Fonte: bourgoinblog.wordpress.com
A chi giova la crescita dell’odio anti-Islam? L’onda anti-Islam in Europa Gli ultimi dieci anni hanno visto un aumento dell’islamofobia in Francia e più in generale in Occidente. Secondo Raphaël Lioger, la « grande svolta» (a partire dalla quale l’islamizzazione è considerata dai responsabili politici come un problema rilevante) avviene in Francia nel 2003, anno dell’intervento americano in Irak. Ѐ in questo periodo che nasce un insieme di associazioni anti-islamiche, come l’Osservatorio dell’islamizzazione, Bloc Identitaire, Riposte Laïque o ancora Ni Putes Ni Soumises. Sempre nel 2003, François Baroin, su richiesta dell’allora Primo Ministro Jean-Pierre Raffarin, fa una relazione dove propone una nuova concezione di laicità. Essa porterà al voto della prima legge anti-velo nel marzo del 2004. Ne seguiranno altre che contribuiranno a escludere le manifestazioni visibili della religione musulmana da un numero sempre crescente di luoghi pubblici. La fabbricazione mediatica del « problema musulmano » eletto a « problema di civiltà» da parte di Alain Finkielkraut favorisce la diffusione del discorso razzista e la stigmatizzazione dei musulmani e delle loro pratiche religiose, con la benedizione dei giornalisti di sistema. La montatura mediatica dell’ultimo romanzo di Michel Houellebecq, apertamente islamofobo, la compiacenza dei media di fronte alle esagerazioni di Alain Finkielkraut, l’islamofobia dichiarata di alcuni giornalisti, l’ostilità incontrata da un movimento che sostiene la riconciliazione con le popolazioni di immigrazione post-coloniale, dimostrano che la classe politico-mediatica, nella sua maggioranza, incoraggia il rifiuto dei musulmani. Si potrebbe rimanere sorpresi di questa tolleranza nei confronti di opinioni così discriminatorie e a volte perfino razziste, ma ancor più dalla censura che colpisce senza pietà i critici, anche moderati, della politica israeliana. Due pesi e due misure? Se sull’ostracismo nei confronti dell’Islam non ci sono dubbi, dobbiamo andare ad indagarne le cause. Quindi, la domanda diventa: quali benefici può trarne il sistema ? Il continuo aggravarsi della crisi economica nei Paesi della zona euro ha portato a un forte aumento dell’estrema destra islamofoba. Organizzazioni violentemente anti-musulmane si moltiplicano e continuano a crescere. La Germania sembra essere particolarmente colpita da questa ondata anti-islam con una proliferazione delle manifestazioni contro « l’islamizzazione dell’Occidente » sotto l’egida del movimento Pegida (Patrioti Europei contro l’Islamizzazione e il Declino dell’Occidente) nato l’ottobre scorso. Riunendo diverse migliaia di persone a ogni mobilitazione, quasi 20.000 a Dresda (ex RDT) questo lunedì 5 gennaio, il movimento è relativamente massiccio, immagine di un inasprimento della destra populista in gran parte della società d’oltre Reno. In Grecia, Paese particolarmente colpito dalla crisi, la minoranza musulmana è il bersaglio privilegiato dei movimenti neo-nazisti che prosperano sulle rovine dello Stato sociale. Anche in Francia si assiste a un aumento dell’islamofobia. Vari fatti, come l’aggressione di Créteil o l’autista pazzo di Dijon, l’attacco di Joué-les-Tours o ancora la sparatoria di Charlie-Hebdo (senza parlare di quella di Bruxelles) sono altrettante occasioni per riattivare il mito del nemico interno socio-etnico stigmatizzando i musulmani. Conseguenza di queste campagne politico-mediatiche è che una grande maggioranza di francesi (73 %) ha un’immagine negativa dell’Islam, fatto che non avviene per le altre religioni, in particolare per l’ebraismo, che raccoglie l’approvazione dei due terzi degli intervistati. Di conseguenza, non ci si stupirà della facilità con la quale il concetto di «Pegida» ha attraversato il Reno: una manifestazione è stata organizzata per il 18 gennaio a Parigi da Riposte laïque, da Resistenza repubblicana di Christine Tasin e dalla Lega di Difesa Ebraica per «chiedere l’espulsione di tutti gli islamisti dalla Francia». Sionismo e islamofobia L’odio che queste organizzazioni riservano all’Islam sembra essere pari solo alla loro fedeltà al sionismo e a Israele. Sia in Gran Bretagna, che in Svezia, nei Paesi Bassi o altrove in Europa, non è raro veder proliferare bandiere israeliane in manifestazioni ostili all’Islam. Si può infatti capire che la politica di colonizzazione aggressiva e di apartheid praticata dall’entità sionista possa servire da modello a certa estrema destra. E in effetti, la linea attuale del Front Nazionale non fa eccezione: compiacenza verso i movimenti estremisti ebraici, come la LDJ, battaglia contro «l’islamizzazione della Francia» eretta a causa prioritaria e condanna politica dell’antisionismo. Lo scontro di civiltà, nuova ideologia dominante Il modello politico difeso da questa nuova estrema destra corrisponde perfettamente a quello dello scontro delle civiltà, teoria elaborata da Samuel Huntington alla metà degli anni 1990. Prendendo atto della dissoluzione dell’Unione Sovietica, essa ritiene che un conflitto di civiltà basato sul substrato religioso si sia sostituito alle divisioni ideologiche che organizzavano i rapporti geopolitici fra Est e Ovest. Secondo questa teoria, la caduta del comunismo avrebbe portato a una crescita dei sentimenti identitari, in particolare a un risveglio dell’Islam radicale, minacciando direttamente la civiltà occidentale. Nuova ideologia dominante delle élites globaliste, questa teoria neoconservatrice è servita come giustificazione ideologica delle guerre dell’Impero contro i popoli d’Oriente. Profezia autocreatrice, ha alimentato la stessa minaccia che pretendeva di combattere, [ha favorito, n.d.t.] la distruzione militare di Paesi come l’Irak, la Libia o la Siria, provocando un forte aumento del fondamentalismo jihadista e giustificando come conseguenza nuove guerre. Lungi dall’essere anti-sistema come amano definirsi, i movimenti islamofobi servono in realtà gli interessi dell’oligarchia globalista che gioca sui conflitti sociali per rafforzare il suo potere. Divide et impera è una ricetta che continua in qualche modo a dimostrarsi valida. Il clamore mediatico anti-Islam ha anche il pregio di preparare l’opinione pubblica a nuove guerre con la scusa di sradicare il «terrorismo» con il costo che questo comporta: guerra, caos geopolitico e forte controllo delle popolazioni. Ciliegina sulla torta, la propaganda islamofoba esenta i veri responsabili della crisi, presentando una vittima surrogata che unisce tutte le qualità del «buon» capro espiatorio: economicamente dominato, socialmente isolato e politicamente fragile. Qui ci sono le vere ragioni del compiacimento dei media nei confronti delle opinioni islamofobe che, lungi dal combattere, essi incoraggiano segretamente. Ricordiamo che Marine Le Pen è stata, per un anno, la personalità più invitata nei programmi televisivi, e questo la dice lunga sia sulla sua posizione «anti-sistema» che sul moralismo selettivo dei media. Contro questi inganni, dobbiamo evidenziare un’ovvietà : il popolo francese non ha alcun interesse in una guerra civile, trasposizione sul fronte interno delle guerre dell’Impero, da cui solo un’esigua minoranza potrebbe trarre profitto.
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