Susiya could be gone by Monday.


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21 luglio 2015

 

Ue: “Israele non demolisca Susiya

 

“Le autorità israeliane devono fermare i piani di trasferimento forzato di popolazione e demolizione delle case” si legge in un comunicato dell’Unione Europea pubblicato ieri. Intanto, un sondaggio del Centro Begin-Sadat ha rivelato ieri che la maggior parte degli israeliani ebrei considera opportuno ritornare nelle colonie della Striscia di Gaza evacuate nel 2015

 

Roma, 21 luglio 2015, Nena News –

 

Il villaggio palestinese di Susya, a sud di Hebron, non deve essere demolito. A dirlo senza mezzi termini è stata ieri l’Unione Europea (Ue). A seguito del vertice dei 28 ministri degli esteri del blocco europeo, l‘Ue ha rilasciato un comunicato in cui ha invitato “le autorità israeliane a fermare i piani di trasferimento forzato di popolazione e di demolizione delle case e delle infrastrutture delle comunità di Susya e Abu Nwar. A giugno i diplomatici di tutti gli stati membri dell’Unione europea si erano recati a Susya per protestare contro la decisione israeliana di demolire il villaggio. Disposizione che era stata avallata anche dalla Corte Suprema israeliana che aveva dato luce verde al provvedimento dell’Amministrazione civile (l’autorità militare israeliana che governa in Cisgiordania) di demolire le case palestinesi “costruite senza permesso” di Susya.

Una “illegalità” però, denunciano gli abitanti del villaggio, che è causata dalle disposizioni dall’Amministrazione civile che raramente concede permessi di costruire nell’Area C della Cisgiordania (zona controllata da Israele per gli accordi di Oslo del 1993). A schierarsi con gli abitati di Susya è stato ieri anche un gruppo di 200 artisti che hanno presentato una petizione contro l’evacuazione del villaggio. “La scorsa settimana l’Amministrazione civile e l’esercito hanno comunicato ai residenti di Khirbet Susya le loro intenzioni di demolire metà villaggio e, in pratica, di espellerli dalla loro terra”, si legge nella nota. “La distruzione e lo sradicamento sono crudeli, immorali e illegali”.

La condanna di ieri pronunciata dall’Unione Europea segue quella della scorsa settimana del Dipartimento di Stato Usa che, per bocca del suo portavoce John Kirby, aveva chiesto a Tel Aviv di “non eseguire demolizioni”

Ma la colonizzazione israeliana di terra palestinese ha, tuttavia, ancora un forte appeal nell’opinione pubblica dello stato ebraico. Un sondaggio commissionato dal Centro Begin-Sadat per gli studi strategici, ha rivelato ieri come la maggior parte degli israeliani ebrei era contraria al “disimpegno” dalla Striscia di Gaza del 2005 e come più della metà di loro sia favorevole ad una sua rioccupazione. Dieci anni fa l’allora premier israeliano Ariel Sharon decise unilateralmente di evacuare 21 colonie della Striscia di Gaza in cui abitavano 8.000 israeliani. Le immagini degli scontri tra militari israeliani e coloni e la disperazione di quest’ultimi “comprensibile” (si disse così allora sulla stampa mainstream occidentale) fecero il giro del mondo. Pochi fecero notare, però, che contemporaneamente al ritiro da Gaza, Tel Aviv continuava a costruire indisturbata su altra terra palestinese, quella cisgiordana.

Il 63% degli intervistati (587 israeliani ebrei) ha detto di essere stata contraria allora all’evacuazione, mentre il 51% considera opportuno ritornare nelle colonie della Striscia di Gaza. Interessante anche il numero di coloro che si oppongono al ritiro dagli insediamenti della Cisgiordania (47%) laddove solo il 53% lo approvano a condizione che vi sia un piano di pace con i palestinesi. Nena News

 

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