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October 25, 2015

 

Kerry non vuole l'Iran al tavolo per una transizione politica in Siria

 

L'intervento militare della Russia a sostegno del governo siriano ha avviato così un nuovo ciclo di diplomazia verso una transizione politica in Siria.

Il Segretario di Stato americano John Kerry, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov Federazione, il ministro degli Esteri saudita Adel al-Jubeir e il ministro degli Esteri turco Feridun Sinirlioglu hanno annunciato il 23 ottobre a Vienna che ci sarà un incontro più espansivo sulla Siria, al più presto il 30 ottobre.

Kerry ha riconosciuto che, sebbene gli Stati Uniti e i loro alleati non siano ancora d'accordo sul ruolo del presidente siriano Bashar al-Assad in una transizione politica, c'è abbastanza terreno comune, tra cui un interesse comune in una Siria unificata e nella sconfitta dello Stato Islamico, per avviare un nuovo round di colloqui ad alto livello.

 

La conferenza di Ginevra II sulla Siria del gennaio 2014 vacillò, in buona parte, sulle divisioni tra Russia, Stati Uniti ed i loro alleati sul ruolo di Assad nella transizione. Anche l'assenza dell'Iran, che è stato invitato e poi disinvitato a partecipare a Ginevra II, ha contribuito al fallimento della conferenza. Lavrov ha respinto le voci che la Russia abbia concordato un piano per la partenza di Assad dopo un certo periodo di tempo. "Questo non è vero", ha detto ai giornalisti il 23 ottobre

La prima rassegna settimanale di Al Monitor del novembre 2012, riferiva che "il presidente Assad è il leader degli alawiti, fino a quando gli alawiti armati non decidano altrimenti. In poche parole, fino a quando gli alawiti stessi non facciano un cambiamento, sosterranno Assad. Quindi, qualsiasi iniziativa che lascia fuori questi stessi alawiti di Siria, e si affacci sulle quote settarie, locali e regionali del conflitto siriano, è una ricetta certa per il fallimento diplomatico dell’iniziativa e per l’incremento delle vittime tra tutti i siriani".

 

Lavrov ha anche detto che l'Iran, così come l'Egitto, devono essere parte della diplomazia per risolvere la crisi siriana. Anche il Capo della politica estera dell'Unione Europea Federica Mogherini è d’accordo: "Spero che l'Iran possa essere parte di questo sforzo comune in Siria."

Kerry, tuttavia, ha detto, "l'Iran non sarà al tavolo, forse parleremo con l'Iran, ma non in quel momento", anche se, per quanto riguarda la partecipazione, ha poi aggiunto: "Noi vogliamo essere inclusivi e non peccare per eccesso di inclusione piuttosto che di esclusione". L’esitazione di Kerry contro l'Iran è imbarazzante, a meno che non sia parte di una qualche necessaria coreografia diplomatica, che verrà elaborata nel corso della settimana prossima.

 

Il segretario di Stato ha condotto negoziati tra i P5 + 1 paesi (Cina, Francia, Russia, Regno Unito, gli Stati Uniti più la Germania) e l'Iran sullo storico piano congiunto d'azione globale (JCPOA). Il presidente iraniano Hassan Rouhani ha detto all'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 28 settembre che la JCPOA è uno "sviluppo che può e deve essere la base di ulteriori successi a venire", il che implica che uno sforzo multilaterale delle Nazioni Unite potrebbe essere applicato alle crisi regionali. La Siria non può permettersi un altro insuccesso diplomatico, così l’inclusività sembra essere l'approccio migliore al momento di decidere chi si siederà al tavolo. "Escludere l'Iran, i cui generali e consiglieri dirigono e coordinano le operazioni di terra con l'esercito siriano, sembrerebbe la ricetta per un fallimento.

 


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October 25, 2015

 

Kerry says Iran "not at the table"

 

Russia’s military intervention in support of the Syrian government has kick-started a new round of diplomacy toward a political transition in Syria.

US Secretary of State John Kerry, Russian Federation Foreign Minister Sergey Lavrov, Saudi Foreign Minister Adel al-Jubeir and Turkish Foreign Minister Feridun Sinirlioglu announced in Vienna on Oct. 23 that there will be a more expansive meeting on Syria, perhaps as soon as Oct. 30.

Kerry acknowledged that although the United States and its allies still disagree on the role of Syrian President Bashar al-Assad in a political transition, there is enough common ground, including a shared interest in a “unified Syria” and defeating the Islamic State, to initiate a new round of high-level talks.

The Geneva II conference on Syria in January 2014 faltered, in good part, on divisions between Russia and the United States and its allies over Assad’s role in a transition. The absence of Iran, which was invited and then disinvited to attend Geneva II, also contributed to the conference’s eventual failure.

Lavrov dismissed rumors that Russia has agreed on a plan for Assad’s departure after a certain period of time. “This is not true,” he told reporters Oct. 23. 

The very first Week in Review in November 2012 reported that “President Assad is the leader of the Alawites, until the armed Alawites decide otherwise. Simply put, until the Syrian Alawites themselves make a change, they will back Assad. Any initiative that therefore leaves out these same Alawites of Syria, and overlooks the sectarian, local and regional dimensions of the Syrian conflict, is a recipe for diplomatic failure and more deaths among all Syrians.”

Lavrov also said that Iran, as well as Egypt, must be part of the diplomacy to resolve the Syrian crisis. EU foreign policy chief Federica Mogherini agreed, saying, “I hope that Iran can be part of this common effort in Syria.”

Kerry, however, said, “Iran is not at the table, and there will come a time perhaps where we will talk to Iran, but we’re not at that moment at this point in time,” although he later added, “We want to be inclusive and err on the side of inclusivity rather than exclusivity” with regard to participation. 

Kerry’s hesitance on Iran is puzzling, unless this is part of some necessary diplomatic choreography to be worked out over the next week. The US secretary of state led negotiations between the P5+1 countries (China, France, Russia, the United Kingdom, the United States plus Germany) and Iran on the historic Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA). Iranian President Hassan Rouhani told the UN General Assembly on Sept. 28 that the JCPOA is a “development which can and should be the basis of further achievements to come,” implying that a UN multilateral effort might be applied to regional crises.

Syria cannot afford another diplomatic flop, so inclusivity would seem to be the best approach when deciding who is “at the table.” Ruling out Iran, whose generals and advisers are directing and coordinating ground operations with the Syrian military, would seem a recipe for a failure.