http://www.formiche.net/ Può lo Stato islamico essere considerato come un’entità statale? L’Islamic State in Iraq & Siria, in arabo: Daesh, che denominiamo ISIS, è un’organizzazione paramilitare dispiegatasi su un’area che supera i confini determinati, tra la Siria e l’Iraq e che collegano le principali città del nord di questi due Stati. Quest’organizzazione ha sollevato tanto inchiostro da giugno 2014, quando la dura e spietata violenza di quest’organizzazione è giunta alle orecchie dell’Occidente, strappando con la forza le città dalle forze armate o gruppi di ribelli armati. Sostiene di essere il legittimo governo della regione in cui si è autoproclamato Stato, ma può, in base al diritto internazionale, essere considerato alla pari degli Stati? I criteri classici della nascita di uno Stato sono elencati nella Convenzione di Montevideo del 1933 che li riporta per dare una definizione funzionale di uno Stato: il popolo, il territorio e il governo. La prima condizione riguarda la popolazione, su cui lo Stato esercita un certo controllo, a causa del luogo in cui vivono. Non si può immaginare uno Stato senza popolazione, ma il diritto internazionale non fornisce alcuna soglia minima perché un gruppo sia definito popolo. Tuttavia, esso richiede l’esistenza di un popolo vitale, come il Principato di Sealand, una piccola isola al largo della costa del Regno Unito, con i suoi venticinque abitanti, sembra essere una comunità perfetta per ottenere lo status di popolo. Nel caso dell’ISIS, anche se questo criterio è arduo da quantificare, conterebbe quasi sei milioni di persone che vivono nel suo territorio. Si rileva la necessità di agglomerare una comunità stabile, basi fisiche per una società organizzata. I membri della popolazione devono accettare di essere sotto la giurisdizione statale dello Stato in questione. Questo sembra essere il caso, anche se i suoi membri riconoscono l’autorità dell’ISIS con la violenza e sottomissione. Circa la seconda condizione, relativo al territorio, il diritto internazionale non richiede una superficie minima o che i confini siano nettamente determinati, né che le frontiere siano chiaramente stabilite, come, ad esempio, la controversia sui territori palestinesi occupati evidenzia. I confini dell’ISIS, che sono cambiati dal mese di giugno di qualche anno fa, dall’inizio del conflitto interno, coprirebbero fino a 200000 km², innegabilmente completando il criterio territoriale dello Stato (si pensi al Vaticano che ha solo 0,4). Questo criterio, tuttavia, deve essere letta in combinazione con quella del governo che esercita il controllo effettivo su quella parte del mondo. La terza condizione richiede un soggetto politico il c.d. Stato apparato o governo che fornisca funzioni essenziali dello Stato, come i poteri legislativi e amministrativi, i servizi pubblici di base per la popolazione. Sul suo territorio, il governo dello Stato islamico aumenta le tasse e fornisce funzioni militari e di sicurezza. Pare aver preso il controllo dei servizi pubblici essenziali, come l’istruzione, nonostante le disparità tra le città. L’ultima condizione si riferisce all’indipendenza e alla sovranità degli Stati e cioè l’esclusione della giurisdizione di altri Stati sul territorio e sulla popolazione. L’ISIS impone le sue leggi e trae entrate significative dai giacimenti petroliferi che si trovano sotto il suo controllo. L’ISIS stesso non sembra subordinato ad altri gruppi terroristici come Hamas o di Al Qaeda. Secondo i criteri classici o convenzionali per determinare uno Stato, l’ISIS potrebbe facilmente essere considerato come tale. Deve ancora essere riconosciuto da altri Stati, che costituiscono la comunità internazionale. Tuttavia, gli Stati stessi non sembrano inclini ad accettare l’ISIS per inserirla nella vita sociale internazionale, soprattutto le Nazioni Unite che hanno ribadito costantemente l’indipendenza e la sovranità dell’Iraq e della Siria nelle sue recenti risoluzioni riguardanti proprio l’area mediorientale (risoluzioni del Consiglio di Sicurezza 2170 [15 agosto 2014] e 2178 [24 settembre 2014] e la dichiarazione del presidente del Consiglio di Sicurezza in occasione della sessione .n7226 del 28 Luglio 2014, S / PV.7226). Tralaltro, il diritto internazionale