Originale: Electronic Frontier Foundation http://znetitaly.altervista.org/ 2 agosto 2015
I leader di Israele hanno acceso il fiammifero che ha bruciato il piccolo Ali Dawabsha di Rania Khalek Traduzione di Maria Chiara Starace
Il selvaggio omicidio del piccolo Ali Dawabsha di 18 mesi, bruciato vivo nel villaggio di Duma, nella Cisgiordania occupata, ha provocato energiche condanne da parte dei leader israeliani. A chiunque presti attenzione alle diffuse espressioni di odio che emanano da molti quartieri della società ebraica di Israele, queste severe banalità non soltanto non convincono, sono una prova ovvia di volersene lavare le mani designata a consumo esterno. E’ difficile trovare un solo ministro del gabinetto israeliano che non abbia incoraggiato o perpetrato violenza contro i palestinesi, in gran parte perché questo tipo di incitamento e anche altri peggiori – servono a farli eleggere. Ali è stato ucciso a notte fonda, nelle prime ore di venerdì (31 luglio) quando delle persone, che in seguito sono state viste fuggire e ritornare all’insediamento di Maaleh Efraim da alcuni testimoni, hanno fracassato le finestre della casa della famiglia di Ali e hanno buttato al suo interno bottiglie Molotov e liquido infiammabile. I genitori di Ali e il suo fratellino di 4 anni sono a malapena sopravvissuti all’attacco e stanno ora lottando per sopravvivere con il corpo quasi totalmente coperto da ustioni. L’autopsia ha scoperto che il “corpo” di Ali era completamente annerito, i suoi lineamenti si erano sciolti, parte delle sue estremità si erano disintegrate a causa delle ustioni, mentre parti dei polmoni e della cassa toracica si erano squagliate,” ha riferito l’Agenza di stampa Ma’an News.
Bruciare i bambini, da Gaza a Duma Gli autori dell’attacco hanno dipinto con la pittura a spruzzo una Stella di David e le parole ebraiche che significano “vendetta” e “Lunga vita al Messsia Re, sui muri di una casa vicina, anche essa incendiata da loro – nessuno vi è stato ferito – non lasciando alcun dubbio sulla loro motivazione. Analoghi graffiti nazionalisti e razzisti sono stati trovati sui muri delle case occupate dai soldati israeliani a Gaza durante l’attacco militare dell’estate scorsa. Questa è soltanto una delle molte ragioni per cui il riconoscimento per l’atteggiamento più falso va all’esercito israeliano che ha rilasciato dichiarazioni che condannano “questo barbaro atto di terrorismo e che promettono di intensificare gli sforzi di “individuare i responsabili.” L’idea che lo stesso esercito israeliano che protegge i coloni e che permette loro di e attaccare i palestinesi con impunità , riterrà colpevoli coloro che hanno compiuto l’attacco a Dawabsha è improbabile. E’ sempre l’esercito che l’estate scorsa ha completamente distrutto o danneggiato gravemente più di 25.000 case a Gaza, cancellando intere famiglie rifugiate al loro interno, “compresi 19 neonati e 108 bambini in età pre-scolare, (cioè tra 1 e 5 anni), secondo un’indagine dell’Autorità Palestinese. L’unica cosa che separa i soldati israeliani responsabili di quelle uccisioni, dai coloni che hanno bruciato il piccolo Ali, è un’uniforme e ordini espliciti da parte dello stato. A meno di 24 ore dalla promessa di consegnare gli assassini alla giustizia, l’esercito israeliano ha sparato, uccidendoli, due adolescenti palestinesi – Muhammad Hamid al-Masri a Gaza, e il diciassettenne Laith al-Khaldi in Cisgiordania – mentre gli assassini del piccolo Ali sono ancora latitanti.
