarebbe assai improprio ospitare basi militari di credenti in altri religioni che oltretutto sono lì, in genere, per far guerra ad altri musulmani. Insomma, quello che dovrebbe esser un luogo neutrale di bene comune per l’intera comunità, è letteralmente posseduto e gestito da un potere fazioso, settario e sanguinario oltretutto divisivo della comunità stessa, la Umma. In effetti, tra i tanti disastri come al solito compiuti dai britannici a suo tempo, l’aver ambiguamente appoggiato le mire egemoniche della famiglia al-Sa’ud (che è originaria di una zona interna della penisola arabica, il Najd), permise a questi la prepotente annessione dei luoghi sacri, Mecca e Medina, che si trovano in una zona di costa, l’Hijaz. Questi luoghi e l’intera zona che è la zona da cui proviene tutta la storia di fondazione dell’islam, erano governati dagli eredi della tradizione hascemita (la tradizione che risale cioè al fondatore dell’antica tribù di cui faceva parte Maometto), l’unica realmente in diritto di rivendicarne la potestà. Fa parte di questo pezzo di storia, la creazione del regno dell’Iraq (sciiti, sunniti e curdi, un mix che poteva venire in mente solo ai britannici) e della Transgiordania, inventate da Londra per dare ai due figli dello sceriffo di Mecca, la compensazione della tradita promessa fatta al padre di dare autonomia politica all’Hijaz, promessa fatta per usare le truppe arabe contro l’Impero ottomano. I discendenti degli hascemiti sono oggi la casa regnante giordana, quella che in teoria sarebbe l’unica monarchia ammissibile nell’islam sebbene il concetto di monarchia non sia in realtà compatibile con la cultura politica islamica. Dopo ripetuti incidenti che hanno visto sciiti perdere la vita per aver manifestato contro la gestione saudita a Mecca mentre altri sono morti lo scorso anno calpestati dalla folla, secondo gli iraniani mal gestita (o addirittura gestita con criminale intenzione) dall’organizzazione saudita, e considerando la manifesta guerra multi-teatro che oppone l’Iran e l’Arabia Saudita (Siria, Iraq, Yemen, la costante tensione in Bahrein tra popolazione sciita e monarchia sunnita, nonché la continua repressione degli sciiti sauditi), quanto sopra riportato sarebbe semplice conseguenza dello stato già degradato dei rapporti e non rappresenterebbe di per sé motivo per scriverci un articolo di riflessione sopra. Lo diventa però per motivi di sincronia con un’altra notizia, la prima che abbiamo dato. Accade infatti che sotto auspici ed attiva promozione russa e si suppone egiziana, si sia svolta tra il 25 ed il 27 Agosto scorso, una conferenza islamica che ha radunato: “200 dignitari religiosi islamici, dottori coranici e pensatori islamici da Egitto, Siria, Giordania, Sudan, Europa. Fra questi vanno citati personalità come il grande imam di Al-Azhar, Ahmed al-Tayeb; il gran Mufti d’Egitto, Cheikh Chawki Allam; il consigliere del presidente egiziano e rappresentante del Comitato religioso al parlamento del Cairo, Cheikh Oussama al Zahri; il gran Mufti di Damasco Abdel Fattah al Bezm; il predicatore yemenita Ali al Jafri; il pensatore Adnan Ibrahim e molti altri” secondo quanto riportato qui da Asia News, l’unica fonte occidentale che sembra aver dato la notizia. Asia News è un portale di informazione religiosa collegato al Pontificio Istituto Missioni Estere. Un altro sito islamico (qui) afferma che ci sarebbero stati rappresentanti qualificati di circa 30 paesi, oltre quelli citati da Asia News, anche dal Kuwait, Libia, Giordania. Il titolo della conferenza di Grozny era: chi sono i seguaci della Sunna? quindi, chi sono i “veri” sunniti? La Sunna è un corpo di scritture che integra a livello di storia ed interpretazione il Corano ed i sunniti sono circa il 90% del mondo islamico, circa 1,5 miliardi di persone, poco di più dei cattolici e quindi prima interpretazione religiosa al mondo. La notizia è che il comunicato finale in risposta alla domanda, dice che i sunniti sono due varianti