inibisce il riconoscimento degli effetti giuridici su lembi territoriali acquisiti con l’uso della forza, com’è avvenuto nei territori occupati da Israele. L’ISIS non può quindi essere considerato come uno Stato secondo le disposizioni del diritto internazionale, che solleva interrogativi in termini di rispetto dei diritti umani. Tuttavia, l’assenza di carattere statale non conferisce ai membri dell’ISIS l’impunità piena secondo il diritto internazionale. I suoi dirigenti sono soggetti responsabili sul piano penale per i loro atti, in particolare perseguibili dalla Corte penale internazionale per i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra. È su questa ipotesi che ha concluso il relatore della Commissione indipendente d’inchiesta internazionale sulla Siria del 13 agosto 2014 delle Nazioni Unite, per non parlare del genocidio. Le comunità cristiane d’Oriente in pericolo, hanno deciso di adire il Procuratore Generale della Corte Penale Internazionale ad avviare un’inchiesta nei riguardi dei membri dell’ISIS. L’articolo 25, paragrafo 1, dello Statuto di Roma definisce la giurisdizione personale, nel senso che la Corte é competente per le persone fisiche in conformità al presente Statuto. Tale articolo punta sugli individui e non sugli Stati o sui suoi membri. Se è data generalmente nei media per cercare di incriminare i capi di Stato, questo non è il suo unico scopo: Thomas Lubanga, ad esempio, leader di un gruppo separatista armato nella Repubblica democratica del Congo, è stato il primo a essere nel 2012 condannato dalla Corte penale internazionale. Tuttavia, la sovranità dell’ISIS rimane un importante criterio per statuire la competenza sussidiaria della Corte Penale Internazionale. Se l’ISIS dovesse essere riconosciuto come Stato, deve stipulare e ratificare lo Statuto di Roma affinché la Corte Penale Internazionale abbia competenza territoriale. In caso contrario, le atrocità commesse dall’ISIS saranno considerate come se avessero avuto luogo in Iraq o in Siria: o né l’uno e né l’altro non sono parti della Corte Penale Internazionale. Inoltre, la Corte penale internazionale può esercitare la giurisdizione sugli individui, qualora i tribunali nazionali incaricati dell’applicazione della legge non fossero in grado o non volessero perseguire questi crimini. In assenza di uno Stato riconosciuto con tribunali penali effettivi, la giurisdizione penale riposa sui tribunali iracheni e siriani in materia di competenza territoriale e sugli Stati i cui cittadini sono i criminali o le loro vittime. Se questi tribunali hanno mancato al loro dovere di processare i membri dell’ISIS, e anche se né l’Iraq, né la Siria ha accettato la giurisdizione della Corte Penale Internazionale sul loro territorio, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite potrebbe conferire la competenza attraverso una risoluzione in base al Capitolo VII della Carta, come ha fatto per il caso di Omar al-Bashir (presidente del Sudan per il conflitto del Darfur) e di Gheddafi (Libia). La difficoltà si trova non nell’applicare le disposizioni in materia di crimini contro l’umanità, ma a quelle dei crimini di guerra, perché se l’ISIS non è uno Stato, non potrà aversi un conflitto armato internazionale, sebbene questo concetto si occupa delle forze di opposizione dei due Stati. Non si può obiettare ai leader dell’ISIS come crimini di guerra applicabili nei conflitti armati non internazionali, in particolare quelle degli articoli 8 (c) e (e). Per la Corte penale internazionale, la difficoltà risiederà principalmente nel timore di questi leader, in un’area instabile, dove anche gli attacchi della coalizione appaiono controversi, intervenendo in un conflitto armato non di carattere internazionale senza il consenso della Siria, ma a richiesta della sola Baghdad. Infine, l’ISIS è soventemente indicato come un’organizzazione terroristica, la comunità internazionale non può facilmente giustificare il coinvolgimento della Corte penale internazionale per giudicare questo crimine che non fa parte del loro status; forse lo farà istituendo un nuovo tribunale internazionale ad hoc, come in Libano, per trascinare i membri dell’ISIS davanti alla giustizia.
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