Dall’assassino ai leader In quanto ai funzionari israeliani che si sono precipitati a denunciare l’attacco a Duma come “terrorismo”, tutti hanno storie ben documentate di impegno nell’incitamento anti-palestinese. Alcuni hanno perfino ucciso loro stessi dei palestinesi e in seguito se ne sono vantati. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, l’architetto dell’assalto di 51 giorni avvenuti l’estate scorsa e che ha ucciso 551 bambini palestinesi a Gaza, ha reagito all’attacco dei coloni con la dichiarazione che questo governo “è unito in una forte opposizione verso questi atti deplorevoli e orribili.” Questo è lo stesso uomo che, in seguito alla scoperta dei corpi dei tre adolescenti israeliani rapiti un anno fa, ha pronunciato l’invito a eseguire una vendetta sanguinosa, essenzialmente accendendo il fiammifero che aveva ucciso il sedicenne palestinese Muhammad Abu Khudair. Come ha osservato il giornalista Dan Cohen, sembra che il fatto che vigilanti che danno fuoco a bambini palestinesi sia diventato un rituale israeliano annuale.
“Auto-genocidio” Il ministro dell’istruzione Naftali Bennett, capo del partito ultra-nazionalista Habeyit Hayehudi (Patria ebraica), ha detto che “l’incendio di una casa a Duma e l’uccisione di un bambino è un disgustoso atto di terrore.” Questo è lo stesso Bennet che notoriamente si era vantato: “Ho ucciso un sacco di arabi nella mia vita – e non c’è alcun problema al riguardo.” Forse i coloni che hanno ucciso il piccolo Ali hanno seguito le orme di Bennet che è diventato importante dopo aver avuto un ruolo chiave nell’innescare il massacro, avvenuto a Israele nell’aprile 1999, di più di 100 civili e di mediatori dell’ONU che si erano rifugiati in una base dell’ONU a Qana, in Libano, durante l’invasione israeliana avvenuta quell’anno. Oltre metà di coloro che sono erano stati uccisi nell’attacco erano bambini. Se i coloni che hanno bruciato il piccolo Ali avessero indossato uniformi israeliane quando hanno dato fuoco alla casa della famiglia Dawabsha, probabilmente Bennett li avrebbe lodati invece che denunciarli, in maniera molto simile a quello che aveva fatto per replicare all’indignazione internazionale per il massacro a opera di Israele dei quattro ragazzi Baker sulla spiaggia di Gaza l’estate scorsa. In un’apparizione alla CNN all’epoca, Bennet accusò i palestinesi di “condurre un auto-genocidio di massa” per far apparire cattivo Israele.
“Chemioterapia” Il ministro della difesa Moshe Yaalon si è riferito all’uccisione del piccolo Ali come “orribili attacchi terroristi che non possiamo permettere”, e ha promesso di “perseguire gli assassini fino a quando non li portiamo davanti alla giustizia.” Questo è lo stesso Yaalon che garantiva che Israele non avrebbe esitato a uccidere civili palestinesi e libanesi, compresi i bambini, se pensava di doverlo fare, in qualsiasi futura guerra tra Israele e i suoi vicini. Come la maggior parte dei leader israeliani, Yaalon di solito si impegna in istigazioni violente e agisce in base a queste. Durante il suo periodo come capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, ha paragonato i palestinesi a una minaccia cancerosa che può essere eliminata soltanto “sottoponendoli alla chemioterapia.” Se gli assassini del piccolo Ali sono un po’ come Yaalon, scamperanno alla giustizia e avanzeranno nelle loro carriere, come ha fatto con successo Yaalon ripetutamente, malgrado la sua partecipazione a crimini di guerra. In Israele, uccidere i palestinesi ed essere a favore del genocidio aiuta a costruirsi una carriera politica. I demagoghi violenti occupano posizioni chiave nel governo, non malgrado la loro opera di incitamento anti-palestinese o per gli omicidi che hanno perpetrato, ma grazie a questi. Lo scorso giugno, dopo aver appoggiato un invito a uccidere le madri palestinesi nel loro letto per impedire che facciano nascere “dei piccoli serpenti,” il parlamentare israeliano Ayelet Shaked, è stato premiato con la nomina a ministro della giustizia.