teologiche (ashariti e maturiditi), i sufi, le quattro scuole giuridiche tradizionali. Sette moderne fuorviate (takfir), invece, sarebbero i Fratelli Musulmani, Daesh (ISIL) e tutti i wahhabiti, cioè i sauditi a pacchetto. Nell’islam non c’è una Chiesa, un papa, un concilio e neanche un clero propriamente detto, quindi è tradizione di questo mondo scomunicarsi a vicenda (fatwa) ed è improprio pensare che questo pronunciamento abbia valore assoluto. Interessante però il pacchetto di contrasto (che trovate nell’articolo di Asia News) messo in campo contro l’egemonia wahhabita e salafita che conta su i potenti investimenti in moschee, madrase, pubblicazioni, borse di studio, televisioni satellitari (tra cui Al Jazeera-Qatar, Al Arabiya-EAU) messo in campo da sauditi e regni del Golfo. Mettendo in campo una contro-replica basata sull’attivazione di una diversa rete dei religiosi, borse di studio, una nuova rete televisiva e materiale di propaganda, sembra si sia voluta dichiarare l’inizio di una guerra per l’egemonia del sunnismo. I sauditi non l’hanno presa bene, qui la risposta dell’International Islamic Fiq Academy di Jeddah che lancia la linea di difesa, sunniti sono coloro che rispettano i cinque pilastri dell’islam e sicuramente non coloro che vogliono dividere l’Umma (l’unità dell’Umma sebbene storicamente ampiamente non praticata sarebbe altresì un precetto fondamentale e del resto il richiamo all’unità è un topos di ogni organizzazione di pensiero umana, religiosa quanto politica). Altrove, altri che non sappiamo discriminare tra coloro che parlano per conto della propria testa e coloro che sono vicini al circuito economico e di potere messo in piedi dalla potente macchina propagandistica del Golfo, hanno più direttamente messo il dito nella piaga degli sponsor dell’iniziativa, degli “ulema di Putin”. Non v’è dubbio infatti, che come segnalano alcuni articoli, l’iniziativa abbia ricevuto un fondamentale impulso dai russi, dagli egiziani e dai siriani di area politica vicina ad Assad. Tra l’altro, mentre egiziani e siriani fanno comunque parte della normale accesa e contrastata dialettica interna il mondo islamico, i russi certamente sono visti come estranei ed esplicitamente spinti da interessi alieni alla contesa religiosa. Altresì, l’’iniziativa percorre un solco che invero è stato tracciato dai sauditi stessi e dalle loro forze armate e propagandistiche esplicite ed implicite. I morti musulmani per stragi terroristiche ovunque nell’islam cominciano ad essere decine di migliaia, il sentimento di sospetto sulle comunità musulmane fuori dai confini dell’islam diventa pesante da sopportare, la mancanza di una istituzione centrale che si dissoci ufficialmente dai deviazionismi violenti pesa sulla stessa percezione del fenomeno salafita ed affini che possiamo stimare con qualche generosità riguardi forse un 3% (tra teorici, simpatizzanti ed affiliati saltuari e militanti tra cui, nel caso dei Fratelli musulmani, militanti politici e non terroristi propriamente detti) del totale dell’islam e che non ben distinto è finito col diventare impropriamente l’immagine stessa dell’islam. Questa assenza e questo silenzio, di contro all’opposta presenza forte e voce ancorpiù udibile visto i pesanti investimenti in propaganda dei sauditi e qatarioti, chiamava una reazione ed al di là dei pur presenti motivi politici e geopolitici dei suoi sponsor è chiaro che in questa dichiarazione di battaglia per l’egemonia dei sunniti, c’è anche la reazione del “centro” prima lungamente egemone, le posizioni di Al Azhar e quelle della stragrande maggioranza dei musulmani. Soprattutto in Europa, ora, le posizioni centrali e quietamente tradizionali, hanno qualcosa a cui appellarsi per il dibattito interno e la controffensiva sia verso l’egemonia wahhabita, sia verso le accuse occidentali di non pronunciamento, di non distanziamento su i supposti rapporti tra islam e terrorismo. Su piano geopolitico, l’ Arabia Saudita, sta perdendo