Fonti: Sputnik Mundo        

Hispan Tv

 

Guerra in Siria: Ultimora

Traduzione e sintesi di Luciano Lago

 

Le unità navali russe che incrociano nel Mar Caspio hanno lanciato 26 missili tipo Pershing contro 11 obiettivi dello Stato Islamico in Siria. L’informazione è stata confermata dal ministro della Difesa russo, Sergey Shoigu.

Si tratta di un attacco senza precedenti per le unità russe, visto che i missili da crociera dovranno percorre circa 1500 Km, sorvolando l’Iran e l’Iraq, i cui governi sono stati avvisati da Mosca. Questo attacco segna una svolta con cui la Russia fornisce anche una dimostrazione delle sue capacità tecnologiche e militari.  Vedi: YouTube.com/Watch

Tutti gli obiettivi sono stati distrutti senza che ci siano state vittime fra civili, come ha comunicato il Ministero della Difesa russo.

Nel frattempo sono continuate anche le operazioni aere delle forze russe che hanno aumentato l’intensità dei loro attacchi. Dal 30 di Settembre, primo giorno di operazioni, le forze russe hanno colpito 19 centri di comando dei terroristi e distrutto 12 depositi di armi ed esplosivi e 71 mezzi blindati dei miliziani dell’ISIS, ha informato il Ministero della Difesa.

Le operazioni sono iniziate dal 30 di Settembre e l’intervento militare russo è stato richiesto dl Governo siriano del Presidente Bashar al-Assad. Il responsabile russo ha avvisato che le operazioni continueranno fino a che non saranno annientati tutti i gruppi terroristi che infestano il paese.

 


http://www.notiziegeopolitiche.net

ott 8th, 2015

 

I russi sparano missili dal Caspio.

Al via l’offensiva dell’esercito.

Occidentali e turchi infuriati

di Enrico Oliari

 

Siamo ormai in piena escalation in Siria, dopo che la Russia è arrivata a colpire l’Isis con 26 missili terra-terra sparati dalle navi di stanza nel Mar Caspio. E’ stato lo stesso ministro della Difesa russo Sergei Shoigu a confermare la cosa, informando il presidente Vladimir Putin che dall’inizio delle operazioni “sono stati colpiti 112 obiettivi dell’Isis”.

I missili terra-terra sono i 3M-14T, sparati da quattro navi lanciamissili ad una distanza di 1.500 chilometri (hanno una gittata di 2,600 chilometri).

Scontata la reazione di Washington, in un quadro che vede la Russia evidentemente aver rotto le uova nel paniere a tutti coloro che avevano interesse nella deposizione dell’alawita (sciita) Bashar al-Assad, cioè le monarchie del Golfo, la Turchia e gli Stati Uniti.

Le accuse sono soprattutto quelle di aver colpito anche obiettivi non dell’Isis, cioè i ribelli, cosa riportata anche dall’Osservatorio siriano per i Diritti umani (organizzazione vicina alle opposizioni e con sede a Londra), il quale ha riferito che sarebbero stati centrati numerosi obiettivi che si trovano soprattutto nelle province di Idlib e Hama, dove operano le unità di “Jaish al-Fatah” la coalizione di ribelli islamici dell’”Esercito della Conquista”, sostenuto da Turchia, Arabia Saudita e Qatar.

Il segretario di Stato alla Difesa Usa, Ashton Carter, ha affermato che “La Russia sta seguendo una strategia sbagliata, colpendo obiettivi che non sono dell’Isis. Noi non collaboriamo con loro e non abbiamo ricevuto alcuna richiesta di collaborazione in tal senso” (…) “i russi non stanno colpendo solo l’Isis ma anche altri gruppi”. Anche il presidente turco Recep Tayyp Erdogan non è stato da meno, asserendo che solo due aerei russi su 57 hanno colpito realmente lo Stato Islamico. Ed è tornato a minacciare Mosca nei suoi interessi economici in Turchia.

Da parte di Mosca la musica non cambia: il portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov, ha ribattuto che “Le forze aeree statunitensi e di altri Paesi hanno effettuato attacchi per un anno e abbiamo motivo di credere che non sempre, o meglio, molto spesso, abbiano attaccato bersagli diversi da quelli terroristici, colpendo anche obiettivi che non appartengono allo Stato islamico“. La Russia colpisce “solo bersagli terroristici”. Certo, andrebbe approfondito cosa voglia dire per i russi il termine “terroristico”, se riferito all’Isis o anche ad altri gruppi.

Il problema di base per il Pentagono resta sempre lo stesso: Bashar al-Assad. L’attacco russo sarebbe infatti iniziato in concomitanza di un’offensiva dell’esercito siriano su ampia scala in particolare nelle campagne settentrionali di Hama, dove si trovano i miliziani dell’”Esercito della Conquista”, alleati dei qaedisti di Jabat al-Nusra: obiettivo dell’esercito regolare è quello di prendere la zona strategica e quindi di riassumere il controllo delle provincie di Hama e di Homs.

Le ire dell’occidente sono quindi, almeno ufficialmente, per il fatto che i russi avrebbero colpito l’Esercito libero siriano volutamente, tuttavia va detto che negli ultimi due anni e mezzo l’Els è praticamente sparito dalla scena, lasciando il posto ad una frammentazione di gruppi e gruppetti più o meno islamisti ma tutti palesemente appoggiati, riforniti e finanziati da Usa, monarchie del Golfo e Turchia.

Persino il movimento Nureddin Zenkih (1), che sarebbe responsabile del rapimento delle italiane Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, risulta essere sul libro paga di Washington.

Si tratta di una galassia di sigle capeggiate da signori della guerra locali e venuti da fuori, a volte intrecciate con i qaedisti di Jabat al-Nusra e altre volte dissoltesi dopo che i membri sono passati nelle file dell’Isis.

E qui sorgono alcune perplessità: come si può chiedere a noi occidentali di combattere al-Qaeda in Afghanistan e di appoggiarlo in Siria? Gli aerei russi in pochi giorni hanno colpito in modo incisivo lo Stato Islamico, costringendo 3mila jihadisti a darsi alla fuga verso la Siria: cos’hanno fatto fino ad oggi in Siria gli aerei della coalizione, cioè quelli statunitensi e quelli francesi? Dall’inizio del conflitto il bilancio è di 230mila morti e di 11 milioni di profughi: qual’è il prezzo della democrazia? Qatar, Turchia, Arabia Saudita, Stati Uniti: atteso che nessuno fa niente per niente, a quanti si sono messi in mano i ribelli siriani per rovesciare Bashar al-Assad?

 

Note

1 – Cfr. “Rebels in northern Syria say U.S. has stopped paying them”. McClatchy Newspapers. 9 December 2014. Retrieved 9 February 2015. The aid cutoff will not affect fighters from two groups now fighting to hold onto areas of Aleppo, Syria’s one-time commercial center. Those groups include some 600 fighters from Harakat Hazm, which had been the biggest recipient of U.S. aid, and as many as 1,000 fighters fielded by the Nuruddin az Zinki force.