Mondoweiss Agenzia stampa Infopal 9/5/2015
Netanyahu nomina ministro della Giustizia Ayelet Shaked, che invocò il genocidio contro i Palestinesi Traduzione di Romana Rubeo
Il primo ministro Israeliano Benjamin Netanyahu ha nominato Ayelet Shaked ministro della Giustizia del suo quarto governo. Shaked è membro della Knesset, ed è stata eletta nelle liste del partito di estrema destra HaBayit HaYehudi (Casa Ebraica). È nota per le sue posizioni radicali e ultra nazionaliste. Durante l’attacco condotto su Gaza nell’estate del 2014, Shaked ha sostanzialmente invocato il genocidio dei Palestinesi. In un post pubblicato sulla sua pagina Facebook il 1° luglio, un giorno prima che alcuni estremisti israeliani rapissero e bruciassero vivo l’adolescente palestinese Muhammad Abu Khdeir, la deputata ha asserito che “il nemico è il popolo palestinese nella sua interezza, le sue città e i suoi villaggi, le proprietà e le infrastrutture”. Il post era un passo tratto da un articolo di Uri Elitzur, giornalista di destra ora defunto, leader del movimento dei coloni israeliani, che chiede la colonizzazione delle terre palestinesi in palese violazione del diritto internazionale. Elitzur è stato anche logografo e consulente di Netanyahu. Shaked ha poi rimosso il post, che aveva ottenuto migliaia di like e condivisioni, ma questo era il contenuto: Il popolo palestinese ci ha dichiarato guerra e con la guerra dobbiamo rispondere; non con una singola operazione, non con un attacco a bassa intensità, non con un’escalation controllata, non con omicidi mirati. Siamo in guerra. Non è una guerra contro il terrorismo, non è una guerra contro gli estremisti e nemmeno solo contro l’Autorità Nazionale Palestinese. Questi sono solo modi di edulcorare la realtà. Si tratta di una guerra tra due popoli. Chi è il nemico? Il popolo palestinese. Perché? Chiedetelo a loro, sono stati loro a dichiararla. Non capisco perché sia tanto difficile descrivere la realtà con le parole semplici che la nostra lingua ci mette a disposizione. Perché ogni settimana dobbiamo inventare un nome diverso, solo per evitare di chiamare la guerra con il suo nome? Cosa c’è di tanto orribile nel dichiarare che il nemico è tutto il popolo palestinese? Tutte le guerre vedono contrapporsi due popoli, e in tutte le guerre il popolo che ha aperto le ostilità, nella sua interezza, deve essere considerato come il nemico. Una dichiarazione di guerra non equivale a un, come non è un crimine rispondere con azioni militari. E non è un crimine usare il termine “guerra”, né tantomeno individuare con precisione il nemico. Al contrario: la morale della guerra (perché sì, la guerra ha una sua morale) è basata sul postulato che i conflitti esistono, che in guerra non si può ragionare secondo parametri di normalità, e che tutto il popolo avversario va considerato come un nemico, compresi donne e anziani, città e villaggi, proprietà e infrastrutture. E secondo questa morale, è impossibile astenersi dal colpire i civili dell’altro schieramento. Non si possono condannare le forze britanniche per aver bombardato e raso al suolo la città tedesca di Dresda, o gli aerei statunitensi che hanno distrutto intere città polacche e devastato gran parte di Budapest. Anche in questo caso, i civili non avevano colpe contro l’America, ma andavano annientati per vincere la guerra contro le forze del male. In base a questa morale, non possiamo trascinare davanti a un giudice la Russia, perché le sue bombe hanno distrutto città e interi quartieri in Cecenia. O denunciare i caschi blu dell’ONU per l’uccisione di centinaia di civili in Angola, o le forze NATO che hanno bombardato la Belgrado di Milosevic, in cui vivevano un milione di civili, anziani, donne e bambini. In base a questa morale, sono corrette in linea di principio, e non solo da un punto di vista politico, le operazioni condotte dagli Stati Uniti in Afghanistan, compresi i bombardamenti a tappeto su zone densamente abitate, il conseguente esodo di centinaia di migliaia di profughi che fuggivano dagli orrori della guerra, gran parte dei quali non hanno avuto più una casa a cui fare ritorno. E nel nostro caso, tutto questo è ancora più giusto, perché i soldati nemici si nascondono tra la popolazione, e possono combattere solo in virtù del supporto dei civili. Dietro ogni terrorista, ci sono decine di uomini e donne, senza i quali non potrebbe agire. In questa guerra, hanno un ruolo attivo tutti coloro che incitano l’odio nelle moschee, che istituiscono programmi scolastici criminali, che danno rifugio, forniscono veicoli, rendono omaggio e offrono supporto morale. Sono tutti nemici combattenti, e sono le loro mani a essere sporche di sangue. Tra loro, ci sono anche le madri dei martiri, che li spediscono all’inferno con baci e corone di fiori. Dovrebbero seguire i loro figli, niente sarebbe più giusto. Dovrebbero sparire, come le case in cui hanno allevato quei serpenti, per evitare che altri serpenti possano crescervi. Una settimana prima, Shaked aveva pubblicato un altro stato con gli stessi toni: Questa non è una guerra contro il terrorismo, né contro gli estremisti o l’Autorità Nazionale Palestinese. In realtà, si tratta di una guerra tra due popoli. Chi è il nemico? Il popolo palestinese. Queste considerazioni avevano indotto il Presidente Turco Recep Tayyip Erdoğan a paragonare il membro della Knesset Shaked a Hitler. “Se queste stesse parole fossero state pronunciate da un Palestinese, l’intera comunità internazionale avrebbe gridato allo scandalo,” aveva dichiarato. Sempre in seguito a quelle esternazioni, la giornalista Mira Bar-Hillel si era detta sul punto di bruciare il suo passaporto israeliano. Ayelet Shaked si è anche opposta con forza all’ipotesi di trattative con i Palestinesi basate sui confini precedenti al 1967, da lei definite un “suicidio nazionale”. Netanyahu è stato rieletto grazie alla promessa che uno Stato Palestinese non vedrà mai la luce. La deputata ha anzi auspicato l’annessione di territori della Cisgiordania, illegalmente occupati da Israele sin dal ’67. Anche Naftali Bennett, leader del partito HaBayit HaYehud, di cui Ayelet Shaked è una delle figure più in vista, ha provocato dure reazioni per le sue posizioni di estrema destra. Nel 2013, quando era Ministro dell’Economia, ha dichiarato: “Nella mia vita, ho ucciso molti Arabi e non vedo dove sia il problema”. Bennett ha anche difeso il suo ruolo di comandante di compagnia in occasione del massacro di Qana, durante il quale l’esercito israeliano uccise 106 civili libanesi e ne ferì altri 116, oltre a quattro operatori delle Nazioni Unite.