Le uccisioni dei bambini sono permesse Eli Ben-Dahan, il colono rabbino di Gerusalemme Est occupata, che ha decretato che [“i palestinesi] sono delle bestie, non sono umani,” è stato di recente nominato vice ministro della difesa. E’ responsabile della “Amministrazione civile,” il nome che Israele dà all’organismo militare che governa i palestinesi nella Cisgiordania Occupata. Non è un caso che gli ecclesiastici come Ben-Dahan siano stati in gran parte in silenzio sul piccolo Ali. Dopo tutto, essi ispirano un’estrema versione messianica del giudaismo, favorevole all’ eliminazione, che provoca la violenza dei coloni. Due dei più famigerati sono Yitzhak Shapira e Yosef Elitzur, che nel 2009 hanno scritto insieme la Torat Hamelech (La Torah del re), una guida che spiega quando è permesso uccidere i non-giudei. Gli autori sostengono che la legge ebraica permette di “uccidere i neonati se è chiaro che cresceranno per farci del male, e in tale situazione si può far loro del male deliberatamente, e non soltanto durante i combattimenti con gli adulti.” Elitzur a Shapira dirigono una yeshiva molto rigida – una scuola religiosa ebraica – nell’insediamento di Yitzhar, dove vivono i coloni più violenti, non lontano dal villaggio palestinese di Duma. Nel luglio 2014, Dov Lior, un importante colono rabbino della Cisgiordania, che ha sostenuto la Torat Hamelech, ha scritto in una lettera la che la completa “distruzione di Gaza” era permessa [dalla legge ebraica]. “In tempo di guerra, alla nazione sotto attacco è permesso di punire la popolazione nemica con le misure che giudica appropriate: bloccare le forniture di corrente elettrica, e anche bombardare tutta la zona….prendere violente misure deterrenti per sterminare il nemico,” ha scritto Lior. I coloni israeliani che si considerano in un perpetuo stato di guerra contro una “popolazione nemica,” certamente presterebbero attenzione a queste indicazioni clericali. In febbraio, l’esercito israeliano ha attaccato Yitzhar e ha confiscato le armi che i coloni locali avevano programmato di usare contro i palestinesi, compresi liquidi infiammabili, bombole di gas lagrimogeni e maschere nere. Malgrado l’orrore espresso dai più importanti leader politici di Israele, questidevono ancora pronunciare una parola contro i rabbini che incitano ad attaccare i palestinesi in nome della loro versione estrema del giudaismo.
Razzismo crescente Nel frattempo, questo ampio spettro ideologico di odio ha conseguenze che si estendono oltre gli insediamenti. Un recente rapporto della Coalizione contro il razzismo in Israele ha rivelato un brusco aumento degli attacchi anti-arabi fin dal 2013, che ha coinciso con l’incitamento razzista da parte dei funzionare eletti e dei “decisori” di Israele durante l’attacco dell’estate scorsa contro Gaza e durante le elezioni di febbraio. Nel corso dell’ultimo anno, il rapporto ha documentato 237 attacchi razzisti, 192 dei quali diretti contro gli arabi, rispetto ai 113 del 2013. Questo conteggio esclude gli attacchi dei coloni nella Cisgiordania e a Gerusalemme Est occupate. La cultura dell’odio e dell’estremismo che ha portato all’uccisione di Ali Dawabsha è radicata non soltanto negli insediamenti, ma proprio all’interno del tessuto della politica culturale israeliana, del suo regime discriminatorio e del Sionismo che li sostiene. I politici che governano una società dove i piccoli palestinesi sono regolarmente chiamati una “minaccia demografica,”e dove molti festeggiano gioiosamente la loro uccisione, non possono dichiarare di essere innocenti e dare a intendere di essere “sconvolti” quando i coloni bruciano vivi i bambini palestinesi.
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org Fonte: http://zcomm.org/znet/article/israeli-leaders-lit-the-match-that-burned-baby-ali-dawabsha |