Al-Hayat

18/04/2015

 

Sulla rivoluzione “culturale” in Siria

di Wael Mirza

Traduzione e sintesi di Marianna Barberio.

 

Sbaglia chi crede che parlare di cultura oggi in un Paese come la Siria sia un lusso. Sbaglia chi nega che le basi delle contraddizioni odierne debbano essere ricercate nella cultura e che quest’ultima sia la soluzione ad ogni problema. Ancora, fa un torto a se stesso, al suo popolo e al suo Paese chi vuole ignorare l’attuale senso di fallimento come rifiuto della cultura stessa.

È necessario dunque abbandonare il campo politico e militare ed affidarsi ad uno studio, analisi e riflessione accurata e accademica. Un famoso detto recita che le fasi successive alla rivolta sono ancora più complesse della rivolta in sé. Una considerazione confermata vivamente dalla situazione siriana e da tutti quei Paesi nel mondo arabo interessati dal fenomeno della ribellione.

Parlare di rivoluzione culturale oggi risulta piuttosto difficile, in quanto si cade nell’eccesso. La soluzione è un pericoloso distaccamento che genera interrogativi e dilemmi a cui non si è in grado di fornire risposte. Questo distaccamento si è evidenziato tra i siriani che hanno abbandonato lo spazio culturale e dialettico proprio quando ne avevano più bisogno.

Si è stati influenzati da argomentazioni fugaci e interviste mediatiche che hanno generato maggiori quesiti atti a suscitare caos e dirsordine. La soluzione consiste in una ricerca sistematica che invita, se non tutti, almeno una parte dei siriani ad indagare e permettere di capire “cosa è accaduto, cosa sta accadendo e cosa accadrà”.

Sociologi, politici, storici, economisti non hanno più scuse. Essi sono chiamati a fornire risposte concrete ed efficienti che indirizzino i “lavori” su più livelli.

Per riferirsi alla definizione dello storico austriaco, Gustav von Grunebaum, circa il concetto di cultura, essa è “lo sforzo proteso a garantire un insieme coerente di risposte a tutti quei dilemmi che affaticano le società umane nel loro percorso di vita (…)”.

Per concludere, appare evidente che le due soluzioni offerte in precedenza alla crisi siriana, quali la “morte della politica” e “morte dell’ideologia” non sono riuscite a superare i grandi quesiti che affliggono la popolazione circa il suo passato, presente e futuro. Ecco perché il processo di rivitalizzazione culturale, in tutte le sue accezioni, meritava un tentativo.

 

Wael Mirza è uno scrittore e dissidente siriano, membro del Consiglio Nazionale Siriano.

 

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