http://www.lantidiplomatico.it/ Le nostre guerre, la loro fuga Dall'Iraq 1991 allo Yemen tutti i dati racchiusi in questa tabella: 60 milioni di sfollati e rifugiati nel mondo, solo 600 mila "accolti" in Europa. La quasi totalità dei sessanta milioni di sfollati e rifugiati di guerra nel mondo rimane all’interno dei loro paesi o nei paesi confinanti; solo 600mila sono stati accolti in Europa. Per arrivarci, sono morti in mare a migliaia, 5 volte in più nel 2014 rispetto al 2011. In questo contesto, le guerre condotte dall’Occidente continuano a provocare esodi biblici, non solo di cittadini dei paesi bombardati o attaccati, ma anche di milioni di migranti che in quei paesi lavoravano. 1991, “Tempesta nel Golfo”, guerra all’Iraq La guerra provoca l’esodo di circa tre milioni di persone dall’area. Fra questi, 300mila lavoratori palestinesi vengono espulsi per vendetta dal Kuwait “liberato” e da altre petromonarchie, o lasciano l’Iraq distrutto dalle bombe e impoverito e dal successivo embargo. Abbandonano l’Iraq in tutto circa un milione di lavoratori stranieri (bengalesi, egiziani, yemeniti, filippini, indiani, pakistani…). L’Arabia saudita espelle circa 800mila yemeniti perché il loro paese non ha votato a favore della guerra all’Iraq. 1999 Serbia-Kosovo Nel 1996, 200mila serbi vengono espulsi impunemente dalla Croazia con l’appoggio degli Usa. Nel 1999 i bombardamenti della Nato su Serbia e Kosovo, non approvati dall’Onu, provocano – invece di prevenire o arrestare – l’esodo di massa di centinaia di migliaia di kosovari. Dopo la vittoria della Nato, sono i serbi a fuggire a decine di migliaia dal Kosovo “liberato”. 2003 Iraq (operazione “Iraqi Freedom”) Varia fra i 3,5 e i 5 milioni il numero di iracheni sfollati interni e rifugiati all’estero a causa dell’occupazione anglo-statunitense (con alleati) del 2003 e della successiva guerra settaria. A partire dal 2014, un milione e 800mila iracheni hanno lasciato le loro case di fronte all’avanzata del cosiddetto Stato islamico in Iraq. 2011, Libia, guerra della Nato Fino al 2011 in Libia lavoravano oltre due milioni di stranieri, regolari o irregolari, fra nordafricani (in primis egiziani), africani sub-sahariani e asiatici (70-80mila dal Bangladesh). Con le bombe della Nato e la concomitante “caccia al nero” da parte dei “ribelli” libici alleati della Nato sul campo, lasciano la Libia 800.000 lavoratori migranti. Con l’arrivo dei “ribelli” a Tripoli, fine agosto 2011, lasciano il paese anche quasi due milioni di libici, distribuiti soprattutto fra Tunisia e Libia senza un vero status di rifugiati. 2011-oggi, Siria, guerra fomentata da paesi Nato e petromonarchi Dal 2011, sei milioni e mezzo di siriani sono diventati sfollati interni; tre milioni hanno lasciato il paese. Poche centinaia di migliaia hanno ottenuto asilo in Europa. 2015, Yemen, bombardamenti sauditi A partire dal 26 marzo 2015, con i bombardamenti sullo Yemen da parte di una coalizione di paesi arabi guidati dall’Arabia Saudita, oltre un milione di yemeniti si sono spostati in altre zone. Sono altri potenziali richiedenti asilo in Europa. L’Arabia saudita è il primo acquirente di sistemi d’arma dall’Italia… ll numero di sfollati è in tutto il mondo ha raggiunto il suo record di sempre, quasi 60 milioni, la metà dei quali sono bambini, secondo un nuovo rapporto dell'agenzia dell'ONU per i rifugiati. Le cause sono guerre, conflitti e persecuzioni. "Poche di queste crisi sono state risolte e la maggior parte ancora genera nuovi spostamenti", afferma il rapporto. Il rapporto ha anche richiamato l'attenzione sulla crisi dei rifugiati del Mediterraneo, risultato dell'instabilità in Nord Africa e aggiunge che i paesi che ospitano la maggior parte dei rifugiati sono paesi poveri. Quasi nove rifugiati su 10 si trovano in regioni o paesi considerati economicamente meno sviluppati. "A causa delle enormi carenze di finanziamenti e degli ampi divari nel regime globale per la protezione delle vittime di guerra, molte persone bisognose di compassione, aiuto e rifugio vengono abbandonate a loro stesse. In un'era di esodi forzati di massa senza precedenti, abbiamo bisogno di una risposta umanitaria senza precedenti e di un rinnovato impegno globale in favore della tolleranza e della protezione delle persone in fuga da conflitti e persecuzioni". |