molto del suo smalto. Dalla sostanziale sconfitta in Siria al disastro ISIS, dalla guerra palesemente ingiusta e fratricida in Yemen ai camion bomba a Baghdad, dalla distruzione dell’industria turistica e degli affari internazionali tunisini, egiziani, giordani e nel Bangladesh alla nuova simpatia con Israele, dal pericolante riyal al terrorismo in Africa, dalla sua stessa conduzione degli affari petroliferi e monopolio dell’OPEC alla situazione del suo bilancio statale una volta invulnerabile dall’alto del suo immenso deposito di petrodollari, alle difficili ed oscure successioni tra vecchissime e nuove generazioni di principini viziati, i sauditi cominciano a perdere smalto e a dar fastidio a troppi. E’ quindi consequenziale che questa attiva ma ingombrante potenza regionale, oggi in un momento di incertezza, viepiù per il fatto che i rapporti con l’amico americano non sono poi stati così brillanti nella gestione Obama e non si sa se domani si avrà a che fare con il nemico Trump o l’amica Clinton, abbia risvegliato una contro-reazione. Contro-reazione che sul piano religioso vede certo attivo il “centro” della cultura islamica ma non meno i sufi (la reazione saudita bolla il presidente ceceno ospitante la conferenza, con l’accusa di essere un “sufi ubriaco”, vecchia accusa che i rigoristi arabi hanno da sempre usato contro il movimento spirituale) che temono di diventare le nuove vittime, dopo gli sciiti, della furia salafita-takfirista e su quello politico, di tutti i poteri politici (in genere militari) che non vogliono esser sovvertiti e travolti dall’islamizzazione eterodiretta da Riyad. Infine, tornando al piano geopolitico, alla conferenza cecena non risultano invitati turchi che nell’area Erdogan sono vicini ai Fratelli musulmani e quindi al Qatar. Ma altresì, i turchi sembrano oggi convergere verso una amicizia di fatto con russi ed iraniani per scongiurare il pericolo curdo e quindi se non su quello religioso, sul piano geopolitico sembrano allontanarsi dall’alleanza organica coi sauditi che tanta ambiguità ha generato nella guerra contro l’Isis, ribelli siriani, la stessa Siria ed appunto i curdi, vera spina nel fianco di Ankara.
Possiamo così concludere il commento a queste due notizie. Non s’immagini domattina d’intravedere pezzi di islam alla reciproca deriva con insulti, accuse ed anche peggio. Tanto più è in dubbio che i singoli musulmani leggeranno nitidamente cosa è successo e cosa altro succederà. Però la sfida è lanciata, la squadra non è di secondaria importanza, i mezzi e la volontà ci sono, l’occasione e propizia, gli alleati (si veda questo interessato commento indiano) dovrebbero accorrere. In particolare quella Cina che ha piazzato Jack Ma (Alibaba) come consulente speciale per la crescita economica dell’Indonesia (il più grande paese musulmano), ha invitato irritualmente Al Sisi al G20 di Hangzhou come -special guest-, ha interessi forti in Iran sia in termini di energia che di passaggio della sua Via della Seta terrestre, non credo sia aliena da una qualche pressione per favorire il riallineamento turco visto che la via che passa in Iran dopo dovrebbe arrivare in Turchia (attraversando territori curdi iraniani e turchi), controlla insieme ai russi che le repubbliche musulmane centro-asiatiche restino immuni al virus salafita, reagirà con tutta la sua spietatezza qualora a qualcuno venisse in mente di usare gli uiguri cinesi già presenti in Siria, per portare il tornando islamizzante nel Paese di Mezzo. A questo punto, c’è da vedere anche se, un domani, non possa verificarsi una convergenza che avrebbe un significato decisivo: non più solo la richiesta sciita di una gestione neutrale dei luoghi santi ma la stessa richiesta posta dal corpo maggioritario dei sunniti. Sarebbe quella fine del Regno degli al Sa’ud che alcuni temono, altri sperano, potrebbe esser la prossima puntata del lungo romanzo islamico dai mille e uno racconti.
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