Il governo più a destra della storia di Israele Bennett riveste un ruolo fondamentale nella coalizione di governo di Netanyahu e ha fatto pressioni affinché Shaked diventasse ministro della Giustizia. A Netanyahu serviva la maggioranza dei 120 seggi della Knesset per formare il governo. Bennet ha posto come condizione per fornire l’appoggio degli otto seggi del suo partito (che andavano ad aggiungersi ai 53 conquistati da Bibi), la nomina di Shaked a ministro della Giustizia. Il primo ministro ha ceduto, sollevandola però dall’incarico di nominare i giudici rabbinici e a patto che non fosse alla guida del comitato che nomina i nuovi giudici. Il leader dell’estrema destra Avigdor Lieberman, ex ministro degli Esteri israeliano che aveva invocato la decapitazione per gli infedeli palestinesi, ha annunciato che, contro ogni previsione, il suo partito, Yisrael Beiteinu, non fornirà, con i suoi sei seggi, alcun appoggio al nuovo governo. Secondo Lieberman, infatti, l’asse della coalizione non è abbastanza spostato a destra. A suo parere, non si riuscirà ad approvare la “legge di nazionalità”, secondo cui la cittadinanza sarà definita in base alla discendenza etnico-religiosa ebraica, e che finirà quindi per trasformare de iure i cittadini israeliani non ebraici in cittadini di serie B; secondo Lieberman, non si riuscirà neanche a portare a termine l’obiettivo di destituire il governo eletto di Hamas a Gaza. Pertanto, Netanyahu non ha potuto far altro che cedere alle richieste di Bennet per ottenere la maggioranza. Con l’appoggio di HaBayit HaYehudi, la coalizione di Netanyahu ottiene la maggioranza risicata di 61 seggi. Il suo partito di destra, il Likud, ne ha conquistati; il partito Kulanu, sempre di destra, dieci; HaBayit HaYehudi otto; il partito religioso ultraortodosso Shas sette; l’altro partito ultraortodosso, Yahadut Hatorah, sei. Il quarto governo di Netanyahu è persino più a destra dei precedenti. Molti Israeliani hanno espresso preoccupazione e definiscono quella attuale come la “peggiore coalizione di sempre”. Dopo la nomina di Shaked, Yariv Oppenheimer, Presidente dell’organizzazione Peace Now, ha commentato: “Far diventare Shaked ministro della Giustizia equivale a mettere un idolo in un Tempio, né più né meno.” Il deputato Nachman Shai, dell’Unione Sionista, ha dichiarato: “Affidare il ministero della Giustizia ad Ayelet Shaked è come chiedere a un piromane di fare il vigile del fuoco”. Secondo Arutz Sheva, netowork israeliano vicino al movimento dei coloni, “Shaked potrebbe insidiare le figure di sinistra che fanno parte del sistema giudiziario”. Ne esaltano la nomina, definendola una decisione “storica”, una “scelta politica audace” che potrebbe spianare la strada a un cambiamento storico nella politica israeliana. In Israele, il sistema giudiziario è considerato la roccaforte dello schieramento più vicino alla sinistra, e il suo “attivismo” ostacola da decenni i tentativi di prendere decisioni forti in Israele da parte della destra. Ma non è solo il partito di Shaked e Bennett a esprimere posizioni così radicali. Nel governo di Netanyahu, sono condivise da altri personaggi. Durante l’attacco nell’estate del 2014, la cosiddetta “Operazione Margine Protettivo”, Moshe Feiglin, vicepresidente della Knesset e figura di spicco del partito Likud, ha dichiarato espressamente che Israele dovrebbe “riunire” e “sterminare” i palestinesi a Gaza. Un’inchiesta indipendente condotta sull’Operazione Margine Protettivo ha decretato che Israele ha deliberatamente colpito obiettivi civili e operatori sanitari, anche usando armi non convenzionali. Dopo otto mesi di colloqui con più di sessanta soldati e ufficiali israeliani che avevano partecipato all’attacco, l’organizzazione Breaking the Silence ha svelato anche che “ai soldati veniva ordinato dai superiori di sparare a qualsiasi persona si trovasse nelle zone di combattimento”. I militari hanno dichiarato che dovevano “sparare per uccidere” “contro ogni obiettivo”, anche contro i civili. Il primo ministro Netanyahu e i suoi colleghi di partito si sono più volte riferiti all’IDF definendolo “l’esercito con la più alta moralità al mondo”. I soldati israeliani, però, hanno ricordato che sparavano ai civili palestinesi a Gaza perché erano “annoiati”.
|